Alessandro Capotosti - 14 anni
classe IV ginnasio
- Liceo Classico Cornelio Tacito, Roma
Prof.ssa Cristina Di Lorenzo

La scoperta della scuola

Samir si guardò intorno, sconcertato. Il suo cuore gli era sceso nel risvolto dei pantaloni. Era arrivato di fronte ad un edificio immenso, che avrebbe fatto impallidire la catapecchia a cui lui era abituato.
Guardò con circospezione le pareti bianche, imbrattate con qualche scritta. Aveva già sentito parlare della scuola, nella televisione della casa-famiglia; era abituato a frasi tipo “alcuni studenti hanno occupato la scuola …” o “lo sciopero dei docenti scolastici continua”…
 A vederla lì era tutta un’altra cosa. Gli incuteva un misto di timore e rispetto.
Sentendosi ancora più piccolo di quel che fosse già, Samir si rintanò in un angolo dell’immenso cortile; all’improvviso tutto il mondo sembrava più grande. Molto più grande.
I primi ragazzi arrivavano a gruppi di due o tre, chiamandosi, spingendosi, scoccando occhiate a quella che nei prossimi anni sarebbe stata la loro scuola. Samir colse in quegli sguardi spavaldi un senso di curiosità e paura simili ai suoi. Per loro, però, era tutto più semplice: erano italiani, andavano a scuola in Italia, quadrava il cerchio. Per lui invece era diverso; era uno straniero, viveva in una casa-famiglia, capiva poco e male l’italiano. Come avrebbe potuto un giorno giocare, correre, ridere con quegli sconosciuti?
Andare là e presentarsi. Era così facile. A dirsi. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, trattenendo l’aria dentro i suoi piccoli polmoni. La liberò, e nel farlo, tutta l’angoscia e la paura svanirono, come se anche loro fossero stati soffiati via. Samir puntò come un torello su un gruppo di ragazzi. Uno fumava appoggiato al muro, un altro raccontava a voce alta le sue ultime acrobazie con la moto. Si fermò ad un passo da quello che fumava e parlò, la voce chiara e limpida:
-
Ciao, mi chiamo Samir. Come ti chiami?
-
E questo cosa vuole? – sbottò sprezzante il ragazzo.
Per Samir fu un colpo nello stomaco. Che succedeva?
Il ragazzo si tolse la cicca dalla bocca, la buttò per terra e la pestò, con fare minaccioso.

- Ascoltami bene, Arabo, questo angolo è nostro e non devi venirci a rompere, capito?
- Samir capiva benissimo. Capiva che quel ragazzo era razzista e che lo considerava un idiota.
- Va bene – disse, gentile quanto fiero – ma sappi che non sono stupido come credi. E non mi chiamo “Arabo”.
Samir girò sui tacchi e si incamminò verso il lato opposto del giardino. Dunque era così che sarebbe stato trattato per cinque anni? Tutti quei ragazzi avevano dei pregiudizi contro di lui? Tutto il mondo c’è l’aveva con lui?
Avrebbe fatto un ultimo tentativo. In fondo aveva scelto proprio uno tra i ragazzi più grandi. Si diresse verso un altro gruppetto di ragazzi. Questi non fumavano, né parlavano di moto. Si rivolse a quello che sembrava più loquace, alto quasi quanto lui, con i capelli fissati all’insù con il gel:

- Ciao, mi chiamo Samir. Come ti chiami?
- Matteo.
La risposta arrivò così velocemente che Samir rimase spiazzato. Il suo cuore iniziò a risalire, superò l’abituale posizione e gli si fermò vicino la laringe. Cercò rapidamente una frase per coprire quel silenzio imbarazzante.
- Sono nuovo qui. E tu?
- Sono al secondo anno.
- E’ dura?
- Sì, ma ti ci abituerai. E’ solo allenamento. Senti…
- Sì?
Matteo esitò solo un istante e poi…
- L’hai vista la partita, ieri?
- La partita di che?
- Di calcio. Non dirmi che non conosci il calcio.
Samir abbassò la testa, imbarazzato. Aveva sentito parlare di quello strano sport, con una palla, pali, reti… Ma erano molto vaghe le sue idee al proposito.
- Bisogna colmare questa tua lacuna. – decretò Matteo - Ascolta bene…
Per i restanti cinque minuti Mattia si avventurò in una fitta spiegazione di calciatori, arbitri e schemi. Man mano che parlava, Samir sentì la tensione di poco prima affievolirsi, fino a scomparire. Ascoltava con massima attenzione tutti i passaggi, tattiche e via dicendo, si beveva ogni sua parola.
Il suono della campanella interruppe la spiegazione di un sensazionale rigore al novantesimo minuto. Matteo gli fece l’occhiolino e scomparve nella folla. La porta di legno si era aperta. Samir si avviò verso la scuola, verso la vita, verso una nuova avventura, verso il suo futuro.