Giulio
Burresi - 16 anni - Monteriggioni Si
Liceo Classico Piccolomini - Prof.ssa Simonetta Teucci
a) Un bozzetto di vita
ispirato, vien da dire, al grande magistero della narrativa del secondo Ottocento
europeo: realismo amaro, pessimismo estremo, un mondo di tipi umani comunque
sconfitti, stancamente rassegnati a un destino ben che vada mediocre o borderline,
che il sorriso e la lacrima dell'ultima riga, dell'ultima ora valgono soltanto
a rimuovere, non certo a cancellare e tanto meno a volgere in positivo.
b) Il gioco sottile delle parti fra giovane badante e anziana "badata",
condotto in una congiuntura narrativa abilmente congegnata per alzare il livello
di ruolo della seconda: da pleonastica comprimaria di comodo scenico a virtuale
" convitato di pietra" dalla memoria buona e dall'esperta referenzialità.
c) La trasparenza stilistica, ottenuta soprattutto grazie a una quasi programmatica
e ben precisa scelta della paratassi (quasi mai superiore a due righe la scansione
testuale di ogni frase), che rende gradevole, e leggibile "tutta d'un fiato",
la lettura.
L'ULTIMA BADANTE
Quando era arrivata non
aveva pianto, anche se si era sentita una deportata. Adesso, che era il momento
di ritornare, ricordava il viaggio lunghissimo in quel pullman sprovvisto di
uno sportello e la sensazione di abbandono che l'aveva colpita man mano che
lasciava la sua grande pianura.
La boria di Piotr non l'aveva scalfita. Che rimanesse pure là,
a fare la fame, a passare le giornate a letto con una bottiglia di scotch,
gli aveva detto quando se ne era andata. Piotr credeva che l'universo finisse
nella campagna di Lublino e vedeva nell'alcool l'unico rimedio alla sua condizione
di disoccupato. Inoltre era scettico sul successo di quell'insensata
avventura. Lei era diversa. Aveva studiato e si era quasi laureata in Chimica.
Ma a cosa le sarebbe servita, adesso, una laurea o un minimo di istruzione?
Aveva pensato che evadere da quel mondo era l'unica cosa che serviva.
E infatti, ora che tutto era finito, si rendeva conto che accudire una
persona non è poi così terribile come aveva pensato.
La sua mente ritornava ai discorsi sempre più confusi della signora,
come lei la chiamava. La signora era stata, un tempo, una stellina del teatro
lirico e le sue frasi erano infarcite di citazioni operistiche, incomprensibili
a lei che aveva dovuto imparare l'italiano in pochi giorni.
La signora le aveva elencato tutti i nomi di quelle che l'avevano preceduta,
persone come lei dalla pelle bianca che avevano accompagnato al bagno la signora,
l'avevano vestita e lavata infinite volte. Le raccontava di Teresa, quella che
aveva la fisima del pulito e che voleva cambiarle il golf due volte al
giorno.
II tempo, nella casa della signora, era scandito non più dalle
ore e dai minuti, ma dai pasti e dalle volte che doveva alzarla. Lei, in una
giornata lunga e uggiosa come le altre le disse che, almeno per ora,
era l'ultima badante. Con il passare dei giorni, capiva che il fatalismo
smisurato della signora era dovuto al mondo vuoto del melodramma, in cui la
signora aveva trascorso la propria vita.
L'ultimo mese, colei che era stata una pimpante chanteuse e una piccola
diva, divenne un vegetale nelle mani di lei, una donnona dalle braccia pesanti
e dalla fronte ampia. Ferma a letto era l'icona delle innumerevoli Violetta
che aveva interpretato sul palcoscenico. Fu in questo momento che le visite
dei parenti aumentarono: nessuno della famiglia avrebbe voluto avere la morte
della signora sulla coscienza, aveva pensato l'unica straniera della casa.
Un giorno, mentre era in cucina sentì un urlo tremendo. Credette che
la fine fosse arrivata ed invece era solo un ragno che si era appoggiato sulla
mano ossuta della signora. Lei lo tolse, incredula che qualcuno anche se molto
ammalato ed anziano potesse soffrire di aracnofobia. Così come
rimase sbalordita quando, con un filo di voce, la signora, alle tre di notte,
le chiese di leggerle le poesie e gli aforismi di Tagore. Lei era insonnolita
e non riusciva a capire che la richiesta era inerente a un libro.
II giorno successivo, tutto era terminato. Nella camera della signora, ricordava
con disgusto, erano arrivati decine di mazzi di fiori e corone. Che spreco,
aveva pensato.
Ora, era contrastata da un doppio sentimento: la tristezza per la morte
della signora, a cui dopotutto era affezionata, e la gioia di ritornare n casa,
di rivedere Piotr e di scolarsi con lui una bottiglia di scotch.
I parenti della signora le avevano regalato pacchi di cibo, vestiti. Lei aveva
rubato, dalla camera dove aveva dormito l'antologia dei racconti di Maupassant
che le aveva tenuto compagnia per tutti i tre mesi.
Come vuole le tradizione del suo paese in occasione di un decesso, la notte
prima del funerale della signora fece le frittelle di burro che il giorno successivo
presentò, a sorpresa, ai parenti della signora che l'avevano portata
a casa dopo la cerimonia funebre.
Tutti sembravano distrutti dal dolore, chi per circostanza, chi per davvero,
ma tutti le mangiarono. Lei, che le aveva fatte, tentò di spiegare che
quelle frittelle rappresentavano la vita e significavano il ritorno alla gioia
di vivere, ma nessuno capì.
Stanca della giornata, l'ultima badante si addormentò supina,
nel luogo che l'indomani avrebbe dovuto lasciare per ritornare a sentire, come
tre mesi prima, le mordaci battute di Piotr su di lei.
Ora, saliva di nuovo sul pullman senza sportello con il quale era arrivata.
Ma aveva molte valigie in più. Marija, così si chiamava, con i
soldi suoi e delle altre badanti da portare in patria cuciti nell'impermeabile,
ritornava in Polonia come una principessa, ricca e ben vestita. Per tre mesi,
aveva mangiato. Per tre mesi aveva visto solo una persona consumata dai suoi
anni. Tre mesi, pensava, questo era stato il prezzo del suo guadagno. Sorrise,
e una lacrima le rigò il viso.