Martina
De Pieri - 16 anni - Pioltello Mi
Liceo Scientifico Machiavelli - Prof.ssa Enrica Piano
Una giornata tranquillamente normale
E' una mattina uggiosa.
Esco da casa e mi avvio per la strada. Ho tante cose in mente: le formule
di matematica, la meiosi e la mitosi per biologia, le teorie di Socrate, i verbi
irregolari inglesi e le regole di latino. Fortunatamente non riesco ad angosciarmi
troppo perché un mio amico mi raggiunge e arriviamo a scuola insieme.
Lui è sempre pimpante, vorrei tanto che mi tirasse su il morale,
ma presto mi rendo conto che non è facile. Inizia un'altra terribile
giornata, una di quelle da antologia, che ricorderò per sempre.
O almeno fino a quando non avrò altro a cui pensare. Entro in classe.
In prima fila c'è qualcuno che ripassa le regole sul supino latino.
Li saluto e passo avanti. Senta la campanella: si parte!
1 ° ora: latino. Entra il prof ed estrae i "fortunati" che saranno
interrogati. Per quest'ora posso rimanere tranquilla. Dopo mezz'ora entra la
bidella, dà un foglio al prof, che ci parla di un concorso. "Dovete
scrivere un testo contente venti parole a scelta tra queste trenta"
dice. La classe, inizialmente scettica, non crede che qualcuno parteciperà.
Poi il prof ci spiega che questo sarà il nostro compito per la settimana
successiva. La classe inerte sembra non capire, anche perché è
solo la prima mezz'ora della mattinata. Alla notizia di un tema da fare per
la settimana successiva, tutti si svegliano e iniziano a soffiare venti di guerra.
Non ci sono possibilità di salvezza, il tema si farà.
2° ora: matematica. Entra un personaggio simpatico, con i capelli visibilmente
unti, che annuncia di essere lì solo perché il prof. è
malato. Qualcuno esulta con un doppio "evviva!", ma la maggior
parte della classe rimane tranquilla nei banchi, continuando a controllare l'orologio
che scandisce inesorabile i minuti. Mi consulto con i miei compagni di
banco per sapere che idee hanno per il testo con le venti parole. Il mio vicino
sorride e con atteggiamento carico di boria mi dice "lo è
come se l'avessi già fatto!".
3° ora: biologia. Entra il prof. e annuncia la tremenda interrogazione ma
con sorpresa di tutti, ci sono due volontari. II pericolo sembra passato, le
nubi tempestose si stanno allontanando. Rimaniamo seduti ai nostri banchi e
sento le ragazze della fila davanti che fanno battutine mordaci sul vestito
del prof. La fila dietro, invece, è popolata da adolescenti di sesso
maschile che continuano a parlare di "prelibati bocconcini", argomento
certamente non inerente alla lezione di biologia. Mi guardo intorno e
vedo molte persone che fissano l'orologio. So cosa aspettano. Sono in fremente
attesa di quel secondo, quell'attimo che permetterà loro di correre giù
per le scale verso il bar e, soprattutto, verso l'adorata e profumata brioche.
E in pochi minuti l'atteso squillo ci libera. Intervallo. La classe si diffonde
per il corridoio. Abbiamo una decina di minuti per distrarci un po'. L'ora dopo
ci aspetta l'interrogazione di Filosofia. Qualcuno propone di evadere
scavalcando il cancello secondario. Gli alunni di quinta l'avevano fatto l'anno
passato, ma con scarso successo. L'idea viene subito bocciata. Sul registro
di classe c'è scritto che siamo presenti. Mi siedo sul banco. Sono stanca
e ripenso con desiderio al letto caldo che ho lasciato a casa. Vedo la
classe rientrare. "È arrivato!" dice qualcuno.
4° ora: filosofia. Il prof entra, si gira e guarda il suo ritratto sulla
lavagna, fatto da un misterioso artista durante l'intervallo. Afferma che ha
deciso di non interrogare. La classe è contenta, qualcuno ha la forza
di esultare. La compagna seduta davanti a me sospira. Ha una cotta per
il prof. e non fa altro che adorarlo durante le spiegazioni. Inizia la lezione
e il prof ci parla del fatalismo e tutti ci accorgiamo di essere dei
fatalisti, persone che accettano la vita passivamente. Ma non abbiamo troppo
tempo per pensare alla nostra, incapacità di reagire. L'ora è
finita.
5° e ultima ora: inglese. In modo stupendamente agghiacciante la prof entra
e dichiara "Verifica a sorpresa!". Tutti sbuffano, ma poi, lo sappiamo,
siamo solo dei fatalisti e accettiamo il foglio. Mi ritorna in mente l'idea
dell'evasione e vorrei tanto averla accettata. Leggo la prima frase: "I'd
prefer to be in another location rather than be here". Mi trova
perfettamente d'accordo. Svolgo le altre dieci frasi senza troppi problemi.
Arrivo al secondo esercizio: traduci le seguenti parole. La prima parola è
cover. Panico. Come si traduce cover? Mi guardo intorno e vedo solo teste
abbassate sui propri compiti, matite che si muovono agitatamente e gocce di
sudore lungo le fronti. Gli altri non sono in una condizione migliore della
mia. Ritorno a fissare il foglio. Vorrei essere in un altro posto. Guardo l'orologio
e vedo che mancano solo dieci minuti. Lascio uno spazia vuoto e prima della
campanella riesco a finire il compito.
La classe esce tristemente sfinita. Qualcuno sorride pensando a quei poveri
disgraziati che invece di cinque ore giornaliere ne hanno otto. Mi avvicino
a un mio amico, che di musica se ne intende, e gli chiedo cos'è una cover.
Lui mi guarda "Hai presente una canzone di Michael Bublè?"
mi chiede. Lo guardo sorridendo e penso al ritmo travolgente di "Moondance",
ma ancora non ho capito casa vuoi dire cover. Non faccio altre domande perchè
i miei amici sono troppo depressi per parlare ancora della verifica. Ci avviamo
verso casa, tutti con la testa piena di pensieri negativi e sogni disperati.
A casa mi aspetta un compito abbastanza divertente: accudire il mio cuginetto
di due anni. Il pomeriggio con lui passa velocemente. Alle 20 mi siedo alla
mia scrivania e comincio a scrivere: "E' una mattina uggiosa . . . "