Leandro
Bonan - 11 anni - Bovezzo Bs
Scuola media Vivaldi - Prof. A. Concardi
Segnalazione per la particolare sensibilità nella rivisitazione in chiave autoironica e attualizzante dell'impianto favolistico tradizionale.
AAA: Cercasi principessa Proserpinia
Alle prime luci dell'alba
fummo convocati alla reggia, un palazzo ottagonale con un'alta torre al centro
completamento rivestito d'oro e con i tetti argentati. Il palazzo era circondato
da altissime mura, tutte incastonate da rubini, zaffiri e topazi. Le stesse
mura erano state costruite con cemento armato ricoperto di platino. Sulla torre
(interamente d'argento con il tetto d'avorio) era fissato uno stendardo che
ritraeva il grasso ed orgoglioso faccione reale. L'intera costruzione era circondata
da un fossato profondo una decina di metri.
Questo ecomostro, costruito all'interno di una foresta di sequoie millenarie
che, per far spazio alla residenza reale, erano state brutalmente abbattute,
mi disgustò. Io, uno scudiero cresciuto e accudito da una madre
amante della natura, rimasi di stucco di fronte all'ostentata ricchezza di quel
protervo individuo. Il ponte levatoio fu calato e noi entrammo.
Ci accolse il re, un uomo vestito di velluti ed ori con in testa una corona
tempestata di diamanti e di rubini. In faccia aveva un sorriso falso ed irritante.
Ser Lancillotto si levò l'elmo e s'inchinò. Il sovrano finalmente
parlò: "Carissimi sudditi, mia figlia Proserpinia (a quel nome storsi
il naso) è stata rapita dal drago che imperversa le nostre regioni da
ormai venti anni. Il vostro compito è quello di liberarla".
E così dicendo ci congedò.
Ci mettemmo in viaggio quel pomeriggio stesso. Dopo tre giorni e tre notti di
cammino arrivammo davanti alla tana del drago.
Il cavaliere Lancillotto, con la sua armatura splendente, con la sua cotta
di maglia tintinnante, con il suo elmo e con il suo sguardo truce avrebbe
messo in fuga chiunque: "Vieni fuori, drago. Vieni fuori dal tuo antro,
se ne hai il coraggio"
Si udirono dei passi ed il drago uscì dalla caverna.
Ser Lancillotto perse tutta la sua boria: era un drago enorme che sputava
fuoco e lapilli, e si stava avvicinando minacciosamente.
Ser Lancillotto mormorò timidamente: "S-signor d-drago, ci v-vogliamo
sfidare a d-duello?"
Il drago acconsentì dicendo: "A me sta bene! Tanto? Sarà
il destino a decidere. Il destino sta sopra ogni cosa"
"Ci mancava solo un drago malato di fatalismo." Sospirò
sconsolato il cavaliere.
La lotta ebbe inizio. Immediatamente il drago ebbe la meglio. Rifilò
al cavaliere una codata che lo sbattè a terra supino. Il cavaliere,
rintronato, si alzò e si accorse di vedere doppio. Un altro sganascione
rimise le cose a posto.
"E' invincibile questo drago!" esclamai sgomento.
Il cavaliere invece, scettico, rispose: "Nessuno è invincibile".
Il combattimento durò circa tre ore, durante le quali il drago continuò
a prendere a ceffoni Ser Lancillotto che ormai era allo stremo delle forze quando
la sua agile mente si ricordò che il drago soffriva di aracnofobia.
Tirò fuori allora dalla tasca un ragnetto di gomma e lo mostrò
al drago. Esso guaì e si rifugiò dietro una roccia. Poi gridò:
"Mi arrendo, mi arrendo, ma porta via quel mostro. Prenditi pure la principessa,
ma mettilo via."
Non aveva ancora finito di parlare che Proserpinia corse fuori dalla caverna,
tutta pimpante e cominciò a blaterare scandendo bene le
parole, e sparando un aforisma dopo l'altro. Dalla sua mordace
lingua uscirono queste parole: "Che bello, che bello, sono libera, libera!
Sono tanto tanto felice, felice di evadere da questa tetra, tetra caverna!
"
Dopo poco nessun stava più ad ascoltare i suoi discorsi uggiosi.
Sentii chiaramente che prometteva a Ser Lancillotto cene kasher e viaggi
per soddisfare le sue fisime, "Vedrai ci divertiremo tanto tanto".
Il cavaliere la zittì con un gesto, poi si avvicinò al drago e
disse esausto: " Se la può riprendere?".