Artemondo https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog Idee per insegnare l'arte Mon, 29 Jun 2020 09:41:32 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.7.2 La Divina Commedia disegnata da Blake e Doré https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2020/03/25/divina-commedia-blake-dore/ https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2020/03/25/divina-commedia-blake-dore/#comments Tue, 24 Mar 2020 23:05:53 +0000 http://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/?p=1291 Oggi, 25 marzo, è Dantedì.
Come dite? È mercoledì? Certo, ma è anche Dantedì, cioè il giorno di Dante.

dantedì

È stata scelta proprio la giornata di oggi perché, secondo gli studiosi, l’autore della Divina Commedia avrebbe cominciato il suo viaggio attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso proprio il 25 marzo. Solo che era l’anno 1300…

Per ricordare il racconto di quella lunga traversata ci faremo guidare da due grandi artisti del passato che hanno saputo tradurre in immagini, ognuno secondo il suo stile, le parole e i pensieri di Dante. Sto parlando dell’inglese William Blake (1757-1827) e del francese Gustave Doré (1832-1883). Il primo ha dipinto tra il 1824 e il 1827 ben 102 acquerelli con immagini visionarie e colorate. Il secondo ha realizzato circa 300 incisioni, altrettanto suggestive, pubblicate nel 1861.

Ecco l’inizio, quando Dante si ritrova in una selva oscura, dopo che “la diritta via era smarrita“. Il poeta parla probabilmente di un luogo simbolico, un’allegoria del male e del peccato. Ma per gli artisti la serva oscura è un bosco tenebroso dove, più avanti, Dante incontra il poeta latino Virgilio.
Blake lo rappresenta con una scena dai toni azzurri, Doré con un una serie di alberi spogli in controluce davanti a un orizzonte luminoso.

selva oscura

Il terzo canto si apre con le parole scritte sulla porta dell’Inferno, dove Dante e Virgilio stanno per entrare: “Per me si va ne la città dolente, / per me si va ne l’etterno dolore, / per me si va tra la perduta gente […] Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate“.
Anche in questo caso Blake ci mostra una vista ravvicinata di quel varco mentre Doré preferisce una spaventosa scena panoramica.

Porta dell'Inferno

Poco dopo saranno sulla riva dell’Acheronte, il primo fiume infernale, là dove le anime dannate aspettano che Caronte le traghetti dall’altro lato. Non sarà una piacevole gita in barca perché “Caron dimonio, con occhi di bragia / loro accennando, tutte le raccoglie; / batte col remo qualunque s’adagia“.

Caronte

Poco più avanti Dante e Virgilio incontreranno Minosse, il guardiano infernale che stabilisce in quale girone mandare i dannati avvolgendo la coda in base al numero del cerchio.

Minosse

Ma cosa significa questa storia dei cerchi? Ebbene, secondo Dante l’Inferno è un luogo a forma di imbuto con una serie di gradoni circolari sempre più piccoli. Sul fondo sta Lucifero, cioè il Diavolo. Più grave è il peccato commesso, maggiore  (e più profondo) sarà il numero del cerchio. Per capirlo meglio guardiamo questa sezione realizzata alla fine del Quattrocento da Sandro Botticelli.

Botticelli

Nel Quinto Canto (Dante ne ha scritti 100: 1 per il proemio, 33 per l’Inferno, 33 per il Purgatorio e 33 per il Paradiso) Dante e Virgilio fanno uno degli incontri più celebri della Divina Commedia, quello con Paolo e Francesca. I due amanti sono puniti per essersi lasciati travolgere da un amore proibito, in quanto Francesca era sposata con il fratello di Paolo, Gianciotto. Questi, scoperta la relazione tra i due, li uccide entrambi con la sua spada.
Le anime dei due dannati fluttuano nella tempesta, come la tempesta amorosa da cui si sono lasciati vincere in vita.

Paolo e Francesca

Francesca racconta a Dante di quell’amore impossibile da vivere ma anche impossibile da rifiutare con i famosi versi “Amor, ch’a nullo amato amar perdona, / mi prese del costui piacer sì forte, / che, come vedi, ancor non m’abbandona“.
E Dante, per l’intensa commozione, sviene: “Mentre che l’uno spirto questo disse, / l’altro piangëa; sì che di pietade / io venni men così com’io morisse. / E caddi come corpo morto cade“.

Più avanti Dante e Virgilio raggiungono lo Stige, un altro fiume infernale dove gli iracondi, cioè coloro che si lasciano vincere dalla rabbia, lottano furiosamente tra loro immersi nel pantano.

iracondi

Strane le punizioni di questi peccatori! Ma nella concezione di Dante rispondono alla legge del contrappasso: la pena riproduce la colpa commessa per analogia o per contrasto. Gli assassini, ad esempio, sono immersi in un fiume di sangue bollente (in analogia con il sangue che hanno versato) mentre i golosi sono immersi in un fango maleodorante (in contrasto con l’abbondanza e il lusso di cui si sono circondati in vita).
Alcune pene sono quasi buffe, come quella riservata ai simonìaci, cioè coloro che hanno venduto sacramenti e cariche ecclesiastiche. Questi sono sepolti a testa in giù con i piedi tormentati dalle fiamme.

simoniaci

Gustave Dorè, che ha realizzato molte più illustrazioni di Blake, ha raffigurato tutte le altre pene infernali con la stessa potenza visiva di un film.

pene Doré

Ma andiamo avanti. Dopo l’Inferno, Dante e Virgilio affrontano il Purgatorio. Stavolta la forma è quella di una montagna che i due si apprestano a scalare.

scalata del Purgatorio

Verso la fine del viaggio nel Purgatorio Dante incontra Beatrice, la donna da lui amata che lo guiderà nel Paradiso.

Beatrice

Da questo momento le immagini si fanno sempre più leggere e luminose: sono visioni celestiali che raffigurano la gloria divina. Nel Paradiso Dante e Beatrice incontrano angeli e santi, come in questa scena.

Paradiso

Purtroppo le illustrazioni di Blake non sono complete per cui per la parte finale ci affidiamo solo al racconto di Gustave Doré.
Nonostante il suo linguaggio in bianco e nero si presti bene alle scene più drammatiche, nel Paradiso riesce a utilizzarlo per dare il senso dell’immensità e della leggerezza delle schiere di angeli in volo.

angeli

Ed è  sua la rappresentazione più evocativa del Paradiso che sia mai stata immaginata: un vortice di angeli splendenti che culmina nella luce più grande ed eterna, quella con cui Dante simboleggia Dio.

Davanti a questa scena Dante non ha più parole per descrivere ciò che vede e si lascia semplicemente avvolgere da quella luce: “A l’alta fantasia qui mancò possa; / ma già volgeva il mio disio e ’l velle, / sì come rota ch’igualmente è mossa, / l’amor che move il sole e l’altre stelle”.

Paradiso 2

Con queste parole si conclude il viaggio di Dante. E si conclude anche il nostro, con una certezza: se un poema è capace di ispirare immagini così avvincenti non può che essere un capolavoro!

 

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Tutti al mare con Sorolla! https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2019/05/27/sorolla/ https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2019/05/27/sorolla/#comments Mon, 27 May 2019 05:00:27 +0000 http://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/?p=1254 Se c’è un pittore identificato con il mare e l’estate questo è Joaquín Sorolla (la pronuncia è Ioàchin Soroglia).

autoritratto di Sorolla

Spagnolo di Valencia, è nato nel 1863 e vissuto fino al 1923. La sua città d’origine, sulla costa mediterranea della Spagna, è un fattore fondamentale per la sua pittura perché il mare e la spiaggia saranno sempre i suoi temi favoriti.  

Valencia nella Spagna

Gli altri due elementi determinanti per la sua pittura sono stati la lunga frequentazione dello studio di un fotografo e la scoperta, a Parigi, della pittura impressionista. Queste esperienze hanno contribuito allo sviluppo di una grande sensibilità per la luce e alla necessità di catturarla dipingendo “en plein air“, cioè all’aperto davanti al soggetto reale, come si vede in queste foto.

foto di Sorolla al lavoro

Dagli anni ’90 inizia così a dipingere i quadri che più lo rappresentano: quelli a tema marino dove la luce esalta i colori e le forme.
In questo del 1896, che si intitola “Cucendo la vela”, alcune donne riparano una grande vela all’ombra di un pergolato. Oltre la porta sul fondo si intravede la spiaggia. La luce del sole macchia la vela di zone bianche dando al tessuto un effetto incredibilmente realistico.

cucendo la vela

Ma questo è niente rispetto ai dipinti con i riflessi di luce sull’acqua. In “Mezzogiorno sulla spiaggia di Valencia” del 1904 usa una pennellata impressionista per dare la sensazione del mare luccicante.

riflessi sull'acqua

Visto da lontano può sembrare quasi una fotografia, ma se ci avviciniamo scopriamo che Sorolla ottiene effetti molto precisi usando il colore in modo molto impreciso!

dettaglio acqua

Per imparare a dare all’acqua questo grande realismo, Sorolla si esercitava dipingendo tanti quadri solo con le onde del mare. La sua pittura veloce, fatta per macchie di colore, riesce a rendere perfettamente la schiuma delle onde e il loro movimento.

studio del mare

Grazie alla familiarità che aveva raggiunto nel dipingere le caratteristiche dell’acqua del mare, Sorolla riesce a riprodurne perfettamente la trasparenza e a mostrare anche un corpo immerso in acqua per metà, come in questo quadro dedicato ai “Nuotatori”.

nuotatori

Sembra tutto estremamente reale, eppure, se ci fate caso, i colori non sono affatto quelli che ci aspettiamo da un’immagine del genere. Perché l’acqua è verde e gialla? Perché il corpo ha molte zone viola? Questa in verità è la lezione che Sorolla ha imparato dagli Impressionisti: i colori non sono quelli che diamo per abitudine alle cose. Se imparassimo a guardare quelli “veri” scopriremmo, ad esempio, che il sole fa le ombre blu.
Guardate con attenzione il prossimo dipinto. Di che colore sono le ombre tra le pieghe dei vestiti delle bambine? Esatto, sono azzurre!

correndo sulla spiagga

Questo quadro ci racconta anche come si andava a mare cento anni fa: i bambini stavano nudi mentre le bambine e le madri indossavano abiti leggeri. Gli uomini non compaiono mai come bagnanti. Al massimo restavano all’ombra a leggere oppure, se erano pescatori, lavoravano attorno alle loro barche, come quelle sullo sfondo.

spiaggia di Valencia al mattino

L’allegria dei bambini al mare è perfettamente raccontata nel quadro “Estate”. Qui una mamma porta in acqua una bambina molto piccola, che sembra non andarci volentieri, mentre altre bambine con i vestiti svolazzanti si muovono verso di loro. Sullo sfondo si vedono altri bagnanti tra le onde.
C’è allegria, c’è freschezza. Non vi viene voglia di andare subito al mare?

estate

I bambini al bagno con i loro riflessi lucidi sulla pelle sono uno dei temi più frequenti. Distesi sulla sabbia, il loro corpo abbronzato è di un realismo impressionante.

bambini sulla spiaggia

Ma, anche in questo caso, tutto è risolto con poche, sapienti pennellate, come dimostra questo dettaglio.

dettaglio

In spiaggia i bambini non amavano solo rotolarsi nella spiaggia o rincorrersi in acqua. In un famoso quadro Sorolla mostra un altro gioco, quello di far galleggiare le barchette. Qui il pittore riesce a mettere assieme tutte le tecniche delle quali era maestro: la pelle bagnata, il riflesso della barchetta e del corpo sulla superficie del mare, le increspature dell’acqua.

barchetta a vela

Ma non si andava al mare solo per fare il bagno e per giocare. In un’altra famosa tela, Sorolla ci mostra delle ragazze eleganti che passeggiano sul bagnasciuga. I loro abiti mossi dal vento ci fanno sentire addosso la stessa brezza che rinfresca la loro passeggiata.

passeggiata sulla spiaggia

Con questo quadro, arioso e pieno di luce, concludo questa stagione di articoli. Vi auguro di trascorrere buone vacanze ovunque le facciate: al mare, in montagna, in città.

Ma non posso lasciarvi senza darvi un piccolo compito per le vacanze. Un compito ispirato al nostro Joaquín Sorolla: provate a raccontare le vostre vacanze estive osservando le piccole cose che accadono attorno a voi, i gesti, le attività, le abitudini. Potete farlo con la fotografia, con la scrittura, con il disegno. L’importante, come dico sempre, è imparare a vedere!

 

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Le api nell’arte https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2019/05/20/api/ Mon, 20 May 2019 05:00:33 +0000 http://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/?p=1213 Anche stavolta approfittiamo di una giornata mondiale per scegliere l’argomento di questo articolo. Quella di oggi, 20 maggio, è dedicata alle api. Sì, avete capito bene, stiamo parlando proprio di quegli insetti che conosciamo tutti ma la cui sopravvivenza è ormai fortemente a rischio a causa dei pesticidi e dei cambiamenti climatici. Eppure le api sono fondamentali per l’impollinazione delle piante e dunque per la nostra alimentazione.

foto api

L’importanza delle api era già conosciuta dai popoli più antichi che si cibavano del loro miele, unica sostanza zuccherina conosciuta. Le prime raffigurazioni delle api risalgono addirittura all’arte egizia. La sagoma di un’ape vista di profilo era usata come segno dei geroglifici.

ape in un rilievo egizio

Nel mondo greco le api erano allevate con cura e il miele era presente in numerose ricette. Una grande ape, simbolo di Artemide, compare sulla moneta della città di Èfeso.

moneta di Efeso con ape

Ma è nel Medioevo che si moltiplicano le immagini delle api. Non come singoli insetti ma assieme all’alveare impagliato a forma di cupola.

api nei manoscritti

Non sono api molto realistiche, alcune sembrano dei piccoli missili, altre hanno dimensioni gigantesche. D’altra parte sappiamo che nel bestiario medievale non era importante essere precisi…
Possiamo osservare api più somiglianti a quelle vere in trattati di tipo scientifico come il Tacuinum sanitatis, un manuale che raccoglie le proprietà mediche dei cibi.

api di un tacuinum

Da altre immagini scopriamo anche quali fossero i peggiori nemici degli apicoltori: gli orsi!

orsi divorano miele

Per trovare le api nell’opera di un artista noto bisogna aspettare il tedesco Albrecht Dürer che nel 1514 disegna una scena molto buffa: il piccolo Cupido cerca di rubare il miele da un alveare ma viene inseguito da una sciame di api sotto lo sguardo divertito della madre Venere.

api e Cupido in Durer

Nel Seicento le api sono rappresentate di nuovo senza alveare in una curiosa placca di bronzo sul piedistallo della statua equestre di Ferdinando I de’ Medici. Siamo a Firenze tra il 1602 e il 1607 e l’opera è di Giambologna e del suo allievo Pietro Tacca.
Le api sono disposte in cerchi concentrici attorno all’ape regina, a simboleggiare i fiorentini laboriosi al servizio del Granducato di Toscana. I fiorentini le chiamano “le api che non si contano” perché secondo la leggenda sarebbe impossibile riuscire a contarle tutte senza perdere mai il conto.

api a Firenze

In gruppi di tre l’ape compare nello stemma della famiglia Barberini, quella a cui appartiene papa Urbano VIII. Nei loro palazzi romani, però, è possibile trovarle anche da sole.

api dei Barberini

Lo scultore e architetto Gian Lorenzo Bernini realizza per loro persino la Fontana delle api, a Roma, nel 1644. È una piccola vasca a forma di conchiglia aperta dove le tre api dei Barberini sembrano abbeverarsi.

fontana della api

Nel Seicento le api compaiono anche nei dipinti di nature morte, un genere pittorico che in quel secolo stava trovando una grande diffusione. Il fiammingo Jan van Kessel il vecchio, specializzato proprio in fiori e insetti, ne inserisce tante nelle sue opere. In questa del 1653, un ramo di rosmarino fiorito è circondato da dodici insetti diversi tra i quali una grossa ape (o un bombo).

Jan van Kessel il vecchio

Nel Settecento è il turno di una pittrice olandese, Rachel Ruysch, anche lei specializzata in fiori circondati da insetti, come Rosa con scarabeo e ape del 1741.

fiori di rachel ruysch

Dopo questi esempi le api sembrano sparite dal mondo dell’arte. I Romantici dell’Ottocento sono troppo presi dai paesaggi immensi per occuparsi di animaletti così piccoli. Gli Impressionisti cercano di dipingere i fiori con poche pennellate: impossibile raffigurare un’ape con quella tecnica. E così via anche per la pittura del Novecento.

Solo negli ultimi anni le api sono tornate alla ribalta. In un modo che non potevamo immaginare: nei grandi murali sulle pareti delle città. Spesso si tratta di dipinti che vogliono sensibilizzare l’opinione pubblica sul rischio di estinzione delle api. Come questi di Louis Masai Michel e del suo progetto “Save the bees” (salviamo le api).

murale salvare le api

A Manchester, in Inghilterra, dove le api sono il simbolo di una città laboriosa, questi insetti sono stati dipinti sui muri per ricordare le vittime di un attentato terroristico del 2017. Dunque l’ape come simbolo di resistenza, di tenacia e di coraggio.

api a Manchester

In questo caso l’ape è stilizzata come un logo. E tanti sono oggi i marchi che hanno per simbolo un’ape.

ape logo

Perché non provate a creare anche voi un marchio con il disegno di un’ape? Cercate di semplificarla il più possibile. Fino a quando è ancora riconoscibile?
È meglio farla secondo una vista simmetrica o da un punto di vista laterale? È necessario usare il giallo e il nero? Ragionate su queste domande e create il vostro logo.

 

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Una mappa per gli esami https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2019/05/13/mappa-esami/ https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2019/05/13/mappa-esami/#comments Mon, 13 May 2019 05:00:36 +0000 http://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/?p=1120 Avete già scelto l’argomento della mappa concettuale per l’esame di terza media?
Se ancora non l’avete fatto vi do qualche consiglio sia sul contenuto che sulla forma da dare al vostro lavoro.

  1. Scegliete un argomento di natura scientifica, vi verrà più facile trovare i collegamenti con tutte le materie, anche quelle umanistiche;
  2. Pensate alla sequenza con cui collegherete gli argomenti, vi servirà per disegnare la mappa concettuale in modo più chiaro e leggibile;
  3. Cercate un’immagine capace di spiegare il vostro argomento centrale e usatela per creare la struttura della mappa.

idee per una mappa

Facciamo un esempio. Partiamo dall’argomento LUCE.
Questi potrebbero essere i collegamenti nell’ordine in cui è più logico presentarli:
SCIENZE: la natura della luce
ARTE E IMMAGINE: Giacomo Balla, “Lampione”
TECNOLOGIA: lampada a filamento, fluorescente e a led
MUSICA: il clavier à lumières (pianoforte a luce colorata)
GEOGRAFIA: solstizi ed equinozi
INGLESE: Oscar Wilde, “Icarus”
ITALIANO: Giuseppe Ungaretti, “Mattina”
STORIA: L’istituto LUCE e il Fascismo

Se li organizziamo con la solita struttura dei nodi e delle frecce viene fuori un’immagine di questo tipo.

struttura mappa standard

Forse non è proprio il massimo a livello estetico… è poco comunicativa, non stimola l’interesse di chi la guarda. Proviamo ad aggiungere delle immagini esplicative dei singoli concetti.

mappa con figure

Adesso è un po’ più completa ma è ancora disordinata. Ci serve un modo diverso di impaginarla. Perché non proviamo a metterla all’interno dello spettro della luce generato da un prisma? Ecco come verrebbe (per guardarla meglio clicca sull’immagine).

Adesso la struttura stessa della mappa racconta l’argomento trattato. È più originale, più chiara e più completa. Non è nemmeno difficile da realizzare: si può creare la base su un cartoncino colorando i vari settori e poi incollare le immagini sagomate con le forbici e aggiungere le scritte.

Naturalmente questo è solo un esempio. Ma vale per qualsiasi argomento sceglierete. Se lavorate con il tempo la mappa potrebbe svilupparsi all’interno di un orologio, se vi occupate della natura gli argomenti potrebbero stare sui rami di un albero, e così via. L’importante è comunicare con creatività e fantasia!

 

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Tutti astrattisti con Kazimir Malevich https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2019/05/06/malevic/ Mon, 06 May 2019 05:00:22 +0000 http://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/?p=1118 Scommetto che davanti alle opere del pittore russo Kazimir Malevich (1878-1935) vi scappa da dire “ma questo potevo farlo pure io!“.
Sì, perché i suoi quadri più famosi non sono altro che composizioni di rettangoli di pochi, semplici colori. Come questa “Composizione suprematista” del 1915.

composizione malevich

Ma che vuol dire “suprematista”? Viene da Suprematismo, il movimento fondato da Malevich nel 1915 che cercava nell’arte la supremazia della pura visione e l’abolizione degli oggetti. Dunque i quadri non dovevano contenere nessun riferimento al mondo reale né significati ulteriori oltre a ciò che semplicemente possiamo vedere.
Il Suprematismo, quindi, è una forma di pittura astratta, come quella di Piet Mondrian e Wassily Kandinsky. Tutto si gioca sulla composizione e sul colore.

Ma, come per gli altri due astrattisti, anche per Malevich il Suprematismo è il punto d’arrivo di un percorso artistico molto vario che parte dall’arte figurativa. Le sue prime opere sono addirittura impressioniste, come questa “Primavera” del 1904.

primavera

Nel 1908 la sua pittura si avvicina a quella dei Fauves: le forme hanno contorni più netti, i colori sono uniformi, innaturali e molto accesi. Questo “Autoritratto” evidenzia chiaramente il cambiamento.

autoritratto

Sempre nel 1908 Malevich dipinge “La società col cappello a cilindro“, un quadro dedicato a un momento di riposo di un gruppo di borghesi realizzato solo in bianco, verde e nero, con qualche tocco di rosso.
Non c’è prospettiva e non c’è chiaroscuro, tanto che i corpi e il prato non sembrano avere nessuna tridimensionalità e il quadro sembra quasi un pannello decorativo.

società col cappello a cilindro

Dal 1909 si avvicina allo stile del Cubismo. Le forme umane diventano rigidi solidi geometrici. Per capire meglio questo passaggio osserva le differenze tra un quadro del 1903 e quelli successivi al 1909. Riesci a vedere come i corpi diventano sempre più semplificati?

Malevich cubista

Nel 1913 il Cubismo di Malevich comincia a frammentarsi, quasi a suggerire il movimento, come nei quadri dei Futuristi. Il suo “Arrotino” muove il piede sul pedale e le mani sulla mola (il disco che affila i coltelli).

arrotino di Malevich

Nel 1914 è il momento del Cubismo sintetico. Malevich realizza quadri più semplificati nei quali inserisce anche piccoli frammenti di carta (tecnica chiamata in francese papier collé), come in questa “Composizione con Monna Lisa“.

malevich cubismo sintetico

La svolta per Malevich avviene nel 1915. È l’anno in cui scrive il Manifesto del Suprematismo, un movimento artistico da lui inventato che mira alla semplice combinazione di forme geometriche pure e all’eliminazione di qualsiasi richiamo alla realtà.

Malevich suprematista

In poco tempo questa ricerca lo porta alla semplificazione assoluta del “Quadrato nero su fondo bianco” (1915) e qualche anno dopo al “Quadrato bianco su fondo bianco” (1918).

quadrati di Malevich

Sono i quadri più essenziali che si potessero immaginare. Nessuno aveva mai osato tanto. Nessuno aveva mai pensato che un solo quadrato potesse diventare l’unico soggetto di un dipinto.

Pochi anni dopo Malevich comincia a trasformare questi concetti pittorici in forme architettoniche. Immagina palazzi composti da accumuli di parallelepipedi, come se fossero dei quadri tridimensionali.

architettura suprematista

Nel 1923 disegna perfino un servizio da tè suprematista, con teiera e tazze di forme geometriche!

servizio da tè di Malevich

Verso il 1928 Malevich torna alla pittura figurativa dipingendo personaggi in forme geometriche. Non dobbiamo stupirci: è come se, dopo aver esplorato i limiti estremi della pittura, avesse deciso di fare una sintesi di tutta la sua esperienza applicando la semplificazione geometrica del Suprematismo alle figure umane delle sue opere giovanili. Un esempio di questo periodo è il quadro “Sportivi“.

sportivi

Ma il cambiamento più repentino avviene nel 1930, dopo l’arresto di Malevich a causa dei suoi stretti rapporti con gli artisti tedeschi. Tante sue opere, sgradite al regime sovietico, vengono distrutte e gli viene imposta un’arte realista e tradizionale.
E così il povero Kazimir, malato e deluso, deve dipingere quadri che sono l’esatto contrario del Suprematismo: riproduzioni fedeli della realtà, con qualche richiamo persino al Rinascimento.

ritratti di Malevich

Non era ciò che avrebbe voluto dipingere, ma queste tele possono comunque aiutarci a capire meglio il suo lavoro: se a un certo punto del suo percorso artistico decide di raffigurare solo quadrati e rettangoli non era perché non sapeva dipingere (abbiamo visto che sapeva farlo benissimo) ma perché il suo obiettivo era “purificare” l’arte. Insomma, occorre conoscere le regole per poterle infrangere.

Adesso, come sempre, è il tuo turno. Vuoi provare a realizzare una composizione suprematista? Allora ritaglia dei rettangoli, dei quadrati e delle lunghe strisce da alcuni cartoncini colorati di nero, rosso, blu, verde e giallo.

pezzi per composizione

Ora prova a disporli sul foglio da disegno, anche sovrapponendoli tra loro, e cerca di ottenere una composizione equilibrata e gradevole.

esempi Malevich

Fotografa le varie composizioni e confronta le foto. Scegli quella che ti sembra riuscita meglio e incolla i cartoncini nella posizione definitiva.
E adesso confessa: ti sembrava più facile, vero? 😉

 

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Cinquecento anni senza Leonardo https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2019/04/29/leonardo/ Mon, 29 Apr 2019 05:00:13 +0000 http://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/?p=1116 Il prossimo 2 maggio saranno trascorsi esattamente cinquecento anni dalla morte di Leonardo da Vinci (1452-1519). Tutto il mondo ricorderà questa figura eccezionale di artista, scienziato e inventore.
Naturalmente lo facciamo pure noi. Ma non con le opere famose che già conosciamo tutti: niente Gioconda o Ultima Cena. Oggi lo celebriamo osservando i suoi disegni e provando ad imparare da lui!

Per cominciare scopriamo che faccia aveva attraverso il suo autoritratto (anche questo disegnato).

autoritratto di Leonardo

Per quanto il viso sia molto parziale ci appare come un vecchio saggio dalla barba fluente.
È un disegno anche la prima opera che viene attribuita a Leonardo, un paesaggio con fiume probabilmente disegnato dal vero (ma non è chiaro se si tratti della valle dell’Arno in Toscana o quella delle Marmore, in Umbria).

paesaggio fluviale

La cosa interessante è che Leonardo riesce a usare la linea senza tracciare i contorni delle cose ma suggerendo una forma vaga, come fa con la pittura. Osserva il dettaglio degli alberi sulla destra: sono disegnati solo con tratti orizzontali paralleli.
Ogni volta che disegnerà degli alberi, li farà sempre così, senza un contorno definito.

alberi di Leonardo

Continuiamo con questa esplorazione alla ricerca di tutti i diversi soggetti disegnati da Leonardo e delle diverse funzioni che attribuiva al disegno.
Sicuramente il disegno dal vero era un’attività fondamentale perché gli permetteva di conoscere meglio quello che stava guardando. Il disegno era per lui una forma di studio.
Dunque, oltre ai paesaggi, ha disegnato le singole piante, gli animali e il corpo umano (anche al suo interno). Vediamo qualche esempio. Ecco piante e fiori.

piante e fiori di Leonardo

Naturalmente questi studi non erano finalizzati solo alla conoscenza delle specie vegetali ma servivano anche per poter dipingere le piante in modo corretto, come si vede nei dettagli seguenti.

fiori nei dipinti di Leonardo

Passiamo ai disegni di animali. Come tutto ciò che faceva parte della natura anche la fauna era uno dei temi preferiti di Leonardo. Non c’è animale che non abbia disegnato: gatti, orsi, granchi, papere, leoni…

animali di Leonardo

Un posto speciale è dedicato al cavallo, uno degli animali più amati dagli artisti del Rinascimento per le sue forme eleganti e potenti.

studi del cavallo

Anche questi studi servono a Leonardo per uno scopo preciso: progettare il monumento equestre in bronzo a Francesco Sforza (duca di Milano dal 1450 al 1466). Leonardo però non riuscirà a realizzare la scultura soprattutto perché il committente la voleva di dimensioni colossali: il cavallo avrebbe dovuto superare i 7 m di altezza. Ne fece un modello in terracotta delle dimensioni richieste, ma mancavano le 100 tonnellate di bronzo necessarie alla fusione.

monumento equestre

Il cavallo è stato realizzato solo vent’anni fa, grazie all’interessamento di alcuni collezionisti americani. Oggi una copia è a Milano, davanti all’ippodromo.

monumento dal progetto di Leonardo

Da bravo artista del Rinascimento Leonardo ha usato il disegno anche per esercitarsi con la prospettiva. Questo schizzo è uno studio per l’Adorazione dei Magi. È visibile la prospettiva del pavimento con le linee convergenti verso il punto di fuga.

prospettiva di Leonardo

Nel dipinto (non finito) basato su questo disegno, il pavimento non compare: nello schizzo serviva solo per disegnare alla giusta profondità le scalinate sulla sinistra.

adorazione del magi

Nessuno di questi disegni, però, è famoso come il suo Uomo Vitruviano: un corpo maschile inscritto dentro un cerchio e un quadrato per dimostrare le proporzioni perfette dell’uomo.

uomo vitruviano

Per entrare dentro un cerchio l’uomo deve sollevare le braccia divaricare le gambe: il centro del cerchio è esattamente nell’ombelico. Per entrare nel quadrato le gambe devono restare unite e le braccia orizzontali.

uomo nel cerchio e nel quadrato

Naturalmente per giungere a questo risultato gli studi sul corpo umano sono stati tantissimi…

studi del corpo

C’è ancora un altro uso del disegno per Leonardo: quello progettuale. Con i suoi schizzi immagina macchine, meccanismi e invenzioni che spesso verranno realizzate molti secoli dopo (come l’elicottero).

progetti

In realtà anche il disegno preparatorio per un dipinto può essere considerato una forma di progetto. Dunque, ricapitolando, i tipi di disegno di Leonardo si possono dividere in due categorie: il disegno di ciò che esiste (piante, animali, persone, paesaggi) e il disegno di ciò che immagina (sfondo di un dipinto, invenzione meccanica).

Adesso tocca a te. Prova a fare un disegno come studio della realtà e un disegno come progetto della fantasia. Puoi scegliere anche temi più semplici di quelli di Leonardo, ad esempio una bottiglia, una sedia o qualsiasi oggetto intorno a te. Disegnalo così come lo vedi per capire bene com’è fatto e poi immaginane uno nuovo, con nuove funzioni e una forma originale.

 

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15 aprile, giornata mondiale dell’arte! https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2019/04/15/giornata-mondiale-arte/ https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2019/04/15/giornata-mondiale-arte/#comments Sun, 14 Apr 2019 23:00:58 +0000 http://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/?p=1092 Oggi festeggiamo l’arte. Tutta l’arte, di ogni tipo e di ogni tempo.
Ma perché proprio oggi? Semplice: il 15 aprile è il giorno in cui è nato Leonardo da Vinci, uno scienziato, un inventore, ma anche un grande artista.

Per festeggiare giochiamo con tutta l’arte contenuta nel libro. Conoscete il gioco chiamato “Chi sono?”. Ogni giocatore applica sulla fronte una carta della quale non può vedere il contenuto (che può essere un’immagine o un nome). Per indovinare la propria carta deve fare agli altri giocatori delle domande le cui risposte possono essere solo SÌ o NO. Vince chi riesce a indovinare per primo, o con un numero minore di domande, la propria carta.

gioco chi sono

Per giocare in classe vi propongo di realizzare dei cartoncini quadrati di 10 cm di lato e scegliere, ognuno di voi, un’opera d’arte a piacere tratta dal libro.
Riproducetela sul cartoncino con le matite colorate o con i pennarelli. Non fa nulla se non è perfetta, l’importante è che sia riconoscibile.

carte d'arte

Fate un mazzo con tutte le opere, mescolate le carte e pescatene una ciascuno, senza guardare la figura. Applicatela alla fronte con un elastico in modo che gli altri possano vedere l’immagine e cominciate il gioco.

gioco carte discobolo

Lo studente che ha, ad esempio, il Discobolo (la statua greca del lanciatore del disco) potrebbe fare queste domande:
“sono un quadro?”, “no”
“sono una scultura?”, “sì”
“sono una statua del Rinascimento?”, “no”
“sono una statua greca?”, “sì”
“sono una figura femminile?”, “no”
“sono in bronzo?”, “no”
“mi ha fatto Policleto?”, “no”
“sono il Discobolo?”, “SI!”
Sono state necessarie otto domande per arrivare alla risposta. Con un pizzico di fortuna in più potevano essere meno, ma avrebbero potuto essere anche di più!

Le domande, dunque devono essere abbastanza generali all’inizio e più dettagliate verso la fine. E soprattutto non è possibile chiedere informazioni come: “chi è il mio autore?” perché la risposta non sarebbe un sì o un no. Quindi attenzione a formulare bene le domande!
Più le domande sono pensate bene, più possibilità avrete di vincere.

gioco carte Venere

Proviamo una simulazione con la Nascita di Venere di Botticelli.
“sono un’architettura?”, “no”
“sono un dipinto?”, “sì”
“sono dell’Ottocento?”, “no”
“sono del Settecento?, “no”
“sono del Seicento?”, “no”
“sono del Cinquecento?”, “no”
“sono del Quattrocento?”, “sì”
“sono una scena sacra?”, “no”
“sono un ritratto?”, “no”
“sono una scena mitologica?”, “sì”
“sono un quadro di Botticelli?”, “sì”
“sono la Primavera?”, “no”
“allora sono la Nascita di Venere…”, “SÌ!”
Stavolta sono servite tredici domande prima di raggiungere la risposta esatta.

Provate a immaginare le ipotetiche domande per la Ragazza con l’orecchino di perla di Jan Vermeer. Da dove partireste?

gioco carta Vermeer

Se avete capito il meccanismo siete pronti a cominciare. 
Buona festa dell’arte a tutti!

 

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Tre chiese barocche di Sicilia, scopri le differenze https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2019/04/08/chiese-barocche-sicilia/ Mon, 08 Apr 2019 05:00:58 +0000 http://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/?p=1057 Come avrai letto nel tuo libro di storia dell’arte, il Barocco comincia all’inizio del Seicento. È nella prima metà del secolo che si trovano le opere più importanti che hai studiato, dai dipinti di Caravaggio alle sculture di Bernini, alle chiese di Borromini. Successivamente questo stile si diffonde in tutta Europa e persino in America latina.

In Italia, una delle manifestazioni più raffinate dell’arte barocca è quella del Val di Noto, un’area della Sicilia sud-orientale. Qui la grande stagione barocca inizia a fine secolo, in seguito al devastante terremoto dell’11 gennaio 1693, il più forte mai registrato in Italia, che rase al suolo oltre cinquanta centri abitati.

Subito dopo il sisma alcune città, come Noto, sono state ricostruite di sana pianta in un luogo diverso da quello precedente, altre vengono profondamente modificate pur rimanendo nel posto originario (come Catania). Le città si riempiono di nuove chiese, conventi, piazze, palazzi e scalinate tutte in stile barocco.

cattedrale di Noto

Il Barocco è visibile ad ogni scala, da quella urbana fino al dettaglio dei balconi, sorretti  da mensole a forma di animali, uomini o mostri.

balcone barocco

Questa particolare condizione ha creato un’omogeneità stilistica che non si può trovare in nessun’altra città del Seicento e del Settecento. Per questo motivo otto di questi centri della Sicilia orientale sono stati dichiarati nel 2002 patrimonio dell’Umanità dall’Unesco sotto il nome di “Città tardo-barocche del Val di Noto”. La lista include gli interi centri storici di Caltagirone, Noto e Ragusa, diverse zone di Catania e Scicli e alcuni monumenti di Modica, Palazzolo Acreide e Militello Val di Catania.

vista di Ragusa Ibla

Pur con leggere differenze, soprattutto nell’uso dei materiali, questi monumenti hanno uno stile comune e caratteristiche costanti. Tante chiese presentano una facciata a forma di torre, spesso di forma convessa (cioè curvata in fuori) e contorno frastagliato. Le colonne, libere o in rilievo, su due o tre livelli, arricchiscono il prospetto e creano profondi chiaroscuri.
Due volute più o meno ampie collegano la parte centrale, più alta, alle due ali laterali. Porte e finestre sono circondate da cornici decorate o timpani interrotti a metà. L’ultimo livello è anche cella campanaria, una caratteristica tipica del barocco siciliano. Questi elementi sono tutti presenti nel Duomo di San Giorgio, a Ragusa.

duomo di Ragusa

La chiesa, costruita tra il 1738 e il 1775 dall’architetto Rosario Gagliardi, è leggermente obliqua rispetto al grande viale d’accesso. Questo avrebbe permesso agli osservatori di cogliere meglio la curvatura della facciata e il suo aspetto plastico, cioè articolato e scultoreo.
È molto simile a questa un’altra chiesa intitolata a San Giorgio, quella di Modica, probabilmente dello stesso autore. La facciata è ancora più monumentale: larga e fortemente curva, è posta al termine di una grandiosa scalinata di 260 gradini, come il fondale scenografico di un grande teatro all’aperto.

San Giorgio a Modica

È simile a queste anche la chiesa di San Bartolomeo a Scicli, sebbene di dimensioni minori. La sua facciata, costruita a partire dalla metà del Settecento e terminata all’inizio dell’Ottocento, mostra un aspetto meno sfarzoso delle altre due, rivelando una leggera influenza del nascente gusto neoclassico, la corrente successiva al barocco e ispirata all’arte classica.

chiesa Scicli

Forse è quella che richiama di più le prime chiese barocche di Roma, come quella di Sant’Ignazio. La differenza maggiore è che questa, dotata di maggiori sporgenze, termina con la solita torre campanaria mentre la chiesa di Roma, più piatta, si conclude con un grande timpano spezzato.

Sant'Ignazio a Roma

Adesso è il tuo momento. Confronta le tre facciate siciliane e cerca di individuare tutte le differenze e le analogie che non ho descritto. Conta le colonne, osserva i contorni, esamina le decorazioni.
Scoprirai che, anche se a prima vista sono molto simili, in realtà le differenze sono tali che non possono essere confuse l’una con l’altra.

confronto tra prospetti barocchi

Nella tua città ci sono edifici di età barocca? Prova a cercarli e confrontali tra loro.
Sei hai l’occhio del detective scoprirai ancora altre forme dell’architettura barocca.

 

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Un pesce d’aprile artistico https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2019/04/01/pesce-aprile/ https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2019/04/01/pesce-aprile/#comments Mon, 01 Apr 2019 05:00:54 +0000 http://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/?p=965 Sapete cos’è un pesce d’aprile? No, non si tratta di una varietà particolare da mangiare in questo mese ma di uno scherzo che si fa per tradizione il primo giorno di aprile.
Non è chiaro cosa c’entri il pesce con gli scherzi e con il primo di aprile, ma per noi è una bella occasione per realizzarne uno. Non lo scherzo, ma un bel pesce artistico!

Prima di metterci all’opera, però, proviamo a fare una passeggiata nel tempo per scoprire come sono stati rappresentati i pesci in tutta la storia dell’arte. Iniziamo dagli Egizi. I pesci più antichi sono realizzati con sottili lastre di pietra ed erano usati come tavolette per preparare i cosmetici. La loro forma è molto semplificata ma richiama comunque quella di un pesce vero: la Tilapia del Nilo.

pesce egizio

I pesci sono presenti anche nei dipinti parietali delle tombe egizie. In questo caso i dettagli sono maggiori e si possono distinguere tante specie diverse.

pesce egizio

I pesci sono particolarmente abbondanti nell’arte di quelle civiltà sorte lungo le coste o sulle isole, ad esempio i Cretesi. Nel palazzo di Knosso, ma anche sui vasi di ceramica, sono spesso raffigurati pesci che nuotano in mare tra alghe e delfini.

pesce minoico

I Greci amavano talmente il pesce (soprattutto da mangiare!) che avevano inventato un piatto apposito. Decorato con tre o quattro pesci ricchi di dettagli ed eseguiti con la tecnica a figure rosse, ha una piccola conca al centro per contenere l’olio o la salsa con cui condire il pesce.

pesce greco

Nei mosaici romani i pesci sono rappresentati con grande maestria. Si possono distinguere decine di specie diverse grazie ai dettagli delle squame e delle pinne. Un lavoro da veri artisti ma anche da grandi osservatori della natura.

pesce romano

E quando i Romani inventarono il vetro soffiato non persero l’occasione per realizzare anche dei delicatissimi pesci-bottiglia.

pesce romano

Con l’avvento del Cristianesimo il pesce riappare sulle tombe  in forme molto schematiche perché non rappresenta più un animale vero ma è il simbolo di Cristo in quanto il nome del pesce scritto in greco (e cioè ICHTYS) corrisponde alle iniziali della frase “Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore”.

pesce paleocristiano

Nel Medioevo il pesce viene raffigurato nel Bestiario, un tipo di codice miniato che raccoglie le immagini degli animali più stravaganti come quelli che abbiamo visto nel bestiario di Aberdeen.
I pesci, in questo caso, hanno un curioso volto umano e le loro forme si somigliano tutte.

pesce medievale

Con l’arrivo del Rinascimento il pesce scompare quasi del tutto. L’interesse è concentrato sulla figura umana, sacra o mitologica. Qualche pesce si può trovare nei dipinti dell’Ultima Cena come cibo per gli apostoli o come offerta a Maria, come in questo quadro di Raffaello.

pesce di Raffaello

Il pesce torna protagonista dell’arte a partire dal Seicento con la diffusione della natura morta. Per oltre due secoli i pittori si sono esibiti nella realizzazione di opere di incredibile realismo. Sembra quasi di sentirne il profumino…

pesci nell'arte moderna

Nel Novecento la tradizione si interrompe. Solo negli ultimi decenni il pesce è tornato alla ribalta, ma in forme completamente nuove: grandi sculture e installazioni.

big fish a Belfast

Nelle forme più recenti è spesso realizzato con materiali di scarto quasi a volerci dire che qualsiasi cosa, anche quella che consideriamo spazzatura, può continuare a generare bellezza.

pesce fatto di scarti

Adesso tocca a te. Prova anche tu a creare un pesce con materiali di scarto. Guardati intorno e seleziona tutti quegli oggetti destinati a finire nella pattumiera.
Ad esempio i tappi di plastica…

pesce con tappi

… oppure i gusci delle mandorle.

pesce di gusci

Naturalmente puoi anche mischiare i materiali tra loro e poi incollarli su un cartoncino per poter conservare il tuo lavoro.
Non mi resta che augurarti buon pesce d’aprile!

 

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Una primavera fascinosa https://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/2019/03/25/primavera-fascinosa/ Mon, 25 Mar 2019 06:00:01 +0000 http://online.scuola.zanichelli.it/artemondo-blog/?p=963 Quando è arrivato l’inverno abbiamo visto le quattro stagioni secondo Claude Monet. Adesso che è il turno della primavera (quest’anno entrata il 20 marzo) scopriamo un altro artista che si è dedicato con passione alla rappresentazione delle stagioni, il ceco Alphonse Mucha (1860-1939).

A differenza di Monet, che non ha mai dipinto una serie specifica sulle stagioni ma decine di paesaggi osservati in diversi momenti dell’anno, Mucha realizza diverse sequenze con le quattro stagioni personificate da figure femminili.
La prima serie è del 1896. I nomi delle stagioni sono scritti in francese sotto la figura (eté è l’estate, printemps la primavera, automne l’autunno e hiver l’inverno).

Mucha stagioni 1896

Osserviamo da vicino la Primavera. È una fanciulla dai lunghi capelli biondi, veste una larga tunica bianca quasi trasparente e sembra suonare un’arpa realizzata con un ramo curvato e con i suoi stessi capelli. È circondata dai fiori e tanti ne porta attorno alla testa. Cinque uccellini ascoltano la sua musica e forse anche il canto. Dietro di lei si intravede il tronco maestoso di un grande albero.

la primavera di Mucha 1896

Analizzato il soggetto passiamo allo stile: Mucha è un artista dell’Art Nouveau (anche se lui non si riconosceva in questo movimento dell’inizio del ‘900). Si trovano in lui gli elementi tipici di questo stile come la ricerca di eleganza, la predilezione per le forme vegetali e per la linea curva e l’interesse per la figura femminile.
Mucha, in particolare, usa una linea di contorno molto spessa, mentre le linee interne al soggetto (come i tratti del volto) sono più sottili. Questo, assieme all’uso di un chiaroscuro poco accentuato rende le immagini particolarmente leggere e quasi bidimensionali.

dettaglio primavera

Anche la sua tavolozza è molto delicata: i colori pastello accentuano la raffinatezza della figura.

tavolozza della primavera

L’eleganza della donna è infine rafforzata dall’uso di linee curve e sinuose per la posizione del corpo, per i capelli e per il ramo che tiene tra le mani.

schema primavera

Per completare l’analisi cerchiamo di capire il significato, il senso che l’arte aveva per Mucha. L’idea di personificare un concetto astronomico e climatico come le stagioni non è una sua invenzione. Ma è nuova l’idea di creare uno stato d’animo proprio per ogni stagione: per lui la primavera esprime innocenza, l’estate passione, l’autunno generosità e l’inverno una fredda timidezza. Tutti insieme riescono a raccontare l’armonioso ciclo della natura.
Mucha vedeva così nell’arte un modo per esprimere emozioni attraverso i colori e le pose delle figure femminili.

Il successo delle sue Stagioni fu tale che negli anni successivi ne realizzò altre due versioni. Nel 1897 realizza una nuova litografia a colori (un tipo di stampa che permette la realizzazione di infinite copie uguali all’originale).

stagioni mucha

Osserviamo la primavera. Questa volta non suona più l’arpa e i fiori sono solo quelli che spuntano in un paesaggio ancora freddo. Lo stile è sempre lo stesso, con i colori chiari e delicati, la linea di contorno spessa e la composizione basata su un’ampia linea curva. La ragazza sembra gioire per il risveglio della natura.

primavera di mucha del 1897

La terza serie è del 1900. Qui le quattro donne hanno pose più composte e meno flessuose. Anche le cornici sono molto più semplici.

stagioni del 1900

La primavera (la seconda figura) è la più solenne. Ha uno sguardo deciso e un atteggiamento seducente. Rispetto alle primavere precedenti sembra aver cambiato carattere: dall’innocente dolcezza delle prime due al pericoloso fascino di quest’ultima versione.

primavera del 1900

Adesso tocca a te. Prova a confrontare le altre stagioni nelle varie versioni proposte da Mucha. Osserva se cambia la scena, la posa della donna, i colori usati e l’emozione trasmessa. Quale versione preferisci delle quattro stagioni? Perché?
Dopo lavora con il tuo volto: che espressioni faresti se volessi rappresentare le quattro stagioni? Quale emozione ti suggeriscono l’inverno, la primavera, l’estate e l’autunno?

 

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