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 Le Goff, Bilancio delle crociate

Jacques Le Goff appartiene alla scuola storiografica francese de Les Annales e figura tra i più conosciuti medievisti di Francia e d’Europa. Autore di fondamentali testi che indagano il Me-dioevo in molti dei suoi aspetti – politici, economici, culturali  ecc. –, in queste magistrali pagine ci offre un disincantato e ordinato “bilancio delle crociate” che i Latini, ovvero gi europei occidentali, promuovono, puntando alla riconquista della Terra Santa. L’analisi di Le Goff si concentra sulle prime tre crociate, essendo le altre cinque soltanto degli inutili sforzi di modificare un equilibrio nel Vicino Oriente che è, e per lunghissimo tempo rimarrà, dominio dei turchi.


Bilancio delle crociate

Le crociate non sono finite nel 1192 [anno in cui ha termine la Terza crociata, quella cui partecipano il tedesco Federico Barbarossa, l’inglese Riccardo cuor di leone e il francese Filippo Augusto ], ma lo slancio è venuto meno. Già la terza non è stata portata dalla stessa “onda di fondo” delle due prime. È dunque legittimo tentarne qui un bilancio. Diciamo subito che questo bilancio è sostanzialmente negativo.

Dei tre scopi, dichiarati o inconsci, che i promotori delle crociate e i crociati stessi si proponevano, non ne fu raggiun­to neppure uno.

Il fine primo ed essenziale era la conquista dei Luoghi Santi, di Gerusalemme. Tale conquista non solo durò meno d’un secolo [espugnata nel 1099 è persa nel 1187], ma rinfocolò passioni religiose che per molto tempo ri­misero in causa la vera tradizione cristiana in Terra Santa, cioè la tradizione del pellegrinaggio. Di fronte alla conquista latina, i turchi ritrovarono il fanatismo musulmano del gihad, la guerra santa.

E non basta. La crociata provocò in Occidente e lungo tutta la strada percorsa dai crociati l’insorgere di un antisemi­tismo virulento e genocida che contribuì a porre fine alla tol­leranza di cui fin allora i cristiani avevano generalmente dato prova nei confronti degli ebrei. Infine i Latini scoprirono con sorpresa scandalizzata l’importanza delle comunità cristiane non cattoliche di Siria e Palestina. Le comunità cristiane gre­che, armene o siriache furono ben presto oggetto di persecu­zione da parte dei Latini, a cominciare da Boemondo d’Antiochia; non furono inco-raggiate a dare man forte ai Latini per re­sistere alle riconquiste musulmane e conservarono nei riguar­di dei cattolici durevoli rancori.

Secondo scopo era venire in aiuto dei Bizantini, anche indi­rettamente. Invece ciascuna delle tre prime crociate acuì l’osti­lità fra greci e latini al punto che la quarta [1204] doveva concluder­si con la sanguinosa presa di Costantinopoli ad opera degli occidentali [cfr. percorso 4].

Terzo scopo era unire la cristianità contro gli infedeli, pur­garla dei suoi peccati e dei suoi peccatori con la grande peni­tenza del “passaggio oltre mare”. Anche qui, nella promiscui­tà delle spedizioni comuni, le rivalità non fecero che inasprir­si. Rivalità personali fra i capi dei crociati, rivalità nazionali tra Tedeschi e Francesi, Inglesi e Francesi. Rivalità sociali fra ecclesiastici e laici, con questi ultimi che eliminavano dall’esercizio del potere il clero, in uno stato sorto in seguito all’appello della Chiesa e per la restaurazione di una Gerusalemme cristiana; fra cava-lieri e poveri, questi ultimi votati al massacro, esclusi dalla di­visione del bottino, ispiranti ai baroni un’esasperazione che quelli portavano con sè in Occidente mentre i disgraziati tor­nati sani e salvi dalla Terra Santa ne riportavano un odio più forte che mai contro i potenti e i ricchi. Infine, rivalità fra i crociati occidentali, nuovi venuti, e i Latini orientalizzati, i “poulains”. Quan-do Saladino è alle porte di Gerusalemme, i par­tigiani occidentali di Guido di Lusignano si sca-gliano contro i baroni locali al grido: “Malgrado i poulains, avremo un re del Poitou”.

Accanto alle illusioni dei crociati dobbiamo mettere quelle degli storici occidentali moderni. Per una maggioranza di loro le crociate ebbero un’influenza considerevole e, tutto somma­to, bene-fica, sullo sviluppo dell’Occidente, nel campo culturale come in quello economico.

La prima illusione riguarda le conseguenze culturali delle crociate. Senza dubbio i rapporti fra Cristiani e Musulmani in Terra Santa portarono in molti casi a un’acclimatazione, a un’acculturazione che fece la meraviglia degli uni e lo scan­dalizzato stupore degli altri.

Foucher di Chartres, all’inizio del XII secolo, probabilmen­te esagera quando vanta i successi dei crociati stabilitisi in Terra Santa, ma in questo ditirambo ci dev’essere una parte di verità: «Considerate e riflettete in qual modo nel nostro tempo Dio abbia in noi stessi trasformato l’Occidente in Orien­te; noi, che eravamo occidentali, siamo diventati orientali; […] colui che abitava a Reims o Chartres si vede cittadino di Tiro o di Antiochia. Abbiamo già dimenticato i luoghi dove siamo nati; […]. Alcuni già possiedono in questo paese case e servi che appartengono loro come per diritto ereditario; qualcun altro ha sposato una donna che non è sua compatriota, una siriaca o un’armena, o addirittura una saracena che ha ricevuto la grazia del battesimo; […] l’uno coltiva vigne, l’altro cam­pi; parlano lingue diverse e già hanno imparato a capirsi. […] È stato scritto infatti: “Il leone e il bue mangiano alla stessa mangia­toia”. Chi era straniero è adesso indigeno, il pellegrino è di­ventato cittadino […]. Coloro che nel loro paese erano poveri, qui Dio li fa ricchi; coloro che avevano solo pochi scudi pos­siedono qui un numero infinito di bisanti; a coloro che avevano soltanto un podere a mezzadria, qui Dio dona una città. Perché dovrebbe tornare in Occidente chi trova tanto benigno l’Oriente? […] ».

Alla fine del secolo XII il pio Musulmano spagnolo ibn­-Jabair, in pellegrinaggio in Oriente, constata con stupore la pacifica coesistenza delle due comunità: “I cristiani fanno pagare ai musulmani, sul loro territorio, una tassa applicata in perfetta buona fede. A loro volta i mercan-ti cristiani pagano, su territorio musulmano, per le loro mercanzie; l’intesa fra loro è perfetta, l’equità osservata in ogni circostanza. I guer­rieri si occupano delle loro guerre; il popolo vive in pace, e i beni di questo mondo vanno a chi riesce vincitore. Tale è la condotta delle genti di questo paese nella loro guerra… La situazione del paese è, sotto questo rispetto, così straordi­naria che non si potrebbe illustrarla a parole».

Tuttavia, se nella vita quotidiana v’è adattamento reciproco, le due comunità conservano le loro tradizioni, la loro men­talità, il loro comportamento. Gli scambi culturali sono quasi inesistenti. I Latini, ancora barbari, hanno poco da dare ai Musulmani; in compenso, fieri delle loro abitudini, attenti a non lasciarsi corrompere, portano con sé in Terra Santa un pezzetto d’Occidente. Le istituzioni del regno latino di Geru­salemme e dei principati cristiani sono quelle del feudalesimo occidentale. Meglio ancora, più che nell’Inghilterra anglo-nor­manna o nel regno normanno delle Due Sicilie il feudalesimo d’importazione in Terra Santa realizza quasi alla perfezione e fin quasi alla caricatura l’ideale cavalleresco e feudale. L’ar­te della Siria franca è arte occidentale importata: vi si trova l’arco romanico a tutto sesto e ben presto l’arte gotica, inti­mamente lega-ta all’Europa nord-occidentale dove sono nati tanti baroni di Terra Santa; e anche quei borghi fortificati, i crac, che – qualunque cosa se ne sia detta – non devono quasi nulla all’architettura orientale e sono anch’essi impor­tazioni latine.

I vantaggi culturali che l’Occidente desume dai suoi con­tatti con l’Oriente nel secolo XI e nel XII non vengono da quel fronte di combattimenti sterili e di comunità chiuse in se stesse che è stata la Terra Santa latina. La scienza greco-araba, le tecniche orientali, tutto ciò viene da fronti di con­tatto più profondi, dalla Spagna dove la fusione islamico-cristiana prevale sui conflitti della Reconquista, dalla Sicilia, luogo d’incontro di civiltà diverse, da Bisanzio e, in Oriente e nel Maghreb, da scambi pacifici che continuano al di fuori della zona degli scontri militari.

Per quanto riguarda l’aspetto economico, è certamente illusione quella degli storici convinti che l’Occidente, in ogni caso l’Occidente mercantile – cioè soprattutto le città italia­ne – si sia arricchito con le Crociate e in Terra Santa. La Siria e la Palestina non sono più il punto d’arrivo di strade commerciali importanti, perché la conquista turca ha disorga­nizzato le vie carovaniere terminanti in Terra Santa. A Bi­sanzio, ad Alessandria, nel Maghreb i mercanti cristiani del tempo delle Crociate fanno i migliori affari. È vero che Ge­nova, Pisa, Venezia, dapprincipio dubbiose e ostili nei confronti di operazioni militari che turbavano più di quanto non favorissero la loro nascente attività commerciale, alla fine hanno tratto partito dalle occasioni di arricchirsi offerte loro dalla Crociata. Ma più che dal commercio che svolgono nei loro quartieri delle città latine di Palestina, e che consiste soltanto in scambi a livello locale o di raggio assai ristretto, esse gua­dagnano sui crociati stessi, ai quali forniscono navi, vettova­glie, i prestiti in denaro di cui hanno bisogno. Se le Crociate hanno arricchito l’Occidente, l’hanno fatto a spese dei crociati.

E in definitiva le Crociate costano care ai loro promotori. La cavalleria occidentale che si è recata a combattere in Terra Santa – perché la crociata è diventato un obbligo morale, un costume a cui nessun cavaliere può sottrarsi se non vuole scadere nella stima dei suoi simili – vi si è impoverita in uomini e in beni, giacché ha dovuto alienare buona parte delle sue terre e delle sue risorse per pagarsi il viaggio, l’equi­paggiamento, il mantenimento in terre d’oltremare sovrappopolate d’avventurieri in cerca di bottini e feudi sempre più rari. E, a causa dei ripetuti scacchi che i musulmani le hanno inflitto, vi ha perso anche buona parte del suo prestigio. Invece che rinvigorita, è uscita demoralizzata dall’avventura.

Infine, anche la Chiesa vi ha perso più di quanto non abbia guadagnato. Istituzionalizzando la crociata, concedendo indul­genze e il diritto di reclamare speciali imposte a crociati che non sempre sono partiti e in generale sono tornati vinti, crean­do ordini militari che, dopo essersi rivelati incapaci di man­tenere il possesso dei luoghi santi, hanno ripiegato sull’Occi­dente per sfruttarlo e scandalizzarlo, essa ha creato più delu­sioni e rancori di quanto non abbia alimentato speranze. Si è potuto dire che il punto d’arrivo delle Crociate è la Ri­forma. È stata avanzata l’ipotesi che il Graal, il quale fa la sua comparsa nella letteratura cortese alla fine del secolo XII, rappresenti un sostituto della Gerusalemme perduta dai crociati, l’inverso di un sogno deluso. Questo ci aiuterebbe a comprendere il pessimismo degli ultimi romanzi della Tavola Rotonda, amaro frutto della crociata fallita.


Jacques Le Goff, Il Basso Medioevo, Storia Universale Feltrinelli, 1967, pp. 148-153