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 Ancora sulla “ricetta di Gardner”

Ritorno in questo post sulle cinque regole gardneriane per costruire una buona verifica, con le quali avevo chiuso il post precedente. Provo a spendere qualche parola in più su ciascuna spiegando meglio cosa con esse si intenda. Lo faccio sollecitato dal commento di una collega che sollevava qualche dubbio proprio in ordine alla formulazione di quelle regole.

1. Ricavare informazioni da performance ordinarie
Una performance ordinaria è una routine, una serie di comportamenti, che noi mettiamo in atto abitualmente per risolvere un problema o per agire all’interno di una situazione. Una performance è ordinaria se è autentica, ovvero real life, contestualizzata. Uno dei limiti più grandi della valutazione di scuola è che essa si esercita in modo decontestualizzato, chiede allo studente di operare in una situazione non ordinaria. In questo modo non si riesce a determinare se sia veramente la competenza a mancare, oppure il setting della prova a risultare ostico, proprio perché desueto.
 
2. Semplicità, naturalità
Una prova non ha bisogno di essere complicata per essere difficile. Un compito demanding, impegnativo per lo studente, può benissimo essere semplice e naturale. Anche in questo caso incontriamo uno dei limiti della nostra valutazione: mette in difficoltà lo studente spesso non perché appronti prove impegnative, ma perché complicate, già a partire dalla formulazione della consegna.
 
3. Validità ecologica
Come può uno strumento di verifica essere imparziale? È imparziale quando posso escludere che la performance dello studente non sia condizionata dalla sua forma. Se l’unica mia forma di verifica nella didattica della lingua 2 è la traduzione dall’italiano all’inglese, non sarò in grado di comprendere se le difficoltà di uno studente che in quel tipo di prova non raggiunge mai la sufficienza siano dovuta alla mancanza di competenze o all’insofferenza per la tipologia della prova. Il problema si aggira adottando tante modalità diverse di verifica e stressando la stessa competenza con diversi tipi di prova.
 
4. Multidimensionale
La teoria delle intelligenze multiple di Gardner sostiene che vi sono diversi “accessi al sapere”. Se sto spiegando la Shoah ai miei studenti, posso scegliere diversi punti di accesso a questo argomento: un accesso “matematico” (ragionando sui numeri dello sterminio), “letterario” (facendoli lavorare sugli scritti dei testimoni e dei sopravvissuti), “iconico” (usando Train de vie o Shindler’s list), “corporeo” (accompagnandoli sui luoghi dello sterminio, facendo sperimentare loro l’esperienza claustrofobica del lager, come accade ad esempio nello storico allestimento dell’Istruttoria di Peter Weiss ad opera del Teatro Due di Parma). Ciascuno di questi punti di accesso può risultare più funzionale a uno studente piuttosto che a un altro in relazione al suo tipo di intelligenza. Una prova è tanto più capace di misurare le competenze al lavoro quanto più interroga più di una competenza insieme.
 
5. Sensibile alle differenze individuali
L’importante in una prova è che funzioni in modo tale da farmi misurare, al di là della capacità o meno di adeguare uno standard, anche lo specifico del lavoro di uno studente. In buona sostanza, va immaginata come una prova a livelli che lascia margine perché le intelligenze si esprimano senza forzare rigidamente tutti alla stessa prestazione.
 
6. Usare materiali interessanti e motivanti
Questa sesta regola dovrebbe di fatto essere la prima. Se la prova non risulta interessante, sfidante, motivante, stiamo deprimendo già prima ancora che ci si misuri la possibilità dello studente di affrontarla con successo. Pensare forme innovative, curiose, avvincenti, è il primo compito di un insegnante che intenda sottrarre la sua valutazione alle rigidità della docimologia tradizionale.

2 commenti su “Ancora sulla “ricetta di Gardner”

  1. Cinzia scrive:

    Buon giorno, insegno nella secondaria di primo grado e mi sono iscritta da poco al sito per poter usufruire delle risorse anche in vista  delle recenti disposizioni in materia di adozioni.
    Condivido i suoi parametri e a tale proposito, poiché da poco abbiamo istallato una piattaforma di elearning, ho potuto testare in vivo le potenzialità educative di percorsi didattici strutturati e articolati, grazie all'ambiente di apprendimento Moodle (lo cito in quanto prodotto open source) che, assieme al prodotto o compito, evidenzia e misura in modo inequivocabile alcuni processi cognitivi degli alunni, determinando differenze notevoli nel comportamento e nell' approccio alla disciplina intesa come conoscenza.
    Cordiali saluti

  2. sono docente di lingua inglese nella secondaria superiore e in verità grosse difficoltà nella programmazione per competenze non ne ho riscontrate. le difficoltà vere e proprie stanno venendo fuori ora perchè  molti dei miei colleghi non hanno idea di che tipo di prova far fare agli studenti per la certificazione delle competenze dell'asse linguaggi L4, cioè che modello bisogna seguire? il Ket per la primma classe e il Pet per la seconda? non parlo delle verifiche tradizionali in classe come singola valutazione ma di quella intermedia,e finale. ognuno dice una cosa diversa e non c'è materiale on-line, neppure sul sito della zanichelli. cerco di seguire le indicazioni INVALSI per la prova in lingua nella secondaria di primo grado. chiedo chiarimenti
    grazie