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 Guida pratica alla certificazione delle competenze

Una Guida pratica alla certificazione delle competenze

La Guida pratica alla certificazione delle competenze rappresenta sia uno strumento diagnostico per il docente, pronto all’uso in vista della compilazione della scheda di certificazione ministeriale, sia un materiale didattico per lo sviluppo della consapevolezza e della metacognizione negli studenti.

In funzione valutativa, si può usare nelle fasi di lavoro antecedenti alla compilazione della scheda ministeriale, per una più immediata individuazione dei livelli di padronanza raggiunti dallo studente nelle competenze chiave e per una più agevole condivisione nel consiglio di classe degli stessi.

Se condivisa e richiamata in alcuni momenti forti del percorso scolastico, consente agli studenti una lettura selettiva e un riconoscimento immediato del legame tra competenza, dimensioni che la compongono e livelli di padronanza che ne descrivono il grado di sviluppo. Conoscere i criteri, le modalità e i risultati attesi con cui sarà valutato il proprio livello di competenza rappresenta il primo passo ineludibile per gli studenti di orientare in modo consapevole, attivo e responsabile il proprio percorso di apprendimento.

*ATTENZIONE: il livello iniziale descrive una padronanza minima, ma va comunque compilato in modo positivo, evidenziando cosa lo studente mostra e non cosa non ha raggiunto. È utile usare espressioni come: “se opportunamente guidato”, “con l’aiuto di facilitatori”, “con l’aiuto di domande guida”, “se sollecitato”, “su obiettivi minimi”, “sui contenuti fondanti”.

Guida pratica alla certificazione delle competenze

Lessico delle competenze

Valutare e certificare

Un caso esemplare di certificazione delle competenze è costituito dalla certificazione linguistica, che si propone come strumento che garantisce le abilità linguistiche possedute. Un esame di certificazione “fotografa il livello di competenza in lingua straniera posseduto dagli apprendenti” prescindendo dalle metodologie didattiche o dai percorsi di apprendimento adottati per raggiungere un determinato livello (Machetti S. et al., Valutare e certificare l’italiano di stranieri, Guerra Edizioni 2003).

Gli esami per la certificazione linguistica sono composti da una pluralità di prove di diverso tipo: a risposta chiusa, a risposta costruita e di prestazione, in forma scritta o orale. Per poter riconoscere il profilo del livello raggiunto le prove sono contestualizzate in una complessità di situazioni.

La certificazione linguistica indica le condizioni necessarie e sufficienti per qualsiasi tipo di certificazione mediante prove:

  1. la terzietà di chi certifica (ovvero dell’ente certificatore accreditato, a garanzia dell’oggettività valutativa)
  2. la validità degli strumenti usati per certificare (ovvero la capacità effettiva delle prove e degli item usati di valutare ciò che si intende esaminare, nelle diverse accezioni di validità di contenuto, cognitiva, criteriale, di correzione ecc.)
  3. la preventiva definizione degli standard di competenza universalmente riconosciuti.

Queste tre condizioni non sembrano essere rispettate all’interno della scuola, perché:

  1. gli insegnanti chiamati a certificare non sono terzi, ma sono direttamente implicati nella formazione delle competenze che dovrebbero certificare
  2. le prove e gli item non sono sottoposti al vaglio della validità e della affidabilità
  3. gli standard di conoscenza, di abilità e di competenza non sono a tutt’oggi né predefiniti né condivisi.

Ciò significa che nella scuola non è possibile certificare? Al contrario, è possibile certificare i traguardi di competenza raggiunti, nelle discipline e nelle competenze trasversali; ma è improprio certificare solo mediante prove docimologiche.

È necessario invece individuare e costruire dispositivi che permettano di utilizzare le usuali forme di osservazione, di verifica e di valutazione sia per valutare le competenze sia per certificare i traguardi di competenza raggiunti.
Non si tratta di tradurre i voti della pagella in livelli di competenza, ma di usare gli indicatori e i descrittori impiegati per valutare anche per certificare. Lo scopo della valutazione, ossia attribuire senso e valore per regolare gli apprendimenti, è diverso dallo scopo della certificazione, che è dichiarare universalmente lo stato reale delle competenze. Ma in entrambe, valutazione e certificazione, l’oggetto è il medesimo: la competenza.

Ad esempio, volendo certificare le competenze relazionali e sociali degli studenti, la loro capacità di mettersi in gioco e di trasmettere in contesti diversi le conoscenze apprese usando la madrelingua, l’insegnante è chiamato a progettare un percorso di apprendimento che tenga conto da un lato di veicolare contenuti disciplinari nuovi per la classe e significativi per la disciplina e dall’altro di offrire modalità di lavoro e stimoli diretti per lo sviluppo delle abilità relazionali e comunicative. Alla fine del percorso, i due livelli saranno completamente integrati all’interno di una performance o di un oggetto dove si esplicita il livello di competenza che potrà essere certificato.
Tuttavia, nelle diverse fasi di lavoro, sarà anche possibile e opportuno attivare delle occasioni di verifica (di tipo prevalentemente strutturato) e valutazione relativamente all’aspetto contenutistico e delle abilità, con valenza valutativa per il profitto disciplinare e formativa per il monitoraggio dell’andamento del percorso stesso.
Se organizzo con i miei studenti una rievocazione storica sotto forma di spettacolo teatrale, dovrò, durante il lavoro, accertarmi che le informazioni storiche alla base della rappresentazione siano state assimilate in modo completo e corretto.

Si può certificare la competenza (‘fotografarla’) soltanto se si può valutarla (riconoscerne il valore e le potenzialità) e si può valutarla soltanto se si insegna e si apprende per competenze. Lo strumento più valido che accomuna tutti questi processi (insegnare e apprendere, valutare e certificare) è il compito di realtà.