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 Forum D – Unità D6

I diritti reali di godimento su cosa altrui

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Come è regolato il diritto di superficie?
La superficie è il diritto di fare e mantenere una costruzione sopra (o anche sotto) il suolo altrui, acquistando la proprietà della costruzione ma non del suolo.

Premettiamo due importanti osservazioni:

– la prima è che l’istituto contiene una evidente deroga al principio dell’accessione, in base al quale il proprietario del suolo diviene proprietario anche di ciò che vi è stato incorporato;

-la seconda osservazione riguarda la figura del proprietario del suolo: che interesse può avere costui a mantenere la proprietà di un terreno stabilmente occupato da una costruzione altrui?
Non sarebbe più logico vendere il fondo a chi vuole costruirvi?

La verità è che questo istituto torna utile proprio quando il suolo non è alienabile. Ad esso si ricorre, generalmente, per consentire la costruzione sul suolo pubblico di stazioni per il rifornimento di carburante, di chioschi, di edicole di giornali, di stabilimenti balneari, di abitazioni popolari, ecc.

Naturalmente nulla vieta che si costituisca un diritto di superficie anche su terreni privati. In questi casi l’interesse del proprietario del suolo può essere soddisfatto dalla pattuizione di un canone periodico in suo favore e dal fatto che, alla scadenza del diritto di superficie, egli diverrà automaticamente proprietario anche della costruzione.

Gli artt. 952-956 c.c., che regolano l’istituto, dispongono sostanzialmente che:

– si può costituire diritto di superficie per contratto, per testamento o per usucapione;

– si può alienare la proprietà della costruzione separatamente da quella del suolo e viceversa. Essendo la superficie un diritto reale, chi acquista il suolo lo acquista gravato da tale diritto;

– la durata può essere perpetua o temporanea. In quest’ultimo caso, quando scade il diritto di superficie finisce anche la deroga al principio dell’accessione e il proprietario del suolo diventa proprietario anche della costruzione;

– il diritto di superficie si prescrive se la costruzione non viene eseguita entro 20 anni.

L’origine del diritto di superficie
I casi in cui trova impiego il diritto di superficie (installazione di distributori di carburante, di chioschi bar, ecc.) può lasciar credere che si tratti di una recente creazione del diritto. In realtà questo istituto ha fatto la sua comparsa nel diritto romano già in epoca repubblicana quando, in cambio di un corrispettivo, veniva concesso ai cambiavalute di installare casupole nel foro con l’intesa che il suolo restava pubblico mentre la costruzione era di proprietà del
concessionario, il quale aveva anche la facoltà di alienarla ad altri.

Come è regolato l’uso
L’uso, per quanto dispone l’art. 1021 c.c., è il diritto di servirsi di una cosa e, se è fruttifera, di raccogliere i frutti nella quantità occorrente ai bisogni propri e della propria famiglia.

Il diritto di uso, come precisa l’art. 1024 c.c., non è cedibile ad altri.

La differenza con l’usufrutto è notevole. Nel diritto di uso, infatti, il titolare può utilizzare il bene, ma non può alienare il suo diritto e può appropriarsi dei frutti solo in quantità limitata.

Come è regolata l’abitazione
L’abitazione, per quando dispone l’art. 1022 c.c., è il diritto di abitare una casa limitatamente
ai bisogni propri e della propria famiglia.
Si tratta, come appare evidente, di un diritto ancora più limitato rispetto all’uso.
Che cosa è l’enfiteusi
L’enfiteusi è il diritto di godere di un fondo altrui con l’obbligo di migliorarlo e di pagare un canone periodico al concedente.

Il termine enfiteusi è di origine greca e significa piantagione.

Gli artt. 957-977 c.c. che regolano l’istituto, dispongono sostanzialmente che:

  • l’enfiteusi può essere perpetua o a termine, ma in quest’ultimo caso la durata non può essere inferiore a 20 anni. Perché? Perché chi ha migliorato il fondo deve avere anche il tempo di godere i frutti del proprio lavoro;
  • oggetto di enfiteusi possono essere sia terreni agricoli che immobili urbani;
  • si costituisce per contratto, per testamento o per usucapione;
  • l’enfiteuta può affrancare il fondo, cioè diventarne proprietario, pagando una somma pari a quindici volte il canone annuale;
  • il concedente, per contro, può chiedere la devoluzione, cioè la restituzione del fondo, se l’enfiteuta non lo migliora oppure non paga il canone per almeno due anni

 

L’istituto era piuttosto diffuso nel Medioevo, allorché i signori concedevano in enfiteusi ai contadini le terre più impervie e quando queste erano diventate produttive, se ne riappropriavano per lo scadere dell’enfiteusi. Oggi l’istituto è scarsamente utilizzato benché si sia tentato più volte di rivitalizzarlo.