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 Il contesto sociale: la scuola come luogo di vita

L’educazione alla convivenza implica in primo luogo la capacità di relazionarsi agli altri. Ma perché questo sia possibile è necessario che la scuola sia un luogo, non un non-luogo dove si va perché obbligati.

Gli antropologi danno una definizione molto precisa di «luogo»: si tratta di «uno spazio simbolizzato in cui le identità personale e collettiva prendono forma espletandosi in attività tipiche di una certa cultura» scrive l’antropologo Mare Augé nel suo volume Non-lieux (1990). Il luogo non ha soltanto una dimensione fisica, esso attribuisce ruoli, identità e senso storico.

Il contrario di luogo è il "non-luogo", privo di questa significatività. Un non-luogo è uno spazio fisico ma non «un luogo storico carico di significati»; esso è anche uno spazio in cui gli individui perdono temporaneamente la loro identità e ne acquistano una provvisoria: a seconda del contesto si può essere viaggiatore, cliente ma non il signor Tal dei Tali. Nel non-luogo – che può essere una stazione, un aeroporto, un supermercato e qualche volta anche una scuola – si è di passaggio, ci si sente omologati e spersonalizzati. Ci si sente più numero che persona. I luoghi invece li sentiamo nostri, ci soggiorniamo, ci danno identità.

Quali devono essere le caratteristiche di un ambiente scolastico che meriti l’appellativo di «luogo di vita»?

Perché la scuola (o la classe) sia un luogo di vita reale e affinché non ci sia soltanto una pseudo-adesione alle regole ma una reale e convinta condivisione, sono necessarie queste caratteristiche:
Appartenenza: lo spazio in cui ci si incontra deve essere sentito come proprio. C’è un sentimento di appartenenza individuale e collettivo. In rapporto a questo luogo io ho anche dei sentimenti di diritti e doveri.

• Il concetto di luogo di vita implica una durata. Non è sufficiente svolgere delle attività in gruppo bisogna che questo stare insieme duri nel tempo. L’idea di luogo di vita è associata a quella di un percorso di vita insieme, anche se non ci sono dei limiti di tempo precisi, l’unità di tempo di un tale percorso è l’anno scolastico.

• Vivere insieme significa conoscersi e riconoscersi. Provare dei sentimenti gli uni per gli altri di affinità, di differenza, di simpatia, di collaborazione o anche di opposizione. Ci si conosce uno per uno. Non ci si sente anonimi.

• Vivere insieme implica che la persona è presa in considerazione nella sua totalità. Se soltanto un parte di me è coinvolta, non ho il sentimento di appartenere ad un "luogo". Se a scuola sono soltanto uno scolaro e non anche una persona con le sue caratteristiche e la sua storia, la vita vera sarà altrove.

• Vivere insieme significa crescita e sviluppo della persona. Un luogo di vita è tale se è sinonimo di trasformazione nel senso di accrescimento di conoscenze, di comportamenti, del proprio essere in generale.

• Vivere insieme è qualcosa che dà senso all’esistenza. La scuola diventa luogo di vita se non si limita soltanto a dare un’istruzione, ma consente anche di comunicare, di costruire insieme.

Quando si è bene inseriti nella classe e si scoprono in essa le regole del vivere sociale si può anche partecipare alla vita più vasta della città-scuola partecipando (a turno) ai consigli di classe, eleggendo dei delegati per affrontare tematiche e iniziative che riguardano tutta la scuola, partecipando ad attività culturali comuni, ecc. l’importante è che nessuno si cristallizzi in un ruolo, ma possa viverne diversi nel corso degli anni. Per realizzare una democrazia completa bisogna infatti che le cariche siano a rotazione e le minoranze riconosciute e rispettate. Bisogna anche sapere che il conformismo è sempre latente all’interno di un gruppo e che riuscire a mantenere il proprio senso critico è fondamentale.

Tratto da: A. Oliverio, A. Oliverio Ferraris Il mondo delle scienze sociali, Zanichelli, 2000