Unione europea e Spazio Schengen

Scheda

Crisi della Grecia e dell’euro

Fra il 2010 e il 2012 l’Europa deve affrontare un grave problema, che mette in evidenza alcune fragilità dell’Unione e dell’euro: in sostanza, l’assenza di un’azione unitaria di politica economica e finanziaria dell’Europa (vedi Cronologia dell'euro).

Da tempo i conti pubblici della Grecia erano fuori controllo: per effetto della crisi mondiale, ma anche per alcune scelte di spesa pubblica del centro-destra al governo fino al 2009, per l’elefantiasi del settore pubblico, per l’alto livello di evasione fiscale e di corruzione e, non ultimo, per le spese connesse allì'organizzazione delle Olimpiadi del 2004. Emerge anche il fatto che, per ottenere l’ingresso nella «zona euro», sono stati falsati i dati di bilancio e che i controlli delle agenzie internazionali non sono stati effettuati seriamente.

In base a un articolo del Trattato di Lisbona (entrato in vigore nel dicembre 2009) che vieta l’aiuto diretto a paesi in difficoltà economica, l’Unione europea rinuncia, in un primo tempo, a intervenire. Vi sono infatti altri stati con i conti in affanno: in particolare quelli che rientrano nella sigla “Pigs” (oltre alla Grecia, il Portogallo, l’Irlanda e la Spagna, ma qualcuno aggiunge una seconda "i" per l'Italia), che hanno un alto rapporto fra deficit e PIL.

Un intervento viene deciso, in situazione di emergenza, solo dopo una serie di eventi concomitanti: il declassamento dei titoli pubblici emessi dalla Grecia, il crollo delle borse europee e il deprezzamento drastico dell’euro rispetto al dollaro. Si parla addirittura della possibilità che la moneta unica sia a rischio di sopravvivenza, o comunque che la Grecia sia costretta a uscire dall'eurogruppo.

Nel maggio 2010 i governi europei decidono un intervento di grande impegno a favore della Grecia, ma soprattutto – per contrastare la speculazione finanziaria e le difficoltà della borsa – concordano una serie di misure che dovrebbero fronteggiare i possibili focolai di crisi e rassicurare i mercati: un fondo d’intervento di 750 miliardi di euro, un’azione concordata delle banche centrali e la possibilità di acquisto diretto da parte della Banca centrale europea dei titoli emessi dai paesi in crisi. Negli anni successivi l'Europa interviene più volte con l'aiuto finanziario, richiedendo alla Grecia interventi drastici sulle spese e sugli organici della pubblica amministrazione e sul ridimensionamento delle prestazioni dello stato sociale.

In tutti i paesi europei dall'economia più debole (e fra questi l'Italia) vengono impostate manovre di bilancio che richiedono sacrifici ai cittadini e, in particolare, riducono la spesa nel settore pubblico. Emerge tuttavia evidente la necessità di un controllo autorevole dei requisiti finanziari e di politica economica dei paesi dell’euro.