Manlio Dinucci
Il sistema globale seconda edizione - Geografia del sistema globale
Zanichelli Editore

  Le cause delle alluvioni (novembre 2000)

modulo G: Impatto ambientale (Il sistema globale seconda edizione)
modulo F: Impatto ambientale (Geografia del sistema globale)

L'alluvione che nell'ottobre 2000 ha colpito una vasta area del bacino padano – comprendente la Valle d'Aosta e parte del Piemonte (soprattutto la provincia di Torino) e della Lombardia – ha riportato in primo piano la questione del rischio idrogeologico.

Comuni colpiti alluvione ottobre 2000

Secondo la mappa del territorio nazionale realizzata dal ministero dell'Ambiente, 1173 comuni (il 14,5% del totale) sono esposti a rischio idrogeologico molto elevato e 2498 (il 30,8%) a rischio idrogeologico elevato.

Ciò significa che, sui circa 8100 comuni italiani, ben 3671 – il 45,3% del totale – sono soggetti a rischio molto elevato o elevato di alluvioni, frane e valanghe (limitatamente alle Alpi centro-occidentali).

Guida questa preoccupante classifica la Lombardia, regione nella quale sono esposti a rischio 687 comuni (il 44,4% del totale). Tra questi, 279 (il 18%) sono esposti a rischio molto elevato.

Segue il Piemonte con 651 comuni (il 53,8% del totale) a rischio, dei quali 119 (il 9,8%) a rischio molto elevato.

Al terzo posto è la Campania, dove sono a rischio 291 comuni (il 52,8% del totale), 144 dei quali (il 26,1%) a rischio molto elevato.

Nella classifica delle regioni con le più alte percentuali di comuni a rischio idrogeologico molto elevato ed elevato, si pone al primo posto l'Umbria con l'89,1%, seguita dalla Basilicata e dal Molise rispettivamente con l'87% e l'86%. Quest'ultima regione ha la più alta percentuale di comuni a rischio molto elevato: il 51,5%.

L'alluvione dell'ottobre 2000 – così come quelle che hanno colpito la Sardegna nel 1986, la Lombardia nel 1987, la Toscana nel 1991 e 1994, la Liguria nel 1992, 1993 e 1994, il Piemonte nel 1994, la Calabria nel 1996, la Campania nel 1998 – è stata dunque una catastrofe annunciata.

La forte intensità delle precipitazioni a carattere ciclonico (in tre giorni sono caduti in media 400 millimetri di pioggia) non è la sola causa di quanto è avvenuto in quest'area del bacino padano dove, in seguito all'alluvione, sono morte decine di persone e sono state distrutte o lesionate centinaia di abitazioni e infrastrutture, con un danno stimato in oltre 11000 miliardi di lire.

Alluvione ottobre 2000 in Italia Settentrionale

Se la pioggia ha provocato tali danni è perché la situazione idrogeologica del bacino padano (come mostra la mappa del ministero dell'Ambiente) è gravemente deteriorata. Ciò è dovuto in primo luogo a cause antropiche.

L'impermeabilizzazione del territorio – in seguito alla costruzione di edifici, strade e altre opere murarie – ha diminuito la capacità del suolo di trattenere le acque e rallentarne la corsa verso i fiumi e, attraverso questi, verso il mare.

Tale capacità è stata ulteriormente ridotta dal diboscamento che, sia nelle valli interne sia nelle pianure, ha eliminato gran parte delle barriere vegetali naturali in grado di rallentare il flusso delle acque.

A causa di queste trasformazioni del territorio, quando si verificano forti precipitazioni l'acqua scende a valle più velocemente riversandosi in minor tempo nei torrenti e fiumi e provocando, di conseguenza, repentine e violente onde di piena.

La situazione è resa ancora più critica dal fatto che gli alvei di fiumi e torrenti sono stati ristretti da opere di canalizzazione che, eliminando in certi tratti anche le sinuosità naturali, aumentano la velocità della corrente. Vi contribuisce anche l'eccessiva escavazione di sabbia e ghiaia dai letti dei fiumi.

Ponte danneggiato dalla piena

Si sono ridotte, allo stesso tempo, le aree di espansione naturale dei fiumi e dei maggiori torrenti, che sono state in gran parte destinate a insediamenti civili e industriali, restringendo i corsi d'acqua in ambiti artificiali le cui difese non sono in grado di contenere l'onda di piena nei casi di precipitazioni molto intense.

La situazione è resa ancora più critica dalle frane che, oltre a causare gravi danni in loco, aumentano fortemente la quantità di materiale trasportato dall'acqua, accrescendo l'impatto distruttivo delle alluvioni sia nelle valli interne sia nelle pianure.

Le frane e tutti i processi di erosione dei versanti sono un fenomeno naturale che produce l'indispensabile apporto di sedimenti per la formazione delle pianure alluvionali, nelle quali si concentra la maggior parte delle attività e degli insediamenti umani.

E' stato, anche in questo caso, un sovradimensionato o comunque errato uso del territorio a trasformare il naturale processo di modellamento della superficie terrestre in una calamità "naturale".

La costruzione di insediamenti civili e industriali in dimensioni eccessive o in luoghi non idonei, l'apertura di un sempre maggior numero di vie di comunicazione, il crescente diboscamento, le pratiche agricole nuove non sufficientemente sperimentate hanno innescato o accelerato processi di degrado dei versanti dalle conseguenze catastrofiche.

Poiché si prevede una intensificazione delle precipitazioni a carattere ciclonico, in seguito ai cambiamenti climatici indotti o accelerati dall'effetto-serra (anch'esso di origine antropica), diviene sempre più urgente l'opera di prevenzione delle alluvioni.

Essa richiede una attenta pianificazione dell'uso del territorio e una effettiva applicazione dei piani di assetto idrogeologico, spesso rallentati o bloccati da interessi di carattere settoriale.

Solo con la prevenzione si può evitare che le alluvioni e altre calamità provochino un così alto numero di vittime e danni così ingenti.

Basti pensare che, solo per riparare tali danni, si sono spesi in Italia negli ultimi tre decenni 210mila miliardi di lire.

 

SITI PER LA RICERCA SU INTERNET

L'Irpi (Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica nel bacino padano), facente parte del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), ha redatto un rapporto sull'Evento del 14-15 ottobre 2000 in Piemonte e Valle d'Aosta. Si trova nel sito http://www.irpi.to.cnr.it .

 
 


 

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