Manlio Dinucci
Zanichelli Editore |
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Le riserve petrolifere del Golfo (febbraio 2003) modulo F: Scelte energetiche
(Il sistema globale seconda edizione)
Due terzi delle riserve petrolifere mondiali, economicamente sfruttabili, si trovano nel Golfo persico.
L’Arabia saudita possiede le maggiori riserve accertate del mondo, stimate in circa 260 miliardi di barili che, agli attuali ritmi di sfruttamento, dovrebbero durare circa 85 anni.
Al secondo posto vengono quelle irachene, consistenti in 112 miliardi di barili, che, agli attuali ritmi di sfruttamento, dovrebbero durare oltre un secolo.
Al terzo e quarto posto sono le riserve degli Emirati arabi uniti e del Kuwait, stimate ciascuna in quasi 100 miliardi di barili, che dovrebbero durare anch’esse oltre un secolo.
Al quinto posto è l’Iran, con circa 90 miliardi di barili, la cui durata viene stimata in circa 65 anni.
Molto minori, anche se non trascurabili, sono le riserve del Qatar, dell’Oman e dello Yemen.
Dal petrolio del Golfo dipendono già oggi, in notevole misura, i paesi industrializzati: il Giappone, per l’81% delle sue importazioni petrolifere; l’Europa, per il 30%; gli Stati uniti per il 24%.
Secondo le proiezioni, la dipendenza dei paesi industrializzati e di quelli in via di industrializzazione dal petrolio del Golfo è destinata a crescere, man mano che il calo delle riserve di altre regioni farà crescere i costi di estrazione e di conseguenza il prezzo del loro petrolio.
Emblematico è il caso degli Stati uniti, il paese con la maggiore economia del mondo, che, con una popolazione equivalente al 4,6% di quella mondiale, consuma il 25,5% della produzione mondiale di greggio. Pur essendo i secondi produttori petroliferi dopo l’Arabia saudita, essi dipendono sempre più dalle importazioni, che oggi coprono circa il 60% del loro fabbisogno.
Le riserve statunitensi, secondo le stime ufficiali governative della Energy Information Administration (Eia), sono calate del 20% dal 1990 al 2002, scendendo a circa 22 miliardi di barili. Agli attuali ritmi di sfruttamento – stima la Bp nella sua Statistical Review of World Energy 2002 – dureranno solo 11 anni.
Gli Stati uniti hanno quindi bisogno di importare sempre più petrolio, ma a prezzi bassi. «Un fattore che può danneggiare la ripresa economica statunitense – sottolinea la Eia – sono gli alti prezzi petroliferi». Nella stessa situazione si trovano gli altri paesi industrializzati e quelli in via di industrializzazione, che basano i loro consumi energetici in gran parte sul petrolio.
Da qui l’importanza delle riserve del Golfo, che permettono di produrre petrolio a prezzi relativamente bassi.
Tale importanza è accresciuta dalla recente scoperta di altri giacimenti, soprattutto nel deserto occidentale iracheno. Secondo le stime della Energy Information Administration del governo statunitense, esse ammontano a circa 220 miliardi di barili. Ma, valuta la Eia, «dato che il paese è rimasto relativamente inesplorato a causa di anni di guerra e sanzioni, esse possono essere molto maggiori».
Le riserve complessive dell’Iraq dovrebbero essere quindi, come minimo, di 332 miliardi di barili. Ciò significa che non sarebbe l’Arabia saudita ma l’Iraq il paese con le maggiori riserve petrolifere del mondo.
Nel deserto occidentale iracheno sono state scoperte anche altre riserve di gas naturale, stimate in almeno 4.250 miliardi di metri cubi, le quali, aggiunte ai 3.100 già accertati, porterebbero l’Iraq dal nono al quarto posto mondiale tra i paesi con le maggiori riserve.
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Nel sito della Energy Information Administration del governo statunitense,
http://www.eia.doe.gov/, sono disponibili dati aggiornati sulle riserve petrolifere dei diversi paesi.
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Manlio
Dinucci - Il sistema globale seconda edizione - Geografia del sistema globale:
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