Manlio Dinucci
Zanichelli Editore |
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La crisi del dollaro (febbraio 2005) modulo B: Dinamiche economiche (Il sistema globale seconda edizione)
Il deprezzamento del dollaro statunitense nei confronti dell'euro e di altre monete è, secondo molti economisti, indice di un fenomeno di più vasta portata: l'indebolimento della posizione del dollaro quale moneta dominante nelle riserve e negli scambi internazionali.
Dalla metà degli anni Settanta a oggi, la percentuale in dollari nelle riserve mondiali è calata dall'80% al 65%.
Nei depositi bancari dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Algeria, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Qatar, Venezuela) la percentuale in dollari è scesa, dal 2001 a oggi, dal 75% al 61,5%.
Il calo, documentato dalla Banca dei regolamenti internazionali, è dovuto al fatto che "le banche centrali mediorientali hanno spostato le loro riserve dal dollaro all'euro". In tal modo esse si preparano ad "abbandonare il dollaro quale moneta unica per il pagamento delle esportazioni petrolifere" (Financial Times, 6 dicembre 2004).
Diminuendo l'uso del dollaro quale moneta nelle riserve e negli scambi internazionali, è calata la domanda di dollari sul mercato valutario.
Ciò ha determinato un calo nella quotazione della moneta statunitense, ossia nel prezzo al quale essa viene scambiata con le monete di altri paesi.
L'euro invece, essendo più richiesto sul mercato valutario, dagli inizi del 2002 ha avuto un apprezzamento del 35% sul dollaro.
Nell'immediato, il deprezzamento del dollaro favorisce gli Stati Uniti, in quanto rende più competivi i loro prodotti sui mercati internazionali e alleggerisce gli interessi sul loro debito estero.
A più lungo termine, però, tale fatto comporta pesanti conseguenze per l'economia statunitense e vaste ripercussioni nell'economia mondiale
Facendo leva sul dollaro quale moneta internazionale dominante, gli Stati Uniti possono consumare più di quanto producono: importano merci per un valore superiore di oltre l'80% a quello delle merci che esportano.
Hanno di conseguenza un crescente deficit nella bilancia commerciale (comprendente anche l'import ed export di servizi commerciali): nel 2004 tale deficit ha raggiunto, su base annua, il livello record di 617,7 miliardi di dollari, registrando un aumento del 24,4% rispetto a quello dell'anno precedente.
Nonostante ciò, gli Stati Uniti possono continuare ad aumentare le importazioni in quanto possono pagare merci e servizi con la moneta che essi stessi emettono.
Si aggiunge a questo il fatto che il debito nazionale statunitente (l'ammontare del denaro dovuto dal governo) ha superato i 7600 miliardi di dollari, equivalenti a circa i due terzi del reddito nazionale lordo, e aumenta di 1,7 miliardi al giorno.
Gli Stati Uniti possono reggere questo enorme deficit grazie al flusso di investimenti, provenienti dal resto del mondo, sotto forma di acquisto negli Usa di titoli di stato, di obbligazioni emesse da enti pubblici e società private, di azioni e altri tipi di investimento.
In seguito a tali investimenti, la percentuale di buoni del Tesoro statunitensi posseduti da banche straniere e altri investitori internazionali è aumentata negli ultimi dieci anni dal 18% al 43%.
E' questo flusso di capitali stranieri investiti negli Usa che, facendo crescere la domanda di dollari sul mercato valutario, mantiene alta la quotazione della moneta statunitense.
Ciò controbilancia la tendenza al ribasso dovuta al fatto che gli Usa, per pagare le importazioni, immettono sul mercato internazionale più dollari di quanti vengono acquistati dagli altri paesi per pagare le importazioni di merci e servizi statunitensi.
Si calcola che i creditori stranieri abbiano in mano titoli di stato e altri investimenti negli Stati Uniti per l'ammontare di circa 11.000 miliardi di dollari.
Se la moneta statunitense continuerà a deprezzarsi, essendo meno richiesta sui mercati valutari internazionali, i creditori stranieri rischiano però di veder diminuire il valore reale dei loro titoli di credito e degli altri investimenti in dollari.
Per questo – si avverte nel rapporto World Economic Situation and Prospects 2005, pubblicato dalle Nazioni Unite nel gennaio 2005 – il continuo deprezzamento del dollaro può danneggiare anche le economie dell'Europa e del Giappone.
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Nel sito della Federal Reserve degli Stati Uniti si trovano le quotazioni del dollaro nei confronti dell'euro.
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