Manlio Dinucci
Zanichelli Editore |
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La «guerra degli oleodotti» (gennaio 2006)
modulo F: Scelte energetiche (Il sistema globale seconda edizione)
Quando nel 1991 l’Unione Sovietica si è disgregata, le riserve petrolifere della regione del Caspio sono passate, oltre che alla Federazione Russa, ad altre tre ex repubbliche sovietiche: Azerbaigian, Kazakistan e Turkmenistan.
Le riserve petrolifere accertate di queste tre repubbliche, stimate nel 2005 in 47 miliardi di barili complessivi, sono molto inferiori a quelle del Medio Oriente (734 miliardi di barili), ma superiori a quelle degli Stati Uniti (29,4 miliardi).
Per la loro spartizione sono esplosi nella regione vari conflitti, anche armati.
Contemporaneamente, attorno a tali riserve, si è accesa una forte competizione tra compagnie petrolifere statunitensi, europee, russe, giapponesi e altre, sostenute dai rispettivi governi.
In tale contesto è iniziata la «guerra degli oleodotti», per decidere attraverso quali «corridoi energetici» il petrolio del Caspio deve essere trasportato fino ai paesi consumatori.
L’oleodotto Baku-Ceyhan, il cui costo è di 4 miliardi di dollari, segue un tracciato di 1770 km che aggira la Russia a sud.
A controllare il greggio – che verrà pompato dal Caspio al Mediterraneo nella misura di 1 milione di barili al giorno nel 2007 – è un consorzio (di cui fa parte anche l’italiana Eni) con a capo la compagnia anglo-statunitense Bp.
Nel dicembre 2005, appena sette mesi dopo l’inaugurazione dell’oleodotto Baku-Ceyhan, è stato aperto un altro corridoio: questo però porta il petrolio del Caspio non a occidente ma a oriente.
Il nuovo oleodotto, realizzato dalla compagnia statale cinese China National Petroleum Corp. (Cnpc), collega il Kazakistan alla Cina con un percorso di 962 km e ha una capacità iniziale di 200 mila barili giornalieri.
La compagnia cinese Cnpc ha acquistato nell’ottobre 2005 (con una offerta di oltre 4 miliardi di dollari) la compagnia canadese PetroKazakhstan, che si era assicurata i diritti di sfruttamento di grosse riserve petrolifere in Kazakistan.
In tal modo la Cina ha avuto accesso alle riserve petrolifere kazake, stimate nel 2005 in quasi 40 miliardi di barili: molto superiori a quelle dell’Azerbaigian (7 miliardi di barili) e al secondo posto, nell’area dell’ex Urss, dopo quelle della Russia (72 miliardi di barili).
L’oleodotto orientale inaugurato nel dicembre 2005 rientra in un progetto molto più ampio: una volta terminato il tratto Kenkiyak-Kumkol, sarà possibile pompare un milione di barili al giorno (quasi la capacità dell’oleodotto Baku-Ceyhan) dal Kazakistan alla Cina.
Attraverso lo stesso oleodotto passerà anche petrolio russo diretto alla Cina.
Si delinea quindi una sempre più forte competizione internazionale attorno al petrolio del Caspio, i cui effetti si ripercuoteranno anche sul piano politico e militare come sta avvenendo in Medio Oriente.
Nella regione del Caspio, e in maggior misura in quella del Golfo, si trova il petrolio più facilmente estraibile e quindi meno caro.
Queste riserve petrolifere divengono quindi sempre più preziose, man mano che vanno esaurendosi quelle di altre regioni del mondo.
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Occorre infatti tener presente che il petrolio è una risorsa non rinnovabile. Ogni giacimento può essere sfruttato fino a un massimo equivalente a circa la metà della consistenza originaria del giacimento («picco di Hubbert»).
Superato il «picco» in un giacimento, occorre sempre più energia per estrarre petrolio. Quando per estrarre un barile di petrolio occorre energia equivalente a un barile di petrolio, non conviene più estrarlo.
Il «picco» della produzione petrolifera del pianeta viene collocato verso il 2015.
Ma, nonostante ciò, nel mondo si estrae e consuma sempre più petrolio: la produzione mondiale di greggio è passata da 67 milioni di barili al giorno nel 1994 a oltre 80 nel 2004 (+ 19,5%).
Gli Stati Uniti, con una popolazione equivalente a circa il 4,5% di quella mondiale, consumano il 25% del petrolio usato nel mondo. Poiché consumano il 65% in più di quello che producono, devono importarlo in quantità crescenti.
Non sono però solo gli Stati Uniti ad avere bisogno di petrolio. L’Europa ne consuma il 60% in più di quello che produce; il Giappone non ne produce affatto e dipende quindi interamente dall’importazione.
Anche la Cina e l’India, potenze economiche emergenti, dipendono in misura crescente dalle importazioni: nel 2005, rispettivamente per il 43% e il 68% del fabbisogno.
La crescente domanda e i meccanismi speculativi hanno determinato negli ultimi anni un forte aumento del prezzo del petrolio che, nel 2005, è cresciuto del 40% superando i 60 dollari al barile.
I prezzi del petrolio e dei suoi derivati non dipendono però solo da fattori contingenti. Oltre a questi, vi è un fattore di fondo che sempre più influirà sui prezzi: il crescente calo delle riserve petrolifere mondiali, che rende sempre più difficoltosa e costosa l’estrazione.
Da qui la «guerra degli oleodotti» per lo sfruttamento del petrolio del Caspio, espressione della crescente competizione, accompagnata da tensioni e conflitti, attorno alle ultime preziose riserve di «oro nero».
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Nel sito della BP http://www.bp.com/home.do?categoryId=1 si trovano dati aggiornati sulle riserve, la produzione e i consumi di petrolio.
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Dinucci - Il sistema globale seconda edizione - Geografia del sistema globale:
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