Manlio Dinucci
Il sistema globale seconda edizione - Geografia del sistema globale
Zanichelli Editore

  Occupazione e salari nell’Unione europea (maggio 2006)

modulo B: Dinamiche economiche (Il sistema globale seconda edizione)
modulo A: Dinamiche geoeconomiche (Geografia del sistema globale)

Nell’Unione europea dei 25 (UE-25) e nei due paesi candidati ad esservi ammessi nel 2007 (Bulgaria e Romania), risultano occupati complessivamente circa 210 milioni di persone.

Ciò significa che sono occupate in media circa sei persone su dieci in età lavorativa (tra i 15 e i 64 anni).

Il tasso di occupazione, ossia la percentuale di occupati (uomini e donne) nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni, varia da paese a paese: ad esempio, mentre in Svezia supera il 73%, in Polonia non raggiunge neppure il 52%.

In tutti i paesi della UE il tasso di occupazione è più basso tra le donne che tra gli uomini.

In Italia, tra le donne di età compresa tra i 15 e i 64 anni, quelle occupate sono 45 su cento (uno dei livelli più bassi nella UE), mentre tra gli uomini della stessa fascia di età quelli occupati sono 70 su cento.

Tale differenza è dovuta al fatto che, in genere, sono le donne ad assumersi i maggiori compiti nella cura dei figli e degli anziani e a effettuare la maggior parte del lavoro domestico. Ciò rende loro più difficile svolgere un lavoro retribuito all’esterno della famiglia.

La maggioranza degli occupati nella UE (circa il 66%) lavora nei servizi, ossia in attività economiche non destinate alla produziome. Al secondo posto è l’industria (con il 29%). Al terzo (con il 5%), l’agricoltura.

La distribuzione del numero complessivo di occupati fra questi tre settori economici varia da paese a paese.

Ad esempio, mentre in Gran Bretagna è impiegato nell’agricoltura appena l’1% degli occupati, in Romania tale percentuale supera il 33%.

In media circa 16 occupati su cento lavorano in proprio, mentre 84 su cento sono lavoratori dipendenti.

Tra gli occupati, in media 18 su cento (secondo statistiche relative alla UE-25) svolgono un lavoro part-time, ossia a orario ridotto rispetto a quello normale, e ricevono quindi un salario ridotto.

Altri 13 su cento hanno un lavoro temporaneo, ossia a orario e salario normale ma con contratto a termine in cui è stabilita una determinata scadenza del rapporto di lavoro (ad esempio dopo tre mesi, sei mesi o un anno).

Ciò significa che, nell’Unione europea, quasi un terzo degli occupati non ha un lavoro a tempo e salario pieno e di carattere permanente.

Sono principalmente le donne a trovarsi in tale situazione: tra quelle occupate, in media 32 su cento hanno un lavoro part-time, mentre tra gli uomini la percentuale è di 7 su cento. Molte donne sono infatti costrette a scegliere un lavoro a orario ridotto per potersi occupare anche della famiglia.

Nei venticinque paesi della UE e nei due candidati Bulgaria e Romania vi sono quasi 20 milioni di disoccupati. Il tasso medio di disoccupazione è di circa il 9%: ciò significa che, su cento persone in età lavorativa che risultano occupate o in cerca di occupazione (forze di lavoro), in media nove non riescono a trovare lavoro.

Il tasso di disoccupazione varia notevolmente da paese a paese: dal 17% in Polonia scende al 4% in Irlanda.

Anche i livelli salariali variano notevolmente da paese a paese: ciò significa che, a pari qualifica e produttività, i lavoratori ricevono salari più alti o più bassi a seconda del paese in cui vivono.

I salari più bassi sono quelli dei paesi dell’Europa orientale. Ad esempio, nell’industria e nei servizi il salario medio della Bulgaria è oltre venticinque volte inferiore a quello della Danimarca.

Ciò spiega perché un numero crescente di attività produttive viene delocalizzato (trasferito) dai paesi dell’Europa occidentale, dove i salari medi sono più alti, a quelli dell’Europa orientale, dove sono più bassi.

Ai salari più bassi non corrisponde però un costo della vita proporzionalmente più basso. Ad esempio, mentre un operaio metallurgico di Sofia (Bulgaria) riceve per lo stesso lavoro un salario circa quindici volte inferiore a quello di un suo collega di Oslo (Norvegia), il costo della vita a Sofia non è inferiore di quindici volte ma solo di tre volte rispetto a quello di Oslo.

Differenze salariali esistono anche tra uomini e donne: per lo stesso lavoro il salario femminile è inferiore a quello maschile in media del 15% nell’Unione europea. In Bulgaria e Romania la differenza sale al 18%, in Slovacchia e Germania al 23%, in Estonia e a Cipro al 25%.

Nell’esaminare questi dati bisogna tener conto del fatto che, oltre agli occupati regolarmente registrati, vi è un grosso numero di lavoratori irregolari che non compaiono nelle statistiche in quanto svolgono un lavoro nero (attività al di fuori delle leggi e dei contratti che regolano i rapporti tra datori di lavoro e dipendenti).

Il lavoro nero, diffuso in tutti i paesi della UE (soprattutto in quelli dell’Europa orientale), è rilevante anche in Italia: qui, secondo una stima, vi sono circa 3 milioni e mezzo di lavoratori irregolari. Si calcola che nel Nord Italia si trovi in tale condizione un lavoratore su dieci; nel Sud, uno su quattro.

In tale quadro rientra il lavoro minorile, che anche nei paesi economicamente sviluppati assume spesso la forma di vero e proprio sfruttamento, pur non al livello di quello praticato nelle regioni economicamente meno sviluppate.

 

 

RICERCA SU INTERNET
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La redazione e l'autore sono interessati a conoscere l'opinione di chi ha provato a svolgere queste attività e possono essere contattati, via e-mail, per eventuali chiarimenti e proposte.

Nel sito dell’Eurostat vi sono le statistiche ufficiali relative all’occupazione nell’Unione europea.

Trovare il sito dell’Eurostat con un motore di ricerca e selezionare la lingua (inglese, francese o tedesco).
Nel settore degli indicatori strutturali aprire la pagina relativa all’occupazione.
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