Manlio Dinucci
Il sistema globale seconda edizione - Geografia del sistema globale
Zanichelli Editore

 

La ristrutturazione mondiale dell'industria tessile e dell'abbigliamento (marzo 2005)

modulo B: Dinamiche economiche (Il sistema globale seconda edizione)
modulo A: Dinamiche geoeconomiche (Geografia del sistema globale)

Dal 1° gennaio 2005 il commercio internazionale di prodotti tessili e capi di abbigliamento è stato completamente liberalizzato: l'Organizzazione mondiale per il commercio ha infatti abolito il sistema dei contingenti, che limitava le importazioni di tali prodotti in base a determinate quantità (quote) a seconda dei paesi di provenienza.

Ciò sta provocando su scala mondiale una profonda ristrutturazione dell'industria tessile e dell'abbigliamento, in cui lavorano circa 40 milioni di persone.

Ad essere avvantaggiata è soprattutto la Cina, oggi al secondo posto, dopo l'Unione europea, nell'esportazione di prodotti tessili e capi di abbigliamento.

Si prevede che presto essa salirà nettamente al primo posto, in quanto la sua quota nel mercato mondiale di questo settore aumenterà dall'attuale 20% a oltre il 50%.

Ciò significa che, tra non molto, oltre la metà delle esportazioni mondiali di tessili e capi di abbigliamento sarà costituita di prodotti "made in China".

A rendere la Cina più competitiva di altri è la combinazione di vari fattori.

Anzitutto essa dispone di abbondante manodopera qualificata a basso costo: il salario base orario nelle fabbriche cinesi equivale a poco più di 30 centesimi di dollaro, un livello circa 50 volte inferiore a quello delle fabbriche italiane, statunitensi o giapponesi.

Allo stesso tempo la Cina dispone di macchinari moderni e di materie prime per l'industria tessile.

Per tali ragioni anche i principali gruppi transnazionali del settore dell'abbigliamento, e insieme ad essi molte piccole e medie imprese dei paesi economicamente più sviluppati, fabbricano in Cina i loro prodotti.

Essi vengono poi venduti soprattutto negli Stati Uniti, nell'Unione Europea e in Giappone, che totalizzano oltre l'80% delle importazioni mondiali di capi d'abbigliamento.

Delocalizzando (ossia trasferendo) la propria produzione in Cina, i gruppi transnazionali e altre imprese dei paesi economicamente sviluppati realizzano capi di abbigliamento di buona qualità a costi molto inferiori e possono così accrescere i loro profitti.

Lo conferma il fatto che, tra il 2001 e il 2003, i prezzi dei tessili e capi di abbigliamento "made in China" importati dagli Stati Uniti sono calati in media del 50%. Secondo le previsioni, essi caleranno ulteriormente in seguito all'abolizione dei contingenti.

Lo stesso sta avvenendo per i prodotti "made in China" importati dall'Unione Europea e dal Giappone. Non c'è quindi da stupirsi che l'80% dei capi di abbigliamento importati dal Giappone provenga dalla Cina.

In seguito all'abolizione dei contingenti, anche altri paesi asiatici - India, Pakistan e Vietnam - accresceranno la produzione ed esportazione di prodotti tessili e capi di abbigliamento.

Ciò che rende competitiva la loro produzione è soprattutto il costo del lavoro, ancora più basso di quello cinese: il salario base orario equivale a 24 centesimi di dollaro in Pakistan, 13 in Vietnam, 11 in India.

In seguito all'abolizione dei contingenti, caleranno invece la produzione ed esportazione di prodotti tessili e capi di abbigliamento dei paesi economicamente sviluppati.

Di conseguenza diminuirà ulteriormente, in questi paesi, l'occupazione nell'industria tessile e dell'abbigliamento, già in calo da alcuni anni.

Negli Stati Uniti, nel 2001-2004, si sono persi in questo settore 355 mila posti di lavoro e, in seguito all'abolizione dei contingenti, saranno eliminati molti dei rimanenti 690 mila.

In Italia, nello stesso periodo, si sono persi in questo settore circa 80 mila posti di lavoro e, in seguito all'abolizione dei contingenti, si prevede che ne saranno eliminati molti altri. La crisi investe l'intero settore moda, composto da 68 mila aziende manifatturiere con circa 570 mila addetti.

Molto più pesanti sono le conseguenze per i paesi economicamente meno sviluppati che non sono in grado di reggere la concorrenza della Cina.

Tra questi vi è il Messico, dove il costo del lavoro è superiore a quello cinese e la produttività è minore: si calcola che una operaia cinese impiega 12,5 minuti per produrre una camicia di cotone, mentre una messicana ne impiega 30.

L'industria tessile e dell'abbigliamento messicana sta di conseguenza perdendo terreno sul mercato statunitense, a cui è destinata la quasi totalità delle sue esportazioni: solo nel 2004 esse sono calate di circa il 10%.

La crisi investe, oltre al Messico, anche i paesi dell'America Centrale e dei Caraibi: complessivamente, negli ultimi due anni, sono state chiuse qui 475 fabbriche tessili e dell'abbigliamento e molte altre stanno per chiudere.

La crisi investe, per le stesse ragioni, molti altri paesi: in Asia, soprattutto le Filippine, il Bangladesh e lo Sri Lanka; in Africa, soprattutto il Lesotho e altri paesi nella parte meridionale del continente.

Gli effetti sociali di questa ristrutturazione mondiale dell'industria tessile e dell'abbigliamento sono molto gravi: si prevede che, in seguito alla chiusura di oltre la metà delle attuali fabbriche, resteranno disoccupati milioni di lavoratori.

Si prevede che, allo stesso tempo, peggioreranno le condizioni di lavoro degli occupati in questo settore.

Nelle fabbriche cinesi, dove soprattutto giovani operaie lavorano con turni di 10-15 ore per sei o sette giorni alla settimana, l'accrescimento della produzione impone loro ritmi ancora più gravosi.

Nelle fabbriche di altri paesi, che rischiano di chiudere non potendo reggere la concorrenza di quelle cinesi, i lavoratori sono sottoposti alla minacciosa alternativa: o lavorare di più per una paga inferiore o perdere il posto di lavoro.

 

RICERCA SU INTERNET
Saper "navigare" su Internet, alla scoperta di informazioni, sta divenendo una delle competenze fondamentali, sia nella scuola che nel lavoro. Per questo proponiamo, in via sperimentale, alcune attività utili ad apprendere "l'arte della navigazione". Uno scoglio, certamente, è rappresentato dal fatto che in Internet la lingua dominante è l'inglese, cui si aggiungono, nei siti delle principali organizzazioni internazionali, il francese e lo spagnolo. Ciò tuttavia può essere di stimolo all'apprendimento delle lingue.

Per verificare la capacità di trovare i siti e le specifiche informazioni in essi contenute, vengono proposte alcune ricerche, indicate con il simbolo
Per verificare la comprensione delle informazioni trovate su Internet vengono poste alcune domande, indicate con il simbolo
Tali domande servono anche ad approfondire l'argomento trattato.

La redazione e l'autore sono interessati a conoscere l'opinione di chi ha provato a svolgere queste attività e possono essere contattati, via e-mail, per eventuali chiarimenti e proposte.

L'organizzazione statunitense National Labor Committee ha pubblicato nel sito http://www.nlcnet.org/news/ una documentata ricerca sulle conseguenze dell'abolizione dei contingenti nel commercio internazionale di prodotti tessili e capi di abbigliamento.

Trovare la ricerca.
Quante fabbriche di abbigliamento ci sono in Cina e in India?
Quanti lavoratori ci sono nell'industria dell'abbigliamento in Bangladesh?
In quale paese in via di sviluppo il salario base orario dell'industria tessile e dell'abbigliamento è il più alto? In quale paese è il più basso?

 
 


 

Manlio Dinucci - Il sistema globale seconda edizione - Geografia del sistema globale: http://www.zanichelli.it/materiali/dinucci
Copyright © Zanichelli editore S.p.a.

Pagine realizzate da Giuseppina Santoro