Manlio Dinucci
Il sistema globale seconda edizione - Geografia del sistema globale
Zanichelli Editore

 

Gli effetti dei cambiamenti climatici nell’area mediterranea (settembre 2003)

modulo G: Impatto ambientale (Il sistema globale seconda edizione)
modulo F: Impatto ambientale (Geografia del sistema globale)

L’eccezionale caldo che si è verificato, nell’estate 2003, in Italia e in generale sulle coste settentrionali del Mediterraneo centrale e occidentale, colpendo anche Portogallo, Spagna e Francia, è stato provocato dalla particolare intensità del monsone tropicale africano, dovuto alle piogge sull’Africa subsahariana che sono state più forti di quelle medie stagionali.

Il monsone africano si è spostato più a nord e, in conseguenza di ciò, sul Mediterraneo nord-occidentale si è instaurata un’area di alte pressioni che ha impedito la penetrazione dell’aria proveniente dall’Atlantico, più umida e meno calda, e quindi la formazione di nuvole e temporali. Il clima del Mediterraneo si è così trasformato in un clima quasi desertico: una situazione considerata tra le peggiori degli ultimi 150 anni.

Tale situazione, indicano le previsioni, è destinata a ripetersi: ci si attende nei prossimi decenni un aumento progressivo del monsone estivo sull’Africa occidentale e, di conseguenza, una graduale riduzione delle perturbazioni sul Mediterraneo. E’ dunque probabile che, anche in Italia, si stia andando verso estati con clima più simile a quello del deserto che non a quello del Mediterraneo come è stato finora.

Questo fenomeno è probabilmente collegato a quello del riscaldamento globale. Lo Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), organismo scientifico delle Nazioni Unite di cui fanno parte 2500 tra i migliori scienziati ed esperti di tutto il mondo, pur riconoscendo le incertezze che esistono sulla conoscenza del sistema climatico, sostiene, in base a precisi dati scientifici, che sono già in corso nel clima globale cambiamenti attribuibili prevalentemente a fattori umani.

La concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, dovuta alle attività umane, è aumentata mediamente del 30% lo scorso secolo e sta crescendo al ritmo dell’1% annuo, contribuendo all’intensificazione dell’effetto-serra e quindi al riscaldamento globale. Si prevede che, nel corso di questo secolo, la temperatura media del pianeta aumenterà da un minimo di 1,4° C a un massimo di 5,8° C, con variazioni e fluttuazioni da zona a zona.

In conseguenza di ciò si prevede che, anche nell’area mediterranea e in Europa, si intensificheranno gli eventi meteorologici e idrologici estremi: questo provocherà maggiore abbondanza di acqua nel nord Europa e maggiore scarsità nel sud Europa. Si prevede, allo stesso tempo, uno spostamento verso nord di tutti i sistemi ecologici e ambientali naturali, in generale con effetti positivi nel nord Europa ed effetti negativi nel sud Europa.

La vegetazione e gli ecosistemi naturali tipici dell’area mediterranea tenderanno a spostarsi verso il centro Europa, così come le foreste di conifere e quelle tipiche boreali delle medie latitudini potrebbero prendere il posto della tundra presente attualmente alle più alte latitudini dell’Europa. Nell’area mediterranea, tenderanno sia ad aumentare gli incendi boschivi, sia a crescere i rischi di perdita degli ecosistemi e della biodiversità. Le conseguenze si ripercuoteranno anche sulla fauna e soprattutto su quella migratoria.

L’aumento di anidride carbonica in atmosfera tenderà ad aumentare la produttività agricola soprattutto del nord e del centro Europa. Nel sud Europa, invece, la riduzione della disponibilità di acqua e l’aumento della temperatura tenderanno a portare un effetto opposto.

Nell’Italia meridionale, già oggi afflitta da scarsità di acqua e da problemi di degrado dei suoli a causa di molteplici fattori derivanti dalle attività antropiche e dall’uso del territorio, i cambiamenti climatici prevedibili porteranno ulteriori fattori di rischio, incluso quello di desertificazione.

Si prevede inoltre, a causa del riscaldamento globale, un innalzamento del livello del mare: quello del Mediterraneo potrebbe aumentare, nel corso del secolo, di 20-30 centimetri. Anche se l’area mediterranea non appare allo stato attuale tra le più esposte a rischi di inondazione, è comunque tra le più vulnerabili in termini di perdita di zone umide e in particolare degli ecosistemi e della biodiversità marino-costiera.

L’invasione marina delle aree costiere basse provocherebbe una maggiore erosione delle coste e, allo stesso tempo, un aumento della salinità negli estuari e nei delta a causa dell’ingresso di acqua marina, con conseguente maggiore infiltrazione di acqua salata negli acquiferi della fascia litorale. Le coste basse sarebbero comunque maggiormente esposte a inondazioni in caso di eventi meteorologici estremi accompagnati da forti mareggiate, le quali, tra l’altro, impediscono il deflusso dei fiumi in mare, causando straripamenti.

Secondo uno studio dell’Enea, sono a possibile rischio di inondazione e/o erosione costiera non solo l’area veneziana e tutta la costa dell’alto Adriatico compresa tra Monfalcone e Rimini, ma anche altre aree costiere quali quelle alla foce dei fiumi (Magra, Arno, Ombrone, Tevere, Volturno, Sele), quelle a carattere lagunare (Orbetello, laghi costieri di Lesina e Varano, stagno di Cagliari), oltre alle coste particolarmente basse o già soggette ad erosione (costa prospiciente Piombino, tratti della costa Pontina e del Tavoliere delle Puglie, e altre ).

Le conseguenze prevedibili sono molteplici. Ad esempio, il probabile aumento della frequenza e della intensità degli eventi meteorologici estremi porterà a un aumento dei danni economici, soprattutto nel settore agricolo, e sociali, in particolare per ciò che riguarda la sicurezza e la salute. L’entità di tali danni dipenderà sia dalla vulnerabilità delle singole strutture e infrastrutture, sia dalla vulnerabilità ambientale e territoriale complessiva.

L’aumento della temperatura tenderà a modificare anche l’uso del tempo libero della popolazione e, in particolare, tenderà a stimolare maggiori attività turistiche e ricreazionali all’aria aperta nel nord Europa ed a ridurle, invece, nel sud Europa. Nell’area mediterranea, le più frequenti ondate di calore e di siccità, insieme alla minore disponibilità di acqua, potrebbero modificare i flussi turistici, concentrati soprattutto in estate, così come il minore innevamento e la progressiva ritirata dei ghiacciai potrebbero modificare e ridurre l’abituale turismo invernale alpino.

La strategia da adottare, su scala globale, è quella di rallentare il più possibile i cambiamenti climatici, soprattutto diminuendo le emissioni di anidride carbonica e altri gas-serra, e, allo stesso tempo, di sviluppare metodi e mezzi per l’adattamento ai cambiamenti climatici e per la riduzione dei danni.


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Nel sito dello United Nations Environment Programme / Grid Arendal, http://www.grida.no/climate/, vi sono i dati fondamentali sul cambiamento climatico.

Qual è, su scala mondiale, l’attuale ritmo annuo di emissioni di anidride carbonica (in tonnellate)?
Trovare i grafici sui potenziali impatti del cambiamento climatico.
Di quanto si prevede che aumenterà la temperatura media globale nel 2100, secondo le diverse proiezioni?
  In che modo il cambiamento climatico può incidere sulla salute?

 
 


 

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