"Ecstasy, Vasco Rossi cattivo maestro"
Il cantante accusa il "proibizionismo", An insorge: se i ragazzi muoiono la colpa è anche sua
Venditti, Baccini ed Elio rispondono al governo: tardi per chiedere l'impegno degli artisti.
La Lila a Fini: basta con i proclami demagogici
MILANO - "E' morto un ragazzo, per i genitori è una tragedia. Lo dico da padre. Ma Jannick è un'altra vittima del proibizionismo. Le droghe che si trovano in giro spesso sono avariate". Le parole di Vasco Rossi, intervenuto ieri sull'emergenza ecstasy, hanno scavato un altro solco tra mondo della politica e musicisti. Alcuni cantanti - Jovanotti, Ligabue - erano stati invitati dal governo a usare la propria influenza sui giovani come "testimonial" antidroga: hanno subito rifiutato. L'autore di Vita spericolata ha attribuito l'allarme di questi giorni a un "clima preelettorale che c'è già nell'aria". E ha scatenato, com'era prevedibile, la reazione della destra.
"Se tanti ragazzi si ammazzano con l'ecstasy e con le altre droghe, la colpa è anche di personaggi come Vasco Rossi - ha detto il senatore Riccardo Pedrizzi, responsabile delle politiche per la famiglia di An -, che per molti è un idolo, un modello a cui ispirarsi e quindi con le sue idee malsane diventa un cattivo maestro."
Nell'intervista pubblicata ieri dal Manifesto Vasco Rossi ha parlato del suo rapporto con l'ecstasy: "Ne ho sempre avuto un certo timore, perché non so mai da quanto tempo le pasticche girano nelle tasche di quelli che le vendono. Perciò quando ho preso l'ecstasy l'ho sempre fatto con uno stato d'animo non tranquillo". Ma, soprattutto, ha affrontato la questione del proibizionismo: "Se fosse stato capace di eliminare le droghe dalla faccia della terra, allora saremmo tutti d'accordo. Il problema è che non le elimina, le fa solo circolare avariate ingrassando la mafia. La logica del proibizionismo consente di mantenere un florido mercato nero di tutte le sostanze pericolose fuori da ogni controllo. E a quelli che dicono che il mercato nero esisterebbe ugualmente, rispondo: non vedo in giro un grande mercato nero di alcol".
Ieri, dopo Jovanotti e Ligabue, anche altri cantanti hanno manifestato perplessità per il progetto del governo di coinvolgere il mondo della musica in campagne di comunicazione antidroga. "L'ecstasy gira da anni nelle discoteche - ha detto Antonello Venditti -, ora che c'è stato il dramma, la morte, ci si sveglia. Ma è tardi per chiedere al mondo dello spettacolo di apparire per frenare il fenomeno. Non si è fatta prevenzione su queste nuove droghe e l'ecstasy è un fenomeno legato a un mondo musicale estraneo a quello dei concerti. Possiamo anche dire "non fatevi", ma non siamo nelle discoteche. La strada è lavorare nell'ombra per stroncare la cultura dell'ecstasy". Jovanotti ha spiegato il suo "no": "Io faccio quello che posso, basta guardarmi, non mi drogo. Il resto spetta al governo". Ligabue ha aggiunto: "Per essere ambasciatori contro la droga bisognerebbe conoscerla bene. Io non so nulla dell'ecstasy, è un lavoro che spetta agli esperti".
Max Pezzali, degli "883", dice di non avere la preparazione per "affrontare un dibattito in cui tutti hanno ragionamenti forti. Da cittadino mi sembra difficile pensare a uno Stato che gestisce il traffico delle droghe pesanti. Il guaio comunque è che l'ecstasy non viene percepita come droga, perché non dà dipendenza fisica. In una società in cui c'è una pillola per tutto, dalla nevrosi all'impotenza, alla voglia di dimagrire, bisogna ricordare ai ragazzi che l'ecstasy fa danni permanenti. Ma noi cantanti possiamo avere un ruolo rafforzativo. Non certo risolvere il problema".
Francesco Baccini: "Le ecstasy sono nelle discoteche da 10 anni. L'Italia non è specializzata in prevenzione. Io credo nell'arbitrio. L'importante è informare". Elio, cantante delle "Storie Tese", si dice "molto amareggiato. Ma che l'ecstasy ci fosse in discoteca si sapeva da anni, com'è che ora tutti dicono che non lo sapevano e che è stata una rivelazione? Come al solito in Italia, per fare le cose c'è bisogno di una casa caduta o del morto. Per evitare certe tragedie bisognerebbe porsi i problemi di prima, avere comportamenti corretti, da parte di tutti, in anticipo e non solo quando avviene una tragedia".
Le polemiche riguardano non solo le campagne di comunicazione future, ma anche quelle già avviate. Dopo i ripetuti attacchi di Alleanza nazionale contro un opuscolo della Lila accusato di "istigare alla droga", ieri la Lega italiana per la lotta all'Aids ha replicato che "l'onorevole Fini farebbe bene a documentarsi e a rinunciare a proclami tanto demagogici quanto pericolosi che rischiano solo di criminalizzare uno dei pochi strumenti informativi e scientificamente ineccepibili oggi a disposizione dei giovani".
Stefano Montefiori
"Corriere della Sera", 13 novembre 1999