LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott.    Antonio           BRANCACCIO
Primo Presidente
Dott.    Alessandro        FALCONE                Pres. di Sez.
"       Vittorio          NOVELLI                      "
"       Giorgio           ONNIS                  Consigliere
"       Nicola            LIPARI                      "
"       Marcello          TADDEUCCI                   "
"       Antonio           SENSALE                Rel. "
"       Vittorio          VOLPE                       "
"       Alfredo           ROCCHI                      "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6168-87 del R.G.AA.CC., proposto
da
MORISI GISELLA, elettivamente domiciliata in Roma Via G. Pisanelli n.
4 presso lo studio dell'Avv.  Luigi  Rosati,  che  la  rappresenta  e
difende unitamente all'Avv. Laerte Brandoli, giusta delega  in  calce
al ricorso;
Ricorrente
contro
S.p.a. BANCA  NAZIONALE  DELL'AGRICOLTURA,  in  persona  dei   legali
rappresentanti in carica, elettivamente domiciliata in Roma, Via  dei
Sansovino n. 3  (angolo  Viale  Tiziano  n.  19),  presso  lo  studio
dell'Avv. Francesco Palombi, che la rappresenta e difende  unitamente
all'Avv. Ugo Veronesi, giusta delega in calce al controricorso;
Controricorrente
Avverso la sentenza della Corte d'appello di Bologna - depositata  il
20.1.1987;
Udita nella pubblica udienza, tenutasi il giorno 22 ottobre 1988,  la
relazione della causa svolta dal Cons. Rel. Sensale;
Udito l'Avv. Veronesi;
Udito il Pubblico Ministero, nella persona  del  Dr.  Mario  Caristo,
Avvocato Generale presso la  Corte  Suprema  di  Cassazione,  che  ha
concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.

Fatto

Gisella Morisi, socia della società in nome collettivo "Calzaturificio Victor Pullman di Dondi Morisi e C.", obbligandosi personalmente verso la Banca Nazionale dell'Agricoltura, garantì l'adempimento di obbligazioni sociali per il complessivo ammontare di L. 97.000.000 con interessi ed accessori.
La società, trovandosi in stato di insolvenza, propose ai creditori un concordato preventivo, successivamente omologato dal Tribunale e regolarmente adempiuto.
Senonchè, sorse questione tra le parti sulla efficacia della fideiussione, poiché la banca pretendeva dalla Morisi il saldo dei debiti della società nella misura di L. 67.839.009, mentre la fideiubente invocava l'applicazione dell'art. 184, 2 comma, legge fall., per il quale il concordato della società ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili; deduceva l'estinzione della garanzia in relazione agli artt. 1255 e 2291 e contestava l'ammontare del debito sociale.
La Corte d'appello di Bologna, su gravame della Banca Nazionale dell'Agricoltura avverso la sentenza con cui il Tribunale di Ferrara, accogliendo l'opposizione proposta dalla Morisi, aveva revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca medesima per il pagamento del debito sociale, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannò Gisella Morisi a corrispondere la somma di lire 47.547.650, oltre interessi moratori convenzionali sullo scoperto del conto corrente della società nonché dalle date di protesto dei titoli, per la quota relativa agli effetti scontati e protestati, comprensiva di spese.
Ritenne la corte che le società di persone, anche se sprovviste di personalità giuridica, godono di autonomia patrimoniale e costituiscono un centro d'imputazione di rapporti obbligatori diverso da singoli soci, per cui è possibile distinguere tra le obbligazioni assunte dai soggetti uti singuli e quelle assunte dagli stessi uti soci.
Conseguentemente, non verificandosi confusione tra la sfera giuridica della società e quella dei soci, doveva ammettersi diversità tra la responsabilità del socio, in forza di fideiussione prestata per una obbligazione della società, e quella generale connessa alla qualità di socio di società in nome collettiva.
In conclusione, anche nell'ambito della procedura di concordato, la fideiussione era efficace, per cui, se da un lato il concordato della società, in difetto di diversa pattuizione, aveva avuto efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili i quali non erano tenuti a pagare i debiti sociali con il proprio patrimonio oltre la percentuale fissata, dall'altro la banca aveva conservato impregiudicati i suoi diritti contro la Morisi per il recupero del credito, nonostante la qualità di socia di quest'ultima.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Gisella Morisi, deducendo quattro motivi di annullamento e presentando istanza di assegnazione alle sezioni unite, atteso che la questione di diritto, concernente l'ammissibilità, nella fattispecie relativa a concordato preventivo di società di persone, dell'azione di creditori sociali nei confronti dei soci fideiussori della società, era stata decisa in senso difforme dalle sezioni semplici.
La Banca Nazionale dell'Agricoltura ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1936, 2291 e 2740 c.c. in relazione all'art. 184, ult. co., del R.d. 16 marzo 1942 n. 267 ("legge fallimentare"), censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto la responsabilità del socio illimitatamente responsabile, che abbia prestato fideiussione a favore della società, oltre i limiti della percentuale concordataria nei confronti del creditore garantito, sul presupposto della distinzione tra obbligazioni della società e obbligazioni dei soci riferite a due distinti centri di imputazione, con la conseguenza di una insanabile antinomia nell'ambito della esecuzione concorsuale, nella quale il socio illimitatamente responsabile sarebbe tenuto a rispondere doppiamente, con il proprio patrimonio, della medesima obbligazione in base a due titoli diversi e i creditori assistiti da fideiussione concorrerebbero doppiamente sul ricavo della liquidazione degli stessi beni, così come al di fuori della ipotesi di concordato, dovrebbero essere ammessi due volte al passivo e, oltre agli effetti di cui all'art. 148, 3 comma, l.f., avrebbero diritto di ricevere più volte, in sede di riparto, la percentuale assegnata, con manifesta violazione della par condicio. Secondo la ricorrente, tali effetti distorti sarebbero conseguenza dell'affermato superamento della concezione dualistica tra società di persone e società dotate di personalità giuridica e di una interpretazione dell'art. 2304 c.c. nel senso che esso sarebbe sufficiente a collocare le obbligazioni della società e quelle dei soci in sfere giuridiche distinte: tutto ciò senza operare una revisione delle (e un raccordo con le) norme tuttora ispirate a quella dicotomia e che consentono di ritenere che i soci delle società in nome collettivo non acquistano, verso i creditori sociali, la veste di terzi, ma assumono una responsabilità illimitata, ancorché sussidiaria.
Con il secondo motivo -svolto dalla ricorrente nel paragrafo 3, dopo avere sollecitato, nel paragrafo 2, l'assegnazione del ricorso alla Sezioni unite, in presenza di risposte discordi, da parte delle sezioni semplici di questa Corte, sui temi di fondo della controversia- essa denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 184, ult. comma, l.f., nonché il difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per non avere fornito alcuna motivazione sulla seconda questione (relativa alla interpretazione dell'art. 184, ult. comma, l.f.) dedotta sotto un profilo indipendente dalla soluzione adottata circa l'efficacia e la validità della fideiussione. Sostiene, infatti, la ricorrente che, anche ammessa tale validità, l'efficacia del concordato anche nei confronti dei creditori della società in nome collettivo muniti di fideiussione del socio, discende dalla citata norma, avente portata eccezionale sia per il contesto in cui risulta enunciata, sia perché diretta a regolare gli effetti di un procedimento speciale di natura concorsuale. L'art. 184 l.f., di cui la sentenza impugnata avrebbe travisato il significato, andrebbe interpretato nel senso che, per effetto del primo comma, i creditori (sociali, perché l'art. 184 tratta solo di questi) conservano intatti i loro diritti verso i coobbligati, i fideiussori e gli obbligati in via di regresso del debitore concordatario, in quanto la responsabilità di questi ultimi è esterna al concordato e non si trova in contrasto con la concorsualità della procedura, che riguarda soltanto il patrimonio della società e dei soci illimitatamente responsabili, mentre, con il secondo comma, dopo avere definito l'ambito di applicazione dei rapporti obbligatori influenzati dal concordato, che consiste unicamente nelle obbligazioni sociali, si stabilisce -a garanzia della parità di trattamento tra tutti i creditori sociali (anche se garantiti dalla fideiussione dei soci)- che il concordato abbia comunque efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili. La norma, ispirata alla esigenza di realizzare la parità del concorso dei creditori sociali sul patrimonio della società e dei soci (anche nel caso in cui questi siano muniti di garanzia personale del socio), sarebbe, perciò, parallela a quella contenuta nell'art. 147, primo comma, in relazione all'art. 148, terzo comma, l.f., la quale, per finalità analoghe, prescrive che il fallimento personale del socio sia dichiarato in quanto l'attività imprenditoriale esercitata dalla società è direttamente a lui riferibile.
Con il terzo motivo (paragrafo 4 del ricorso) la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1301 c.c., deducendo che, avendo la fideiussione dedotta in giudizio carattere solidale ed indivisibile, il concordato preventivo della società, per il suo carattere remissorio nei confronti della società, obbligata solidale, avrebbe altresì prodotto l'effetto di liberare anche i condebitori solidali, e quindi i soci fideiussori, a norma del citato articolo.
2. La questione, che le censure sopra riassunte propongono, consiste nello stabilire se il concordato preventivo di una società di persone (nel caso in esame, di una società in nome collettivo) ha efficacia, ai sensi dell'art. 184 cpv. l.f., anche nei confronti del socio illimitatamente responsabile che abbia prestato fideiussione per un debito sociale ovvero se, verso il socio fideiussore, il creditore conserva impregiudicato il suo diritto -per l'intero e non nella percentuale concordataria- ai sensi del primo comma del citato articolo. Quest'ultimo stabilisce, infatti, che "il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato", ma che tuttavia "essi conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso", mentre, a norma del secondo comma, "salvo patto contrario, il concordato della società ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili".
La soluzione accolta nella sentenza impugnata, nel senso della inefficacia del concordato preventivo nei confronti del socio illimitatamente responsabile che abbia prestato fideiussione a favore di un creditore sociale, è conforme ad una decisione della prima sezione di questa Corte (8 novembre 1984 n. 5642), la quale ha impostato e risolto il problema in chiave essenzialmente societaria sulla base di una elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale che ha condotto a negare un valore assiomatico assoluto alla distinzione tra società dotate di personalità giuridica e società che sono prive di tale status, in quanto anche queste ultime sono dotate di autonomia patrimoniale e costituiscono centri d'imputazione di situazioni soggettive, di rapporti ed effetti giuridici, in funzione dei quali è possibile l'instaurazione di rapporti giuridici distinti fra società e terzi e persino fra società e soci. Tenuta distinta la sfera giuridica delle predette società dalla sfera dei soci (in una situazione analoga a quella delle società di capitali), la citata sentenza ha affermato che le società -di persone o di capitali, fornite oppur no di personalità giuridica,- sono sempre dotate di una soggettività distinta da quella dei soci, fondata per le società di persone (a prescindere da classificazioni generali e da schemi astratti) sulla loro concreta disciplina giuridica, al cospetto della quale si è da taluno parlato di una "evaporazione del concetto di persona giuridica".
Dall'attribuzione alle società di persone (e, in specie, alle società in nome collettivo) di una soggettività giuridica distinta da quella dei singoli soci, desunta principalmente dagli art. 2266, primo comma, 2267, 2270, 2305 e 2313 c.c., la prima sezione ha tratto due corollari: l'uno è che, dovendosi ammettere la diversità della responsabilità del socio per effetto del contratto con cui egli presti la garanzia fideiussoria di cui all'art. 1936 c.c., per un debito della società, dalla responsabilità generale del socio illimitatamente responsabile in quanto tale, sussiste il requisito dell'"altruità" del debito garantito e per ciò la fideiussione è valida ed efficace; l'altro è l'automatica collocazione della fattispecie nell'ambito del primo, e non del secondo comma, dell'art. 184 l.f..
Pur senza indicare un precedente specificamente contrario, con riferimento all'art. 184 l.f., la ricorrente ha chiesto l'esame del ricorso da parte delle Sezioni unite, in quanto sulla questione presupposta (che è quella, ampiamente trattata nella sentenza 5642-84, dell'attribuzione, oppur no alle società personali di una soggettività distinta da quella dei soci), alcune decisioni delle sezioni semplici, in particolari fattispecie, hanno preso l'avvio dalla negazione di tale soggettività.
Le sentenze 6 febbraio 1984 nn. 905 e 907 della terza sezione hanno affermato, infatti, che, data la titolarità unitaria ed inscindibile in capo ai soci, considerati nel loro complesso unitario, delle situazioni giuridiche integranti il patrimonio sociale, nel caso di società che abbia preso in locazione un immobile per esercitarvi l'attività sociale, titolari del rapporto locatizio sono i soci sì che, se, a seguito del recesso degli altri, il socio rimasto continui nell'immobile la stessa attività, non si verifica alcuna modificazione soggettiva del rapporto di locazione. Analogamente, la stessa sezione, con la sentenza 9 dicembre 1982 n. 6722, sul presupposto che in una società in nome collettivo le persone dei soci non si pongono quale base associativa di una individualità soggettiva distinta, aveva ritenuto imputabile a ciascuno dei soci in proprio l'attività della società (conformi le sent. 6083-80, 464-82 e 4809-82). Ed anche la prima sezione, con la sentenza n. 196 del 17 gennaio 1978, aveva ritenuto che il socio illimitatamente responsabile non può essere considerato terzo rispetto alle obbligazioni sociali, ma è debitore come la società per il solo fatto di essere socio tenuto a rispondere senza limitazioni, e che tale identità debitoria non è incrinata dall'art. 2268 c.c., che pone soltanto, a richiesta del socio, un ordine di scelta dei beni da assoggettare all'esecuzione, in quanto la responsabilità illimitata dei soci di una società in nome collettivo irregolare per i debiti della società si traduce in una responsabilità personale e diretta, ancorché sussidiaria, per obbligazione propria verso i creditori (in tal senso, anche la sent. 24 giugno 1954 n. 2175, che nega al socio illimitatamente responsabile, come tale, la veste di fideiussore), con la conseguenza che, in sede di concordato preventivo, l'atto con il quale il socio offra i suoi beni a garanzia dei debiti della società configura un atto di costituzione di garanzia non per un'obbligazione altrui, ma per un'obbligazione propria ed è assoggettabile (sotto il vigore della legge di registro del 1923) all'aliquota del 2% di cui alla tariffa al. A. e non all'imposta graduale di cui all'art. 54 della stessa tariffa. Nonostante il riferimento al concordato preventivo, neppure quest'ultima decisione concerne la fattispecie, incentrata sulle disposizioni di cui all'art. 184 l.f., che qui viene in esame. Essa, peraltro, riguarda il caso non già di prestazione della garanzia, da parte del socio, prima della domanda di ammissione della società a concordato preventivo (com'è nella controversia in esame), ma di offerta dei beni personali del socio a garanzia dei debiti della seconda in sede di concordato preventivo, e non si pone il problema (che, con riguardo alla controversia tributaria esaminata in quella sede, non veniva in evidenza) se l'offerta dei beni del socio pur qualificata garanzia per debito proprio, non si dovesse configurare come "patto contrario" che, solo in quanto convenuto nell'ambito del procedimento di ammissione al concordato, può derogare alla regola della sua efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, posta dal cpv. dell'art. 184 l.f..
Sennonchè, la soluzione della questione presupposta (ossia della questione concernente l'attribuibilità alle società di persone di una soggettività distinta da quella dei soci), in relazione alla quale la ricorrente ha denunciato le difformità giurisprudenziali sopra rilevate, potrebbe risultare ininfluente ai fini della decisione, ove si ritenesse che la questione qui prospettata, incentrata sulla interpretazione dell'art. 184 l.f., possa autonomamente risolversi nell'ambito della speciale disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, in una ottica nella quale nè la decisione impugnata nè la sentenza n. 5642-84 della prima sezione si sono poste. Se così fosse, il riesame, in questa sede, della questione presupposta e quella, conseguente, circa la validità della fideiussione prestata dal socio illimitatamente responsabile per un debito sociale si rivelerebbe privo di decisivo rilievo e le Sezioni unite dovrebbero ritenersene dispensate, in quanto, pur se la funzione normofilattica di questa Corte si esplica nella enunciazione di attratti principi di diritto, questi devono essere, tuttavia, necessariamente strumentali rispetto alla concreta composizione d'interessi dei contendenti, che costituisce, al tempo stesso, il limite e lo scopo della decisione.
3. Impostato in questi termini l'esame della controversia, conviene richiamare due precedenti sentenze della prima sezione, dalle quali possono trarsi utili argomenti per una soluzione della questione sulla sola base delle norme contenute della legge fallimentare.
Con la prima sentenza (n. 2681 del 15 dicembre 1970) -limitata l'estensione automatica del concordato preventivo della società ai soci illimitatamente responsabili per i debiti sociali, in quanto i debiti personali del socio (che non siano anche sociali) non ne vengono influenzati- si è rilevato che il secondo comma dell'art. 184 ha inteso dire che, in omaggio al principio generale di diritto concorsuale che vuole accomunata la sorte del socio illimitatamente responsabile a quella della impresa sociale insolvente (artt. 147, 148, terzo comma, e 153 l.f.), il concordato della società si estende automaticamente ai soci predetti, la cui responsabilità nei confronti dei creditori sociali, per il diritto che ad essi spetta di profittare degli eventuali patti favorevoli ottenuti dalla società, rimane contenuta, a differenza di quella degli altri coobbligati di cui al primo comma dello stesso articolo, nei limiti della percentuale di concordato; e che non è pensabile che la legge, da una parte abbia voluto assoggettare i soci illimitatamente responsabili alla procedura fallimentare e dall'altra abbia potuto poi, col privarli della possibilità di giovarsi della procedura di concordato preventivo, metterli in una situazione di sfavore, in quanto, nell'estendere ad essi il fallimento della società, la legge ha tenuto conto delle conseguenze pratiche derivanti dalla illimitatezza della responsabilità assunta da essi soci in ordine ai debiti sociali, desumendo dal fallimento della società la prova della impossibilità, da parte degli stessi, di far fronte al pagamento di tali debiti, nonchè, di conseguenza, un sintomo eloquente dell'assoluta inutilità della preventiva escussione loro, ritenuta in concreto una "dannosa perdita di tempo e di spese" (cfr. relazione alla legge fall. n. 343).
Ferma l'automatica estensione del concordato preventivo ai soci illimitatamente responsabili per i debiti sociali (onde il carattere "sociale" del debito è considerato dalla legge presupposto sufficiente ed assorbente per tale estensione); ed escluso implicitamente che la posizione del socio sia, per ciò, comunque equiparabile, rispetto ai debiti sociali, a quella degli obbligati indicati nel primo comma dell'art. 184- la richiamata sentenza si è spinta fino ad affermare che, quando non di debito sociale si tratti ma di debito personale del socio (id est: debito estraneo all'attività imprenditoriale della società), il socio obbligato per debiti propri, ancorché in relazione ad essi non rivesta la qualità di imprenditore, possa chiedere anch'egli di essere ammesso al concordato, poichè, ove fossero lasciati esposti senza alcun rimedio all'azione esecutiva dei loro creditori particolari, rimarrebbe per essi notevolmente compromessa, se non addirittura preclusa in modo irrimediabile, la possibilità di far fronte agli obblighi che dal concordato deriverebbero alla società, per la quale sono tenuti a rispondere solidalmente e illimitatamente.
Con la seconda sentenza (n. 5719 del 23 dicembre 1977) si è affermato che il secondo comma dell'art. 184, nel caso di cambiare che rechi le firme di coemittenza di una società in nome collettivo e dei soci, non opera ove risulti che la firma dei soci si ricolleghi non all'assunzione di garanzia di un debito sociale ma ad un autonomo e diretto rapporto obbligatorio fra i soci e il creditore, in tal modo indirettamente affermando l'estensione del concordato ai soci illimitatamente responsabili quando la loro firma di coemittenza della cambiale si ricolleghi all'assunzione di una garanzia per debiti sociali.
Occorre anche rilevare che - a prescindere dalle posizioni dottrinali che impostano il problema in termini pressoché analoghe a quelli in cui ha ragionato la sentenza n. 5642-84, per escludere o ammettere l'estensione degli effetti del concordato preventivo ai soci che abbiano precedentemente prestato fideiussione per debiti sociali, a seconda che si è ravvisata o si è negata in capo alla società in nome collettivo una autonoma e distinta soggettività rispetto a quella dei soci (da considerare nella prima ipotesi terzi nei confronti della società), nonché da quelle che hanno radicato il dibattito sulla configurabilità stessa di una fideiussione del socio per debito sociali - non sono mancati coloro che hanno ricercato la soluzione del problema nell'ambito della speciale disciplina delle procedure concorsuali e sono pervenuti a ritenere efficace il concordato preventivo anche per i soci illimitatamente responsabili che, prima dell'apertura della procedura, avessero prestato fideiussione per debiti sociali, facendo leva sulla ratio del concordato preventivo, che è quella di evitare il fallimento ed ha il suo punto focale nella parziale esdebitazione, e sul principio della par condicio creditorum, che domina il concordato preventivo non meno di ogni altra procedura concorsuale (e che, diversamente da quanto si legge nella sentenza n. 5642-84, giova agli altri creditori, perché la integrale responsabilità del socio-fideiussore verso il creditore garantito potrebbe incidere sulla misura della percentuale concordataria entro cui devono essere soddisfatti gli altri creditori e, nella logica delle procedure concorsuali, tale risultato, e non quello di impedire che un creditore possa soddisfare per l'intero il suo credito, ,sarebbe "aberrante"), con la conseguenza che il patto contrario, cui fa riferimento il secondo comma dell'art. 184, non può essere stipulato se non tra la massa dei creditori ed il socio o i singoli soci, coevamente al concordato, e non può, quindi, non essere incluso nelle condizioni di esso; rilevando, inoltre, la contraddizione in cui (accogliendosi la contraria opinione) sarebbe in corso il legislatore considerando gli stessi soggetti, al tempo stesso, soci illimitatamente responsabili, che beneficiano del concordato, e coobbligati autonomi, che ne rimangono esclusi, e la conseguente incongruenza, rispetto alla fisiologia della procedura, di consentire che un creditore sociale, sicuro di poter aggredire senza limiti il patrimonio del socio e di assicurarsi il soddisfacimento del suo credito in misura superiore a quella degli altri creditori sociali, possa esprimere il suo consenso ad un concordato non conveniente per gli altri creditori; considerando, infine, che il creditore, il quale vanti un credito nei confronti della società, garantito dal socio, è pur sempre e innanzi tutto un creditore sociale, il che impedisce che ad esso possa applicarsi il primo comma dell'art. 184 l.f..
4. Utilizzando tali rilievi e sviluppando quei segnali che erano già presenti nelle sentenze nn. 2681-70 e 5719-77, le Sezioni Unite ritengono che un'interpretazione dell'art. 184 che ne coordini il primo e il secondo comma, eliminando le segnalate discrasie, che lo renda coerente al sistema ed alla logica delle procedure concorsuali, debba condurre ad affermare che, ai sensi del secondo comma dell'art. 184, gli effetti del concordato preventivo si estendono anche ai soci illimitatamente responsabili che abbiano precedentemente prestato fideiussione a favore di un creditore sociale; ciò, avendo anche presente quanto la stessa sentenza n. 5642-84 ha rilevato e cioè che l'autonomia patrimoniale delle società di persone e la configurabilità di una loro soggettività distinta da quella dei soci vanno fatte discendere non da un'estratta classificazione di tali società come persone giuridiche (poiché tale personalità non è ad esse conferita in via generale dalla legge), ma dalla concreta disciplina giuridica, desumibile da specifiche disposizioni normative, da ricercare, nel caso concreto, nelle norme che disciplinano le procedure concorsuali.
Se, infatti, socio e società sono figure distinte fino a quando la norma lo consente, ma tale distinzione può, per taluni aspetti, venire meno in vista di più forti interessi tutelati dall'ordinamento giuridico, occorre verificare se l'art. 184, considerato nel contesto delle norme che disciplinano le procedure concorsuali, sia improntato a quella distinzione, quando si tratti di debiti della società e il patto contrario all'estensione degli effetti del concordato (nel quale si sostanzia, nei risultati concreti, la prestazione di fideiussione da parte del socio illimitatamente responsabile) sia stato stipulato al di fuori della procedura e non a favore di tutti i creditori sociali.
5. La norma, dalla quale è necessario partire, è l'art. 147, primo comma, l.f., secondo il quale la sentenza che dichiara il fallimento della società con soci a responsabilità illimitata produce (automaticamente) anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, la cui sorte è, pertanto, inscindibilmente legata a quella della società. Ciò non esclude che il patrimonio della società e quello dei singoli soci debbano essere tenuti distinti (art. 148 secondo comma), ma il credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della società si intende dichiarato per l'intero anche nel fallimento dei singoli soci (art. 148, terzo comma) e partecipa a tutte le ripartizioni, sia dell'attivo ricavato dalla liquidazione del patrimonio sociale, sia di quello che è frutto della liquidazione del patrimonio dei singoli soci. In altri termini, il creditore sociale può soddisfarsi su due patrimoni, ma non due volte sullo stesso patrimonio, e sempre nei limiti della percentuale che l'ammontare dell'attivo è in grado di assicurare.
Tale situazione non muta se quel creditore sia stato anche garantito personalmente dal socio, assorbente essendo la natura "sociale" del debito, che è sufficiente ai fini della collocazione al passivo del correlativo credito, e dovendosi quindi individuare i creditori particolari, cui si riferisce il quarto comma dell'art. 148 in quelli che traggono il loro diritto da un rapporto estraneo alla società e che, per ciò, partecipano soltanto al fallimento dei soci loro debitori, ossia per un debito non sociale, sì che la qualità di creditore particolare del socio, lungi dall'ampliare la garanzia patrimoniale, la restringe al solo patrimonio del socio.
Ciò vuol dire che il creditore sociale, ancorché garantito dal socio, non può che collocarsi una sola volta al passivo della società e una sola volta al passivo del socio, e che, a tal fine, è necessaria e sufficiente la responsabilità illimitata del socio, come tale, che assorbe e rende quindi irrilevante ogni sua altra fonte di responsabilità.
Coerente con tale disciplina è quella relativa al concordato fallimentare della società. L'art. 153 l.f. stabilisce, con una formulazione ricalcata, poi, dall'art. 184, secondo comma, per il concordato preventivo, che, salvo patto contrario, il concordato fatto da una società con soci a responsabilità illimitata ha efficacia anche di fronte ai soci e fa cessare il loro fallimento. La norma è parallela a quella, in virtù della quale il fallimento della società produce quello dei soci, ed è improntata allo stesso automatismo, con la conseguenza che, come ai fini del fallimento del socio, la sua responsabilità derivante da tale qualità è assorbente e rende, quindi, irrilevante ogni altra sua fonte di responsabilità per lo stesso debito sociale, allo stesso modo lo è ai fini della cessazione del fallimento della società (e di quello conseguenziale dei soci) per effetto del concordato, al quale possono opporsi solo i creditori particolari del socio loro debitore, ossia quelli stessi cui si riferisce il quarto comma dell'art. 148, che partecipano soltanto al fallimento del socio e che traggono il loro diritto da un rapporto "non sociale".
Se, dunque il fallimento, coinvolgendo sia il patrimonio della società sia quello del socio illimitatamente responsabile, assoggetta al concorso sia l'una che l'altro, per i debiti della società, anche se, per tali debiti, vi sia per il socio una distinta fonte di responsabilità, allo stesso modo il concordato preventivo della società (che, occorre ricordare, è pur sempre una procedura concorsuale, parallela e sostitutiva della procedura fallimentare con i connotati prima rilevati) si estende, salvo patto contrario stipulato dal socio in sede concordataria e con tutti i creditori, ai soci illimitatamente responsabili, la cui fonte di responsabilità individuata nella loro qualità di soci assorbe e rende irrilevante, come nella ipotesi del fallimento, ogni altra diversa fonte di responsabilità per lo stesso debito, purché si tratti di debito sociale. Nella sua portata totalizzante, il secondo comma dell'art. 184 (che costituisce la regola, quanto alla posizione dei debitori - società e soci - , della efficacia del concordato, laddove il primo comma indica la regola circa la posizione dei creditori rispetto al concordato) riduce lo spazio riservato alla seconda parte di detto primo comma ai coobbligati, al fideiussore del debitore (cioè della società e dei soci illimitatamente responsabili) e agli obbligati in via di regresso, che siano estranei alla compagine sociale, e induce a considerare, essi soltanto, terzi rispetto alla società, in quanto, non potendo ovviamente il loro fallimento essere prodotto dal fallimento della società, non possono neppure giovarsi della estensione dei benefici del concordato. In altri termini, perchè possa trovare applicazione il primo comma dell'art. 184, occorre che colui nei cui confronti il creditore conserva i suoi diritti sia un soggetto al quale il fallimento della società non potrebbe estendersi, poiché il socio, che fallisce per effetto del fallimento della società sarebbe tenuto a rispondere dei debiti sociali in quanto fallito; e, in quanto potenziale fallito, beneficia del concordato volto a sostituire una procedura concorsuale all'altra.
Che i coobbligati, i fideiussori e gli obbligati in via di regresso, nei cui confronti i creditori conservano impregiudicati i loro diritti, debbano essere persone diverse da quelle assoggettabili o assoggettate al fallimento è espressamente detto, con una disposizione che si riferisce evidentemente all'imprenditore individuale ma alla quale, per la unitarietà e la coerenza del sistema, devono raccordarsi le norme già esaminate sull'automatica estensione del fallimento della società ai soci illimitatamente responsabili (art. 147 e seg.), sugli effetti del concordato della società (art. 153) e sugli effetti del concordato preventivo (art. 184), dall'art. 135 l.f., il quale, dopo avere stabilito che il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori all'apertura del fallimento, dispone, analogamente al primo comma, seconda parte, dell'art. 184, che i creditori conservano la loro azione per l'intero contro i coobbligati, i fideiussori del fallito e gli obbligati in via di regresso e, implicitamente, che tali soggetti, in quanto creditori dell'imprenditore fallito, soggiacciono invece alle regole del concorso ed a quelle del soddisfacimento, in sede di concordato fallimentare, nei limiti della percentuale promessa: e sarebbe contrario alla ratio che ispira tutte le disposizioni sopra richiamate ritenere che anche i soggetti indicati nel primo comma, seconda parte, dell'art. 184 non debbano essere soggetti distinti da quelli (società e soci illimitatamente responsabili) per i quali venga adottata la procedura di concordato preventivo in sostituzione (e in prevenzione) della procedura fallimentare.
Se ne deduce che quella diversificazione tra la posizione del socio come tale e dello stesso quale fideiussore della società, che opera con riferimento al sorgere dell'obbligazione fideiussoria, quando i rapporti tra le parti vivono il loro momento fisiologico, risulta negata dalle norme che disciplinano le procedure concorsuali, sistematicamente intese secondo la logica propria di esse ispirata a superiori esigenze pubblicistiche, con l'obbligo per tutti (creditori e debitori) di rispettare la par condicio creditorum, di sottostare a concorso nonché agli effetti del concordato preventivo, con la conseguenza che l'autonomia patrimoniale rileva ai soli fini della collocazione del credito al passivo del socio e non a quello della società, quando si tratti di suoi debiti personali.
A sostegno della tesi qui accolta, si è acutamente osservato in dottrina che il concordato preventivo è un concordato "di massa" e "nella massa entrano, in quanto creditori di regresso anche i coobbligati e fideiussori del fallito, sebbene il loro credito di regresso faccia tutt'uno con quello del creditore principale", con la inaccettabile conseguenza che i soci, in quanto coobbligati, avrebbero os ad loquendum dalla parte dei creditori e sarebbero, al tempo stesso, offerenti e accettanti della proposta di concordato.
6. Queste considerazioni sono rafforzate dall'esame del precedente sistema legislativo.
La questione, se e in quali limiti il concordato preventivo della società si rifletta anche a favore dei soci illimitatamente responsabili, nacque all'atto stesso dell'introduzione nel nostro sistema dell'istituto del concordato preventivo con la legge 24 maggio 1903 n. 197. L'art. 25 di essa stabiliva: "I creditori di una società non possono pretendere il pagamento del residuo dai soci illimitatamente responsabili, se non dopo la omologazione del concordato".
Questa disposizione, entrata nella legge a seguito di una modifica del progetto che suonava in senso opposto, consentiva ai soci solo il beneficio della sospensione del pagamento durante la procedura di concordato; mentre dopo la sua omologazione essi dovevano pagare integralmente il residuo debito della società. In tal modo il concordato preventivo delle società di persone diveniva difficile e spesso inutile, in quanto i soci si sarebbero poi trovati costretti a pagare la totalità dei debiti sociali; con la conseguenza che, in caso di mancato pagamento, i soci che avevano evitato, mediante il concordato preventivo della società, spesso con oneri personali, il fallimento della medesima società, e così evitato anche il proprio fallimento, sarebbero poi falliti ugualmente per non aver pagato integralmente quei debiti della società, che i creditori avevano invece rimesso a quest'ultima, nella misura eccedente la percentuale concordataria. La norma, entrata nella legge (come si è detto) con un contenuto opposto a quello che aveva nel progetto, venne giustificata dal Guardasigilli dell'epoca, avendo egli ritenuto "essere più conforme allo spirito della legge e alle intenzioni delle parti interessate che l'obbligazione personale dei soci in sussidio della società non venga meno se non in quanto nel concordato sia pattuito che con la percentuale ricevuta si intendano svincolati anche i singoli soci dalla loro responsabilità illimitata e quindi sussidiaria"; ed avendo espressamente precisato che "se questa misura si adopera anche di fronte ai coobbligati e ai fideiussori del debitore concordatario non s'intende perché si debba abbandonare identica garanzia di fronte al socio solidalmente e illimitatamente responsabile in aggiunta al patrimonio della società, ente collettivo distinto dalla persona del socio".
La norma contenuta nel progetto era invece nel senso che "tuttavia i creditori di una società non possono pretendere il pagamento del residuo dai soci illimitatamente responsabili se non dopo la omologazione del concordato, e purché questo ne contenga la espressa riserva" ed aveva lo scopo di stabilire, in opposizione al comma precedente che lasciava impregiudicati senza limiti i diritti verso i coobbligati e fideiussori solidali, il divieto di molestare i soci durante la procedura di concordato e anche dopo in mancanza di espressa clausola contraria.
La disposizione dell'art. 25, fortemente criticata dalla dottrina dell'epoca, fu abrogata nella legge fallimentare vigente col ritorno alla formula del progetto originario, che conteneva l'esatta distinzione dei soci dai fideiussori e coobbligati solidali, quali soggetti diversi dai soci, con la consacrazione dell'effetto liberatorio del concordato- sempre- per i soci con la conseguenza che questo non può operare diversamente nei confronti della società e nei confronti dei singoli soci nè nei confronti di singoli creditori che non abbiano diritto di prelazione.
7. Deve, pertanto, concludersi nel senso che, ai sensi del secondo comma dell'art. 184 l.f., il concordato della società -salvo patto contrario, che dev'essere stipulato in sede concordataria fra tutti i creditori ed il socio o i singoli soci- ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, ancorchè, per i debiti sociali, avessero precedentemente prestato fideiussione a favore di taluno dei creditori della società; e che il primo comma dello stesso articolo, nello stabilire che i creditori anteriori al decreto di apertura del concordato, per i quali questo, se omologato, è obbligatorio, conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori dei debitori e gli obbligati in via di regresso, si riferisce ai terzi garanti o coobbligati che non siano nello stesso tempo soci.
Nei termini suddetti, i primi tre motivi del ricorso vanno quindi accolti, con conseguente cassazione della sentenza impugnata nella parte in cui contrasta con i principi sopra enunciati, cui il giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della Corte d'appello di Bologna, si uniformerà nel riesame della controversia.
Resta, conseguentemente, assorbito il quarto motivo concernente la decorrenza e la misura degli interessi sulla somma che la ricorrente era stata condannata a pagare alla Banca nazionale dell'agricoltura, sul presupposto che dovesse rispondere oltre la misura della percentuale concordataria.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M

La Corte, a sezioni unite, accoglie per quanto di ragione il primo, il secondo e il terzo motivo del ricorso e dichiara assorbito il quarto. In relazione alle censure accolte, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte d'appello di Bologna, che provvederà, inoltre, sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 1988.