Corte d’appello di Trieste 5 novembre 2004, ord.

Pres. Drigani - Rel. Cerroni

La Corte d’Appello di Trieste (omissis)

ha pronunciato la seguente

O r d i n a n z a

rilevato che S.B., A.C. e G. M., quali componenti del collegio sindacale della s.r.l.G. 2 corrente in Precenicco (Udine), hanno proposto ricorso al Tribunale di Udine a norma dell’art. 2409, ultimo comma, c.c., nel testo entrato in vigore in forza del D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, assumendo il sospetto di gravi irregolarità nella gestione della società da parte dell’organo amministrativo;

rilevato che il Tribunale di Udine, con provvedimento 18 giugno/1 luglio 2004, ha disposto l’ispezione giudiziaria della società, e che avverso detto provvedimento è stato proposto reclamo a questa Corte;

rilevato che la fattispecie de qua comporta che il Collegio valuti in limine la questione – già emersa all’attenzione dei primi commentatori della riforma del diritto societario – relativa all’ammissibilità della procedura di controllo ex art. 2409 c.c. nei riguardi delle società a responsabilità limitata;

ritenuto, in particolare, che sussiste il ragionevole dubbio dell’illegittimità costituzionale in parte qua di tale novellata normativa, alla luce delle considerazioni che seguono;

rilevato in primo luogo che - a tenore dell’art. 4 comma 1 e comma 2, lett. a), n. 4 della L. 3 ottobre 2001, n. 366, di delega al Governo per la riforma del diritto societario - la disciplina della società per azioni sarebbe stata modellata sui principi della rilevanza centrale dell'azione, della circolazione della partecipazione sociale e della possibilità di ricorso al mercato del capitale di rischio; essa altresì, garantendo comunque un equilibrio nella tutela degli interessi dei soci, dei creditori, degli investitori, dei risparmiatori e dei terzi, avrebbe dovuto prevedere un modello di base unitario e poi le ipotesi nelle quali le società sarebbero state soggette a regole caratterizzate da un maggiore grado di imperatività in considerazione del ricorso al mercato del capitale di rischio (comma 1); per tali fini si sarebbe preveduto: a) un ampliamento dell'autonomia statutaria, individuando peraltro limiti e condizioni in presenza dei quali sarebbero applicabili a società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio norme inderogabili dirette almeno a… (omissis): 4) prevedere la denunzia al tribunale, da parte dei sindaci o, nei casi di cui al comma 8, lettera d), numeri 2) e 3), dei componenti di altro organo di controllo, di gravi irregolarità nell'adempimento dei doveri degli amministratori (comma 2, lett. a), n. 4);

rilevato in proposito che, in esecuzione di detta delega, è stata così introdotta la norma di cui all’ultimo comma dell’art. 2409 novellato;

rilevato inoltre che, nella parte relativa alla riforma delle società cooperative diverse da quelle di cui al comma 1, lettera b) dell’art. 5, L. n. 366/01 cit., essa è stata ispirata ai seguenti principi e criteri direttivi: …(omissis) g) prevedere anche per le cooperative il controllo giudiziario disciplinato dall'art. 2409 c.c., salvo quanto previsto dall'art. 70, comma 7, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (art. 5, comma 2, lett. g), L. n. 366/01);

rilevato in proposito che è stata pertanto introdotta, in attuazione dei principi così fissati, la norma di cui all’art. 2545 quinquiesdecies c.c.;

ritenuto pertanto che il sistema delineato dalla legge delega appariva avere così inteso innovare in due soli aspetti il controllo giudiziario sulle società di capitali, tanto sotto il profilo della legittimazione al ricorso quanto in ordine all’estensione del controllo nei riguardi delle società cooperative, fatta eccezione per le materie bancaria e creditizia;

considerato invero (per quel che interessa in specie) che, in forza dell’espresso richiamo contenuto nell’art. 2488, comma 4, c.c. nel testo previgente (introdotto dall’art. 19, L. n. 127/91), la procedura di cui all’art. 2409 c.c. era in precedenza comunemente applicabile anche alle società a responsabilità limitata;

osservato nel contempo che, all’esito dell’intervento del legislatore delegato, nel capo relativo alla società a responsabilità limitata non è più contenuto alcun richiamo di applicabilità alla norma generale in argomento (a differenza di quel che accade, ad es., per le stesse società in accomandita per azioni, in virtù della disposizione di cui all’art. 2454 c.c.);

ritenuto infatti che è ora solamente previsto, dall’art. 2476, comma 3, c.c., un provvedimento cautelare di revoca degli amministratori in caso di gravi irregolarità di gestione, peraltro solamente su istanza del socio in via incidentale nell’ambito di un giudizio di responsabilità (giudizio in sé rinunciabile ovvero transigibile, in presenza delle condizioni di cui all’art. 2476, comma 5, c.c.);

considerato che ogni eventuale incertezza sulla volontà del legislatore delegato appare comunque venire meno alla luce della relazione ministeriale, che in considerazione del sistema di tutele siccome sommariamente ricordato ha espressamente valutato la sopravvenuta superfluità, relativamente alle società a responsabilità limitata, della particolare forma d’intervento giudiziario già assicurata dall’art. 2409 cit.;

ritenuto al riguardo che non appare convincente l’argomentazione svolta nel reclamato decreto dal Tribunale di Udine, laddove esso ha riconosciuto la possibilità di ricorrere a siffatto strumento di controllo in quanto sussistano le specifiche ipotesi di nomina obbligatoria del collegio sindacale di cui all’art. 2477 c.c., che appunto al comma 4 richiama le disposizioni in tema di società per azioni;

rilevato infatti che il collegamento letterale appare all’evidenza debole e comunque in contrasto (v. infra) con le stesse generali previsioni della legge delega (la quale – contrariamente all’assunto del Tribunale – non appare prefigurare distinzioni di disciplina nell’ambito delle società a responsabilità limitata), e per l’effetto invero introduce - tra l’altro - una differenza nelle attribuzioni del collegio sindacale, qualora esso si presenti di nomina obbligatoria ovvero facoltativa;

ritenuto infine che siffatta lettura giurisprudenziale appare, come si è visto e per quanto possa rilevare, del tutto estranea ed anzi contrastante rispetto alla volontà manifestata dal legislatore delegato;

osservato in proposito che la stessa legge delega, sebbene abbia accentuato il carattere di autonomia privatistica attribuito alle società a responsabilità limitata (La riforma della disciplina della società a responsabilità limitata è ispirata ai seguenti principi generali: a) prevedere un autonomo ed organico complesso di norme, anche suppletive, modellato sul principio della rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali tra i soci; b) prevedere un'ampia autonomia statutaria; c) prevedere la libertà di forme organizzative, nel rispetto del principio di certezza nei rapporti con i terzi, cfr. art. 3, comma 1, L. n. 366/01), non ha mancato di porre comunque attenzione agli interessi di natura generale (In particolare, la riforma è ispirata ai seguenti principi e criteri direttivi: (omissis) f) ampliare l'autonomia statutaria con riferimento alla disciplina del contenuto e del trasferimento della partecipazione sociale, nonché del recesso, salvaguardando in ogni caso il principio di tutela dell'integrità del capitale sociale e gli interessi dei creditori sociali, cfr. art. 3 comma 2);

ritenuto quindi che proprio la tutela di siffatti interessi appare andare al di là della

mera visione contrattuale;

ritenuto pertanto che – proprio alla stregua dei principi fissati dal legislatore delegante – la disciplina introdotta dal legislatore delegato appare collocarsi al di fuori della delega siccome espressa, la quale - da un lato - accentuava il carattere contrattuale della società a responsabilità limitata, ma dall’altro ne conservava anche il rilievo non strettamente individuale nel quadro generale societario e lato sensu economico;

ritenuto altresì che, in relazione al requisito della non manifesta infondatezza della questione, una così rilevante modificazione al sistema dei controlli societari appare in contrasto con quelle riconosciute esigenze di salvaguardia dell’interesse generale fatte proprie anche dal legislatore delegante del 2001, esigenze alla cui tutela l’art. 2409 c.c. è sempre risultato preordinato quale utile strumento ai fini di una corretta amministrazione e di una regolare gestione della società;

rilevato infatti che il legislatore delegante non si era in alcun modo soffermato circa il venire meno di tale sistema di controllo, laddove da un lato lo strumento incidentale di cui all’art. 2476 cit. appare funzionale solamente all’eventuale risoluzione di un conflitto interno alla società, e dall’altro l’intervento del Tribunale è invece rivolto di per sé al perseguimento dell’interesse generale alla correttezza della gestione sociale, in considerazione anche dell’ampio spettro di interventi

assicurato dalla norma, tra l’altro non limitato dalla possibile definizione conciliativa ovvero stragiudiziale della controversia privata tra soci e amministratori e società;

ritenuto, quanto alla rilevanza della questione, che la lettura che questa Corte assume circa la norma risultante dal combinato disposto degli artt. 2477 e 2409 c.c., nonché dello stesso art. 2476, comma 3, c.c., non può che condurre a decidere in ordine alla non ammissibilità del ricorso così come originariamente proposto, mentre l’interpretazione adottata dal Tribunale di Udine non appare condivisibile alla stregua delle osservazioni che precedono, ed anzi vieppiù appare confermare (laddove accerta l’esistenza di una pluralità di sistemi di controllo riguardanti le società a responsabilità limitata) il complessivo vizio di eccesso di delega – atteso che in proposito il legislatore delegante nulla aveva determinato - in merito all’individuazione di eventuali principi o criteri direttivi;

ritenuto pertanto che la Corte d’Appello di Trieste ritiene di sollevare ex officio questione di legittimità costituzionale degli artt. 2409, comma 1 e comma 7, c.c., nonché – atteso il complessivo sistema così emergente – dell’art. 2477, comma 4,  c.c. e dell’art. 2476, comma 3, c.c., per violazione dell’art. 76 Cost.;

ritenuto che, attesa la necessaria sospensione del procedimento, si impone – quale provvedimento del tutto conseguente ed opportuno – che venga altresì sospesa l’esecutorietà del reclamato decreto

P. Q. M.

solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 2409 comma 1 e comma 7 c.c., dell’art. 2477 comma 4 c.c. e dell’art. 2476, comma 3, c.c., in relazione all’art. 76 Cost.;

sospende per l’effetto la procedura siccome radicata, sospendendo altresì l’esecutorietà del provvedimento reclamato;

manda alla Cancelleria per la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;

manda altresì alla Cancelleria per la notificazione alle parti e al Pubblico Ministero nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri, e per la comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei Deputati.