Tribunale Milano
sez. VIII, 27 novembre 2008, n. 14099
La norma dell'art. 2501
bis c.c., cristallizza, a tutela dei soci di minoranza e dei creditori della
target, i requisiti di liceità di una particolare operazione che
potrebbe prestarsi ad una elusione del divieto di cui all'art. 2358 c.c. in
quanto ha in sé il rischio che l'acquirente delle quote ed il
finanziatore di questi contino sulla possibilità per il primo, una volta
effettuato l'acquisto, di asservire attraverso la fusione il patrimonio della
società target al rimborso del debito contratto per l'acquisizione. Un
debito preesistente, non contratto in funzione dell'acquisizione, può
comunque aggravare la posizione finanziaria netta del target dopo la fusione,
ma non dà titolo ai soci di minoranza o ai creditori di dolersi
invocando la norma del 2501 bis c.c.; così come non dà titolo di
ricorrere alla norma l'ipotesi in cui il rischio del finanziatore sia
interamente coperto da garanzie collaterali fornite dallo stesso raider. Pertanto
nelle operazioni in cui sia acquisito il controllo del target tramite un
finanziamento concesso a quello scopo alla società raider, la quale
pianifichi la fusione con la target, si impone l'adozione da parte degli
amministratori di un procedimento di fusione "aggravato",
poiché, secondo la stessa disciplina voluta dal legislature con la norma
di recente introdotta, e attraverso lo strumento della pianificazione,
soprattutto finanziaria, che si può discernere, nell'ambito del LBO, il
lecito dall'illecito: l'operazione è legittima se il progetto di fusione
o gli altri documenti informativi depositati a corredo del progetto di fusione,
contengono informazioni adeguate ed attendibili circa la disponibilità
delle risorse finanziarie necessarie a garantire la continuità dell'equilibrio
finanziario della società target, e quindi il soddisfacimento delle
obbligazioni della società risultante dalla fusione (in tal caso la
fusione è neutra dal punto di vista dell'equilibrio finanziario della
target); se così non è, la fusione potrebbe rivelarsi fonte di
danno per i soci di minoranza e i creditori della società target, il cui
patrimonio potrebbe venire "asservito" al rimborso di un debito
contratto per la sua acquisizione. In questi casi il danno si può manifestare
nella "incongruità" del rapporto di cambio, se ed in quanto il
debito della controllante ha l'effetto di deprimere in maniera illegittima -
oltre, cioè i limiti di una "sostanziale conservazione" ovvero
in maniera "squilibrata" rispetto ai soci di maggioranza - il valore della
partecipazione posseduta dai soci ante fusione.