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 Modulo C – La “Privacy” e i suoi significati

Molta confusione che circonda il concetto di privacy potrebbe scomparire se ci si rendesse conto che il fenomeno stesso può venire affrontato a diversi livelli, percettivo, cognitivo o comportamentale, senza che si modifichi la sua natura. Un soggetto può, nella medesima situazione, venire studiato come uno che percepisce, conosce, appare, sente o agisce in modi che si potrebbero dire si collocano a un qualche punto lungo una dimensione che va dall’estremo di una forte intimità all’altro estremo di una intimità minima.

Alcuni autori sottolineano i «diritti» alla privacy, altri la serie di meccanismi di controllo per mantenerla e altri ancora il superamento delle pressioni sociali ad essa connesse. Nell’enfatizzare ancora una volta che la scelta di un concetto è una questione di opportunità scientifica e non la ricerca del vello d’oro, siamo costretti per esigenze di brevità a presentare la «migliore offerta». Proponiamo perciò come definizione più utile di privacy quella di «una condizione di accesso ottimale da parte degli altri al sé (o gruppo)». Questa definizione non pregiudica il livello a cui la «condizione» può essere misurata, ma si accorda bene con il concetto di schema socio-spaziale. Un tale schema verrà sperimentato per esempio come soddisfacente, piacevole o confortevole, a meno che non sia caratterizzato dalla forma adeguata eccessiva (o scarsa) di interazioni sociali. È importante sottolineare che il comportamento sgradito da parte di poche persone può avere la stessa qualità di invadenza quanto un comportamento meno offensivo da parte di un numero più vasto. Poche persone che calpestano le aiuole di qualcuno possono apparire altrettanto minacciose per la privacy quanto orde di persone che sbirciano dal muretto di cinta. Come nella strutturazione cognitiva di tutti i piani d’azione, è possibile generare uno «schema ideale» e intraprendere una serie di azioni di controllo per modificare uno schema esistente in uno ideale. Abbiamo un’intera serie di tali schemi ideali per le diverse situazioni, come fare l’amore, ricevere alcuni amici, viaggiare in uno scompartimento ferroviario, fare un picnic in campagna. Essi variano come dimensione spaziale e nella loro struttura sociale. La permeabilità dei loro confini (cioè la facilità con cui noi «permettiamo» alla gente di avere accesso al sé) è estremamente variabile. Tuttavia noi non dipendiamo interamente da un «pacchetto» di schemi ideali, altrimenti saremmo incapaci di orientarci o di «sentirci a nostro agio» in situazioni completamente nuove.

Ci sono diversi mezzi a nostra disposizione per regolare la nostra «privacy». A livello di comportamento possiamo agire apertamente per prevenire la violazione in zone più intime del nostro spazio personale (schema), l’area che circonda l’io e che si muove con noi. Se qualcuno invade la nostra privacy fissandoci, ad esempio, noi possiamo «fissarlo a nostra volta» o voltarci di lato; se uno ci tocca in un modo o in una parte del corpo che non ci piace (oppure anche se la cosa è piacevole, nondimeno è inopportuna!), noi possiamo intraprendere un’azione evasiva o assestargli uno schiaffo ammonitore. Se l’invasione viene perpetrata in un territorio fisso, quale un gruppo determinato di poltrone in una casa di riposo per persone anziane, o in un club militare, possiamo dislocare alcuni membri del gruppo per scacciare gli intrusi, o collocare degli oggetti personali (indicatori) per contrassegnare il territorio di appartenenza. Si dovrebbe ancora sottolineare tuttavia che la regolazione dello spazio personale e del territorio può comprendere un comportamento designato sia a respingere l’interazione sociale sia a stimolarla. Quest’ultima tattica sarà utilizzata laddove la privacy è così grande da far insorgere sentimenti di solitudine. Inoltre la regolazione può realizzarsi non solo attraverso la comunicazione del corpo, ma anche attraverso tutte le forme della comunicazione verbale, ad es. «dovremmo vederci più spesso», «che cosa ti ha fatto venire?» Queste sono tecniche (a breve termine), o piani (a lungo termine) per modificare le dimensioni dei confini, la composizione e la struttura sociale degli schemi spaziali.

Infine, ciò che costituisce un ottimo livello di privacy e un insieme accettabile di meccanismi di regolazione è fortemente determinato dalle norme sociali. Apprendiamo i nostri schemi non solo attraverso relazioni funzionali dirette con l’ambiente ma anche attraverso processi di conformismo all’interno della società. Ad es., le norme relative allo spogliarsi e alla seminudità sono diverse sulla spiaggia e in ufficio. Ancora, le persone della classe media parlano spesso a voce alta ed in modo ostentato su autobus e treni, mentre de persone che appartengono alla classe lavoratrice in genere preferiscono parlare sottovoce, per un diverso senso di privacy.

T. Lee, Psicologia e ambiente, Zanichelli, Bologna 1978