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 Modulo I – Le misure indirette degli atteggiamenti

Le tecniche di misurazione delle quali abbiamo parlato si basano sulla consapevolezza che la persona ha del proprio atteggiamento e sulla capacità di comunicarlo verbalmente. Con tali tecniche la persona sa che si sta sottoponendo ad un esame valutativo di un suo atteggiamento, e ciò può alterare in vari modi le sue risposte, determinando persino delle distorsioni causate dal desiderio di fare una buona impressione sull’intervistatore, di apparire psicologicamente «normale», o per diverse altre ragioni.
Alcuni psicologi hanno cercato di elaborare delle misure che fossero meno esposte a distorsioni di quel tipo (Campbell, 1950; Webb, Campbell, Schwartz e Sechrest, 1966). Le tecniche indirette, nelle quali il soggetto ignora che il suo comportamento ed i suoi atteggiamenti sono sottoposti a delle valutazioni, sono di due tipi. In quelle del primo tipo, il comportamento di un soggetto può essere osservato senza farlo sapere al soggetto. In quelle del secondo tipo si può lasciare credere al soggetto di essere valutato su un’altra dimensione, ad esempio, le capacità intellettuali, mentre in effetti vengono esaminate le sue risposte emotive riguardo a tal uni oggetti. Le tecniche indirette sono particolarmente utili nel caso in cui i soggetti appaiono riluttanti ad esprimere con sincerità i propri atteggiamenti.
In una tecnica indiretta, lo sperimentatore presenta al soggetto delle figure chiedendogli di elaborare un racconto. (…) La risposta del soggetto viene valutata in riferimento all’atteggiamento che esprime nei confronti della persona o della situazione presentate nella figura. In tal modo, se il soggetto interpreta ripetutamente delle immagini di oggetti simili in maniera strutturalmente analoga, si può ritenere che i suoi racconti siano determinati da qualcosa che è presente in lui (il suo atteggiamento) e non da qualcosa che si trova nell’immagine. Presentiamo le risposte di due soggetti alla stessa figura in una misura del pregiudizio nei confronti della povertà e delle differenze razziali:
 
Soggetto A:
La casa di un uomo bisognoso… squallida, arredata miseramente. Probabilmente la scena si svolge in una regione agricola del Sud. Potrebbe anche essere la casa di un disoccupato. Le condizioni di abitabilità sono orribili. Perché il governo non prende dei provvedimenti per questa gente? Il lavoratore non qualificato viene sempre abbandonato a se stesso.
 
Soggetto B:
L’immagine di una stanza, molto in disordine, con una stufa al centro, una donna sulla sinistra, ed un uomo in piedi nei pressi della stufa, due bambini vicino a lui. È una tipica stanza di coloro che vengono in genere chiamati «povera gente». Sembra gente sciatta che trae piacere dal vivere tra i rifiuti.
 
Queste risposte indicano chiaramente degli atteggiamenti molto diversi nei confronti della miseria e delle sue cause.
In un altro metodo indiretto adoperato nello studio del pregiudizio, i soggetti ricevono delle figure maschili e femminili ritagliate da pezzi di feltro bianco e nero e viene loro chiesto di sistemarle in qualsiasi modo preferiscono su un tavolo (Kuethe, 1964). L’organizzazione delle figure può essere classificata in base al numero di raggruppamenti che sono stati effettuati. Alcuni studi realizzati con questa tecnica hanno posto in evidenza una stretta correlazione tra essa e diverse altre tecniche per la misura dell’etnocentrismo e del pregiudizio. Vi sono molte tecniche indirette che comportano la memorizzazione di affermazioni favorevoli o sfavorevoli nei confronti dell’oggetto, il completamento di sillogismi (tutti gli uomini sono stupidi; Smith è un uomo, quindi Smith è stupido) caratterizzati da conclusioni favorevoli o sfavorevoli ò la valutazione della plausibilità delle caratteristiche degli items di un test. Tutte queste tecniche indirette presentano la prova come se si trattasse di un test cognitivo o di intelligénza, mentre lo sperimentatore in realtà interpreta gli atteggiamenti del soggetto così come emergono dalle sue percezioni, dal materiale mnemonico, e dai procedimenti logici.
Sebbene vengano adoperati di frequente dei compiti specifici, gli atteggiamenti possono spesso essere valutati osservando in segreto il comportamento dei soggetti. Uno psicologo misurò l’interesse dei visitatori di un museo nei confronti delle tele esposte nelle varie sale osservando lo stato di usura delle piastrelle del pavimento poste in corrispondenza di ogni dipinto (Melton, 1936), partendo dal presupposto che un’usura elevata sarebbe stata indicativa di una presenza maggiore di visitatori davanti ai quadri. Tenne anche presente il fatto che i visitatori avevano la tendenza a girare a destra dopo essere entrati nel museo e di trascinare i piedi verso la fine della visita. I risultati confermarono le attese nel senso che tale indice indiretto si rivelò abbastanza attendibile.
Un’altra misura indiretta è costituita dalla tecnica c.d. della «lettera smarrita» (Milgram, Mann e Harter, 1965) progettata allo scopo di misurare gli atteggiamenti nei confronti di vari gruppi sociali e politici. Delle lettere affrancate indirizzate a varie organizzazioni quali la «Lega dei Giovani Comunisti» vengono sparse per tutta una città, in negozi, cabine telefoniche, o nei marciapiedi. Quale indicazione del tipo di atteggiamento generale nei confronti di una causa o di una organizzazione viene considerato il numero di lettere raccolte dalla gente e spedite ai destinatari in base all’indirizzo segnato sulle buste.
Le misure indirette degli atteggiamenti sollevano alcuni problemi importanti per gli psicologi. Entro quali limiti la valutazione dell’atteggiamento di una persona può considerarsi o meno una violazione della sfera privata? L’occultamento degli scopi reali costituisce una violazione etica? Si ha sempre bisogno del consenso del soggetto? Psicologi e non «addetti ai lavori» hanno in genere delle opinioni abbastanza differenti su tali problemi, che non solo concernono in maniera specifica l’applicazione dei test per la misura degli atteggiamenti, ma investono tutta la ricerca psicologica. Alcuni studi più recenti relativi alla misura degli atteggiamenti pongono in rilievo il fatto che i test diretti e indiretti potrebbero registrare degli aspetti diversi degli atteggiamenti. Ciò induce a pensare che idealmente per la misurazione di atteggiamenti complessi dovrebbero essere adoperati entrambi i tipi di misura.
L’uso di due o più misure indipendenti dovrebbe consentire una interpretazione più precisa e completa degli atteggiamenti.
 
G. Lindzey, C.S. Hall, R.F. Thompson, Psicologia, Zanichelli, Bologna 1977