Forum A – Unità A2
L’imprenditore
► Riepiloghi
La definizione di imprenditore è contenuta nell’art. 2082 c.c. che così dispone:
“È imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.”
Il requisito della economicità sussiste se l’attività svolta è capace di coprire almeno le spese con i propri ricavi.
Il requisito della professionalità è ritenuto presente se l’attività produttiva viene svolta in modo abituale e stabile e non in modo occasionale.
Il requisito della organizzazione consiste nel coordinamento dei fattori produttivi.
Il fine della produzione o dello scambio sussiste quando l’attività è rivolta al mercato e alla vendita.
- impresa commerciale;
- impresa agricola;
- piccola impresa.
La differenza più rilevante, sul piano normativo, fra questi tipi di impresa può essere schematizzata nel modo seguente.
L’imprenditore commerciale:
- è obbligato ad iscriversi nel registro;
- è obbligato a tenere le scritture contabili indicate dalla legge;
- è soggetto al fallimento e alle altre procedure concorsuali.
L’imprenditore agricolo e il piccolo imprenditore:
- non sono obbligati a tenere le scritture contabili, ad eccezione di quelle richieste per i controlli fiscali;
- non sono soggetti al fallimento né alle altre procedure concorsuali.
Altre classificazioni
Titolari d’impresa possono inoltre essere singoli individui o società, soggetti privati o soggetti pubblici.
Imprese individuali sono chiamate quelle esercitate da una singola persona fisica che assume su di sé i diritti e gli obblighi derivanti dall’attività imprenditoriale.
Imprese societarie sono chiamate quelle esercitate da una società.
Imprese private sono quelle di cui è titolare un soggetto privato, sia esso una persona fisica o una società.
Imprese pubbliche sono quelle di cui è titolare lo Stato o un altro ente pubblico.
È impresa familiare quella in cui collaborano in modo continuativo, con il titolare imprenditore, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.
L’impresa familiare può assumere la dimensione sia della piccola che della grande impresa.
Tra i diritti riconosciuti dall’art. 230 bis a ciascun familiare che presti la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa in modo continuativo e non saltuario segnaliamo:
-
il diritto di partecipare alla divisione degli utili in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato nell’impresa;
-
il diritto di proprietà su una quota dei beni acquistati con gli utili reinvestiti e non distribuiti;
-
il diritto di partecipare alle decisioni più importanti
Al titolare dell’impresa è lasciata l’attività di direzione.
Sono liberi professionisti coloro che esercitano una professione intellettualesenza vincoli di subordinazione.
i liberi professionisti non sono considerati imprenditori, anche se nell’esercizio della loro professione si avvalgono di una rilevante organizzazione di persone e di mezzi.
Alcune professioni intellettuali sono protette in quantonessuno può esercitarle in concorrenza con chi già le esercita, se prima non ottiene l’iscrizione in appositi albi tenuti dagli Ordini professionali.
Per essere iscritti a un albo professionale è necessario superare un esame di Stato, perché così dispone l’art. 33, comma 5 della Costituzione. Altre e più specifiche regole sono poste da diverse leggi speciali. La via più breve per conoscerle è chiedere informazioni agli uffici dell’Ordine del quale si vuole
Tra le professioni intellettuali ce ne sono alcune che sono protette perché nessuno può esercitarle in concorrenza con chi già le esercita, se prima non ottiene l’iscrizione in appositi albi tenuti dagli Ordini professionali.
Gli Ordini sono associazioni alle quali l’art. 2229 c.c. assegna il compito di:
- accertare l’esistenza di una doverosa competenza in chi chiede di essere ammesso all’esercizio della professione;
- tenere gli albi professionali;
- esercitare il potere disciplinare sugli iscritti. Tale potere consente di comminare sanzioni che possono giungere, per i casi più gravi, alla sospensione o alla radiazione dall’albo con conseguente divieto di esercitare ancora la professione.
Per essere iscritti a un albo professionale è necessario superare un esame di Stato, perché così dispone l’art. 33, comma 5 della Costituzione. Altre e più specifiche regole sono poste da diverse leggi speciali. La via più breve per conoscerle è chiedere informazioni agli uffici dell’Ordine di riferimento.
► Approfondimenti
L’impresa sociale è regolata dal d.lg. 155 del 2006.
L’art. 1 stabilisce che possono acquistare la qualifica di impresa sociale le organizzazioni private e le società che esercitano in via stabile e principale un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale.
L’art. 2 elenca quali produzioni di beni o servizi si considerano di utilità sociale.
L’art. 3 sancisce l’assenza dello scopo di lucro, stabilendo che gli utili e gli avanzi di gestione vengano destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio, e che non possano essere distribuiti, sotto qualsiasi forma, ad amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori.
Accade, talvolta, che l’attività imprenditoriale venga esercitata da un prestanome cosicché rimane occulto colui che realmente dirige l’impresa e si appropria degli utili.
La prima domanda che dobbiamo porci è: perché un imprenditore decide di celarsi dietro un prestanome? Che cosa cerca di nascondere?
Generalmente le ragioni che inducono a nascondere la vera titolarità dell’impresa sono di due specie:
1. Il soggetto non può esercitare l’attività imprenditoriale in prima persona. Ciò può accadere, ad esempio, perché è un dipendente pubblico e come tale non può svolgere attività commerciali; oppure perché, essendo già titolare di molte imprese che operano nel medesimo settore non può acquisirne altre senza violare le norme antitrust.
2. Il soggetto non vuole rischiare tutto il proprio patrimonio nell’impresa né intende sostenere la spesa per costituire una società a responsabilità limitata Si serve, allora, di un prestanome generalmente nullatenente. Questi si comporta come se fosse l’imprenditore spendendo il proprio nome e assumendo personalmente diritti e obblighi. Il vero imprenditore, invece, rimane occulto. Fin quando gli affari andranno bene egli trarrà profitto dall’impresa, ma se dovessero andare male e i creditori presentassero istanza di fallimento, scoprirebbero, con inutile indignazione, che il soggetto con cui
hanno trattato, cioè il prestanome, non dispone di alcun patrimonio che permetta loro di recuperare i crediti.
Se anche i creditori scoprissero l’esistenza dell’imprenditore occulto la situazione non cambierebbe. Il rapporto tra imprenditore occulto
e prestanome si configura, infatti, come un regolarissimo mandato senza rappresentanza.
Il mandato, stabilisce l’art. 1703 c.c, è il contratto col quale una parte (nel nostro caso il prestanome) si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra.
Nel mandato senza rappresentanza, stabilisce l’art. 1705 c.c. il mandatario (nel nostro caso il prestanome) agisce in nome proprio e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi.
Dalla combinazione di queste due norme si desume che l’imprenditore occulto, anche se viene individuato, non risponde dei debiti d’impresa.
Diversa è la posizione del socio occulto.
Se l’impresa è gestita in forma societaria e un socio rimasto occulto viene individuato, l’eventuale fallimento della società si estende anche a lui. Dispone in proposito l’art. 147 c. 4 della legge fallimentare:
“Se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi.”
E’ da segnalare un orientamento giurisprudenziale che tende ad estendere il disposto dell’art. 147 l. fall. anche all’imprenditore individuale occulto.