Forum B – Unità B2
La tutela giurisdizionale dei diritti
► Riepiloghi
Nel nostro ordinamento opera una giurisdizione ordinaria e alcune giurisdizioni speciali
La giurisdizione ordinaria si divide in due grandi rami:
- la giurisdizione penale, diretta ad accertare se siano stati commessi reati e a perseguire i colpevoli;
- la giurisdizione civile, che ha per oggetto la risoluzione di controversie che sorgono in materie regolate dal diritto privato.
Le giurisdizioni speciali si occupano soltanto di alcune specie violazioni. Sono giurisdizioni speciali quelle esercitate dai tribunali amministrativi regionali, dal Consiglio di Stato, dai tribunali militari.
Sono giudici di primo grado il giudice di pace, il tribunale, e la corte d’assise (che ha competenza solo per i reati più gravi).
Contro la sentenza del giudice di primo grado si può ricorrere a un giudice di secondo grado o di appello.
Contro la sentenza del giudice di appello si può ricorrere in Cassazione ma solo per questioni di legittimità e non di merito.
Al fine di evitare che la Cassazione sia impegnata nell’esame ricorsi pretestuosi presentati solo al fine dilazionare i tempi della sentenza definitiva, la legge 69/2009 ha introdotto una sorta di filtro costituito ad un’apposita sezione, che verifica preventivamente se il ricorso è ammissibile.
In particolare, stabilisce l’art. 360 bis del codice di procedura civile, il ricorso non è ammissibile quando il giudice, nella sentenza impugnata, ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa.
Reato è chiamato qualsiasi fatto commesso in violazione di una norma di diritto penale.
Delitti sono chiamati i reati più gravi, come l’omicidio, la rapina, il sequestro di persona.
Sono puniti con sanzione detentiva ma, quando la legge lo prevede, a questa può aggiungersi anche una pena pecuniaria.
L’azione penale si avvia quando al Procuratore della Repubblica giunge una notizia di reato.
Appresa la notizia il procuratore avvierà le indagini volte ad accertare, con l’aiuto degli organi di polizia giudiziaria, se il reato è stato veramente commesso e chi, presumibilmente, può averlo commesso.
Se le indagini condurranno a ritenere con ragionevole certezza che la persona indagata sia realmente responsabile del reato di cui viene accusata, si aprirà il processo vero e proprio detto anche dibattimento.
Nel dibattimento:
- il procuratore che ha condotto le indagini assumerà il ruolo di Pubblico Ministero;
- il presunto colpevole assumerà il ruolo di imputato.
Accusa e difesa si confronteranno su un piano di parità, davanti a un magistrato giudicante.
Questi, quando avrà raggiunto un sicuro convincimento, emetterà la sentenza che potrà essere di assoluzione o di condanna.
A differenza della giurisdizione penale, la giurisdizione civile è volontaria. Il processo civile si apre solo su iniziativa della parte che ritenga sia stato leso un proprio diritto soggettivo
Condizione per l’avvio di un procedimento civile è la notificazione al convenuto dell’atto di citazione.
L’atto di citazione, secondo quanto dispone l’art. 163 c.p.c. deve contenere tra l’altro:
- l’indicazione delle generalità dell’attore e del convenuto;
- l’indicazione dell’oggetto della domanda giudiziale;
- l’esposizione dei fatti e delle norme su cui si fonda la pretesa dell’attore;
- la descrizione dei mezzi di prova e dei documenti di cui l’attore intende avvalersi;
La notificazione è il modo con cui si rende ufficialmente «nota» al convenuto la citazione in giudizio.
La notificazione dell’atto di citazione è una condizione indispensabile, ma non ancora sufficiente, per iniziare il processo. Affinché le parti possano comparire davanti al giudice è necessario che si costituiscano in giudizio.
La costituzione in giudizio si effettua consegnando in cancelleria il proprio fascicolo contenente i documenti indicati negli artt. 165 e 166 c.p.c.
Se le parti non si costituiscono il processo si estingue.
Se una parte non si costituisce verrà dichiarata contumace e il processo potrà proseguire anche in sua assenza.
Il giudice istruttore a cui la causa è affidata, prende visione delle domande (o istanze) delle parti e procede all’esame degli elementi di prova sui quali dovrà fondare il proprio giudizio.
Solo le prove addotte dalle parti possono essere poste a fondamento della decisione del giudice.
È consentito però al giudice disporre consulenze tecniche (o perizie).
Completata l’acquisizione delle prove, valutati i fatti e interpretata la legge il giudice emette la sentenza.
La sentenza deve contenere:
- il riassunto della causa,
- il dispositivo, cioè ciò che il giudice dispone.
- la motivazione, cioè l’esposizione delle ragioni di diritto e di fatto che hanno giustificano il dispositivo.
Il giudice, stabilisce l’art. 112 c.p.c., si deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa.
La sentenza diventa definitiva quando passa in giudicato.
La sentenza si considera passata in giudicato:
- quando le parti hanno lasciato decadere i termini previsti per ricorrere al grado di giudizio superiore;
- oppure quando è stata confermata dalla Cassazione.
In pratica non si può iniziare una causa, nelle materie indicate dal decreto, se prima non si è svolto un tentativo di conciliazione presso un mediatore accreditato.
L’incontro di mediazione, così come previsto dalla nuova normativa, si articola come segue:
- la parte che rivendica la lesione di un diritto soggettivo si rivolge a un centro autorizzato di mediazione; il centro assegna al richiedente un mediatore, fissa una data per il primo incontro e ne dà comunicazione alla parte avversa;
- nell’incontro il mediatore accoglie le parti in lite e chiede a ciascuna di descrivere il problema;
- negli incontri successivi le aiuta a chiarire le rispettive posizioni e le invita a fornire il maggior numero di soluzioni che, secondo ciascuna di esse, potrebbero risolvere la questione;
- se le parti raggiungono un accordo, il mediatore redige un processo verbale che verrà sottoscritto dalle parti e avrà valore di titolo esecutivo;
- se le parti non raggiungono l’accordo, quella che vi ha interesse può ricorrere al magistrato e iniziare un regolare processo. In questo caso tuttavia, se il giudice, a conclusione del processo, non le accordasse più di quanto le era stato proposto nel tentativo di conciliazione, essa potrà essere condannata a pagare tutte le spese processuali.
Il Tribunale è competente a giudicare tutte le controversie che non siano state assegnate dalla legge alla competenza del Giudice di pace
Il Giudice di Pace è competente a giudicare le controversie relative:
- ai beni mobili di valore non superiore a € 5.000,00 (dal 4/7/09) quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice;
- alla circolazione di veicoli e di natanti purché il valore della controversia € 20.000,00 (dal 4/7/09).
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Sono anche di competenza del giudice di pace, indipendentemente dal valore:
- le cause relative ad apposizione di termini e osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;
- le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case;
- le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità .
- per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali.(dal 4/7/09)
Quando la legge non lo vieta e su richiesta delle parti interessate, il Giudice di Pace può decidere secondo equità le cause fino a 1100 euro.
Il giudizio secondo equità è ispirato ai principi regolatori della materia di cui si tratta e comunque nel rispetto delle norme costituzionali.
Giudice di secondo grado (o di appello) è:
- il Tribunale civile per le sentenze emesse dal Giudice di pace,
- la Corte d’Appello per le sentenze emesse dal Tribunale.
Il documento informatico
- se il documento contiene una firma digitale assume lo stesso valore probatorio della scrittura privata;
- se il documento contiene una semplice firma elettronica (user name o pass¬word) ha rilevanza giuridica ma la sua efficacia è rimessa al prudente apprezzamento del giudice;
- se è privo anche di firma elettronica, costituisce prova solo se colui contro il quale è prodotto non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose rappresentate.
La scrittura privata
è un atto redatto o soltanto sottoscritto da una o più persone.
La scrittura privata autenticata
è un documento nel quale un notaio o un altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato attesta che la sottoscrizione è stata operata in sua presenza da persona della quale ha accertato l’identità.
L’atto pubblico
è il documento redatto da un notaio o altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato il quale attesta, nelle forme previste dalla legge, che le dichiarazioni riportate nell’atto sono state fatte davanti a lui, in quella data, da persone di cui ha accertato l’identità.
Entrambi i documenti fanno piena prova fino a querela di falso.
La confessione è la dichiarazione resa da una persona sulla verità di fatti a sé sfavorevoli e favorevoli alla controparte..
Il giuramento è una dichiarazione resa in giudizio da una parte sotto il vincolo solenne di dire la verità su determinati fatti riguardanti la causa.
La testimonianza è una dichiarazione resa al giudice sotto il vincolo del giuramento, con la quale una persona riferisce ciò che conosce in relazione a fatti inerenti la causa.
Possono essere semplici o legali
La presunzione semplice è operata dal giudice nel corso di un giudizio sulla base del prudente apprezzamento dei fatti.
La presunzione legale si ha nei casi in cui è la stessa legge ad attribuire a un determinato fatto noto il valore di prova rispetto a un altro fatto ignoto.
La presunzione legale è:
- relativa, se ammette la prova contraria;
- assoluta, se non ammette la prova contraria.
Attore è colui che agisce presentando al giudice l’istanza, cioè la richiesta diretta a far valere il proprio diritto soggettivo.
Egli, dispone l’art. 2697 c.c., ha l’onere di provare i fatti su cui si fonda la propria richiesta.
Convenuto è colui contro il quale l’azione è proposta.
Questi può:
- opporre eccezioni, cioè contestare la pretesa dell’attore;
- può anche contrattaccare presentando una domanda riconvenzionale.
A volte, nel linguaggio giuridico, per indicare la parte avversa (sia essa attore o convenuto) si usa il termine controparte.
Controparte è un termine con il quale si indica la parte contrapposta o avversa.
- opporre eccezioni, cioè contestare la pretesa dell'attore;
- e può anche contrattaccare presentando una domanda riconvenzionale.
Immaginiamo che un fornitore di birre promuova un'azione contro il proprietario di un pub per il mancato pagamento di una ventina di casse di birra. Nel processo che si aprirà costui sarà attore e, come tale, dovrà provare al giudice il fondamento della propria pretesa.
Il proprietario del pub, come convenuto, potrà sollevare eccezioni provando, per esempio, che il pagamento non è dovuto perché le casse di birra non sono mai state consegnate. Ma potrà anche contrattaccare dimostrando che, essendo rimasto privo di quella bevanda, ha subito un danno economico. Chiederà pertanto al giudice, con domanda riconvenzionale, che l'attore sia condannato al risarcimento del danno.
La sentenza (sia nel processo civile sia in quello penale) deve contenere:
- il riassunto della causa;
- il dispositivo, cioè ciò che il giudice dispone e che può consistere nel rigetto o nell’accoglimento totale o parziale delle istanze, cioè delle richieste, avanzate dalle parti;
- la motivazione, cioè l’esposizione delle ragioni di diritto e di fatto che hanno giustificano il dispositivo. Si tratta di una parte importantissima della sentenza perché, obbligando il giudice ad esporre il ragionamento seguito, si evita che questi prenda decisioni arbitrarie e si consente a tutti di controllarne la correttezza.
La sentenza diventa definitiva quando passa in giudicato.
La sentenza si considera passata in giudicato:
- quando le parti hanno lasciato decadere i termini previsti per ricorrere al grado di giudizio superiore;
- oppure quando è stata confermata dalla Cassazione.
Può assumere la duplice veste di esecuzione in forma specifica, regolata dagli artt. 2930-2933 c.c. espropriazione forzata, regolata dagli artt. 2910-2929 c.c.
L’esecuzione forzata in forma specifica tende a far ottenere al creditore lo specifico risultato a cui ha diritto.
A essa si può ricorrere quando la parte soccombente sia sta condannata a rilasciare un certo bene alla parte vincitrice; a fare una certa cosa; non fare una certa cosa.
L’espropriazione forzata è diretta a far conseguire al creditore la somma di denaro a cui ha diritto vendendo forzatamente alcuni beni del debitore.
Per avviare questo procedimento il creditore dovrà chiedere all’ufficiale giudiziario di procedere al pignoramento di alcuni beni del debitore.
L’attore può utilizzarlo solo provando al giudice che:
- è creditore di una somma liquida di denaro o di una determinata quantità di cose fungibili o ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata;
- e dispone di una prova scritta.
Valutata l’attendibilità della prova, il giudice può ingiungere, cioè ordinare, al debitore di adempiere la propria obbligazione entro 40 giorni, con l’avvertenza che se entro il suddetto termine non provvederà al pagamento, né presenterà opposizione, si procederà ad esecuzione forzata nei suoi confronti (art. 641 c.p.c.).
Il debitore può opporsi all’ingiunzione notificando all’attore un atto di citazione con il quale darà inizio ad un vero e proprio processo di cognizione volto ad accertare i fatti.
Solitamente la scelta dell’arbitrato risponde all’esigenza di definire rapidamente la questione, senza attendere i tempi lunghi e le incertezze di un regolare processo.
L’arbitro, assunte e valutate le prove addotte dalle parti, emette un suo giudizio detto lodo arbitrale.
Se la parte soccombente non si attiene a quanto deciso dall’arbitro, l’atra parte può domandare al giudice ordinario di rendere esecutivo il lodo. In questo modo esso diventa come una sentenza emessa da un giudice e consente al creditore di procedere all’esecuzione forzata nei riguardi della parte inadempiente.
► Approfondimenti
LA CORTE D’ASSISE è competente a giudicare (art. 5 c.p.):
- i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, esclusi i delitti di tentato omicidio, di rapina, di estorsione, di associazioni di tipo mafioso;
- i delitti consumati previsti dagli articoli del codice penale n. 579 (omicidio del consenziente), 580 (istigazione o aiuto al suicidio) , 584 (omicidio preterintenzionale);
- ogni delitto doloso se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, escluse le ipotesi previste dagli articoli del codice penale n.586 (morte o lesione come conseguenza di un altro delitto); 588 (Rissa); 593 (omissione di soccorso) del codice penale;
- i delitti previsti dalle leggi di attuazione della XII disposizione finale della Costituzione (divieto di riorganizzazione del partito fascista) dalla legge 9 ottobre 1967 n. 962 ( atti di genocidio) e nel titolo I del libro II del codice penale (delitti contro la personalità dello Stato) sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni.
IL TRIBUNALE è competente a giudicare:
- tutti i reati che non rientrano nella competenza della Corte d’Assise e del Giudice di pace.
IL GIUDICE DI PACE in materia penale è competente a giudicare i seguenti reati (d. lg. n. 274/ 2000 n. 274).
Reati contro la persona
- percosse (art. 581 c.p.)
- lesione personale (art. 582 c.p.)
- lesioni personali colpose (art. 590 c.p.)
- ingiuria (594 c.p.)
- diffamazione (art. 595 c.p.)
- minaccia (art. 612 c.p.)
Reati contro il patrimonio
- furti punibili a querela dell’offeso (art.626 c.p.)
- sottrazione di cose comuni (art. 627 c.p.)
- usurpazione (art. 631 c.p.)
- deviazione di acque (art.632 c.p.)
- invasione di terreni o edifici (art.633 c.p.)
- danneggiamento (art. 635 c.p)
- introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui (art. 626 c.p.)
- ingresso abusivo nel fondo altrui (art. 637 c.p.)
- uccisione o danneggiamento di animali altrui (art.638 c.p.)
- deturpamento e imbrattamento di cose altrui (art. 639 c.p.)
- appropriazione di cose smarrite (art. 647 c.p)
Contravvenzioni
- somministrazione di bevande alcoliche ai minori (art.689 c.p.)
- determinazioni in altri dello stato di ubriachezza (art.690 c.p.)
- somministrazione di bevande alcoliche a persone in stato di manifesta ubriachezza (art.691 c.p.)
- atti contrari alla pubblica decenza (art. 736 c.p.)
- inosservanza dell’obbligo di istruzione dei minori art. 731 c.p.)
Altre violazioni
- inosservanza degli artt. 1094; 1096; 1119 del Codice della navigazione
- violazioni in tema di rifugi alpini (dpr 918/1957)
- elezioni politiche: introduzione ufficio di sezione senza autorizzazione; sottoscrizione di più candidature (dpr 3671/1957)
- elezioni amministrative comunali: introduzione senza autorizzazione (dpr 570/1960)
- alterazione contrassegno macchine utensili (legge 1329/1965)
- apertura farmacie senza autorizzazione (l. 362/ 1991)
- inosservanza disposizioni su referendum popolari (l. 352/1970)
- lotto, ordinamento del gioco (l. 528/1982)
- cessione di sangue a fini di lucro (l. 107/1990)
- recipienti a pressione senza marcatura CE (d. lg. 311/1991)
- giocattoli privi di marcatura CE (d. lg. 313/1991)
- pubblicità ingannevole (d. lg. 74/1992)
- commercio di dispositivi medici senza marcatura CE (d. lg. 507/1992)
Sanzioni
in caso di condanna il giudice di pace non applica sanzioni detentive ma solo:
- sanzioni pecuniarie
- obbligo di permanenza domiciliare
- lavoro di pubblica utilità.
Contro la decisione del giudice di pace si può ricorrere al tribunale (d.lg.20/2006) con l’eccezione delle sentenze atte a comminare la sola pena pecuniaria, e quelle di proscioglimento o di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso. In questi casi è possibile inoltrare ricorso in Cassazione.
L’atto di citazione è un documento con il quale si invita il convenuto a presentarsi in giudizio per difendersi davanti al giudice.
La notificazione dell’atto di citazione è una condizione essenziale ma non sufficiente, per iniziare il processo. Affinché le parti possano comparire davanti al giudice, è necessario che si costituiscano in giudizio.
La costituzione si effettua consegnando in cancelleria il proprio fascicolo contenente i documenti indicati negli artt. 165, 166 c.p.c.
I fascicoli, depositati all’atto della costituzione, vengono riuniti dal cancelliere e consegnati al presidente del tribunale, il quale designerà il giudice istruttore davanti al quale le parti dovranno comparire.
Non è raro che dopo la notifica dell’atto di citazione le parti si incontrino e trovino un accordo rinunciando così a rimettere al giudice la decisione della questione. In questi casi la mancata costituzione fa estinguere il processo.
Se si costituisce una sola parte l’altra viene dichiarata contumace, cioè assente.
Gli effetti della mancata costituzione sono diversi se contumace è il convenuto o l’attore.
In particolare:
- se è contumace il convenuto, il processo prosegue anche in sua assenza e l’attore vincerà la causa se riuscirà a dimostrare al giudice la fondatezza della propria pretesa.
- se è contumace l’attore il processo solitamente si estingue, salvo che il convenuto ne chieda la continuazione.
Perché dovrebbe chiederne la continuazione? Immaginiamo che il convenuto sia stato chiamato in giudizio da un suo vicino in merito ad una vecchia disputa sui confini delle rispettive proprietà immobiliari. Se l’attore, per proprie ragioni, non si costituisce e il convenuto è certo di avere ragione, può trovare conveniente far proseguire il processo in modo di arrivare ad una sentenza che chiarisca la questione una volta per tutte.