Forum C – Unità C3
LA SOCIETA’ IN NOME COLLETTIVO
► Riepiloghi
La società in nome collettivo (in acronimo S.n.c.) è una società di persone.
La responsabilità patrimoniale dei soci è solidale e illimitata.
Può svolgere attività commerciale e, per conseguenza, come ogni imprenditore commerciale deve essere iscritta nel registro delle imprese; deve tenere le scritture contabili obbligatorie; è soggetta al fallimento e alle altre procedure concorsuali.
Soci, nella S.n.c., possono essere sia persone fisiche, sia persone giuridiche (come si desume dal secondo comma dell’art. 2361 c.c.).
La forma del contratto o atto costitutivo deve essere l’atto pubblico o la scrittura privata con firme autenticate (art. 2296 c.c.).
La S.n.c., come ogni altra società, si costituisce per contratto.
L’atto costitutivo deve essere registrato e deve indicare, dispone l’art. 2295 c.c.:
- i dati anagrafici dei soci;
- la ragione sociale;
- la sede della società e le eventuali sedi secondarie;
- l’oggetto sociale;
- i conferimenti di ciascun socio, il valore ad essi attribuito e il criterio di valutazione;
- le prestazioni a cui sono obbligati i soci d’opera;
- le norme sulla ripartizione degli utili e delle perdite;
- quali soci hanno l’incarico di amministrare e di rappresentare la società;
- la durata della società.
Per modificare l'atto costitutivo di una S.n.c. occorre il consenso di tutti i soci se nel contratto stesso non è stato disposto diversamente.
Ciò significa che si potranno operare modifiche a maggioranza, piuttosto che all’unanimità, solo se tale procedura è stata precedentemente concordata nell’atto costitutivo.
Le modifiche dell’atto costitutivo, stabilisce il terzo comma dell’art. 2300 c.c., finché non sono iscritte non sono opponibili ai terzi, a meno che si provi che questi ne erano comunque venuti a conoscenza.
Nell’atto costitutivo della S.n.c. devono essere indicati i conferimenti operati da ciascun socio, il valore ad essi attribuito e il criterio di valutazione adottato.
I conferimenti, che andranno possono essere costituiti da denaro,
beni di qualsiasi tipo, crediti e attività lavorativa (art. 2253, comma 2).
Al fine di evitare che operino sul mercato società con capitale gonfiato, l’art. 2295 c.c. dispone che, se vi è conferimento di beni in natura, si deve indicare nell’atto costitutivo il valore a questi attribuito e il metodo di valutazione da lui adottato.
Come per la società semplice, anche nella S.n.c. è possibile conferire la propria opera (art. 2253 c.c.).
Il socio d’opera non percepisce un compenso per il lavoro svolto a favore della società ma partecipa, insieme agli altri soci, alla ripartizione degli utili (se ci saranno) nella misura indicata nell’atto costitutivo.
Il socio che non possa più svolgere l’attività che ha conferito, stabilisce l’art. 2286 c.c., è inadempiente, e come tale può essere escluso dalla società.
Può accadere che, per incapacità degli amministratori o per avversa sorte, la società in nome collettivo registri delle perdite che procurano una diminuzione del capitale sociale. In questi casi, stabilisce l’art. 2303 c.c., non possono essere distribuiti utili ai soci fin quando il capitale non sia completamente ricostituito.
Se le perdite proseguissero anche negli esercizi successivi e l’impresa si dimostrasse non più in grado di far fronte alle obbligazioni sociali con mezzi normali di pagamento, i creditori potrebbero chiedere il fallimentodella società.
Quando il capitale sociale diventa esuberante è consentito ai soci operare una diminuzione annotando il nuovo importo nell’atto costitutivo.
Per evitare possibili frodi, l’art. 2306 c.c. dispone che:
- la deliberazione con la quale si vuole ridurre il capitale sociale deve essere iscritta nel registro delle imprese affinché tutti possano averne conoscenza;
- solo se entro tre mesi da tale iscrizione nessun creditore sociale fa opposizione, si può procedere alla redistribuzione tra i soci di parte dei conferimenti.
Nella S.n.c., tutti i soci sono solidalmente e illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali (art. 2291 c.c.).
Diversamente da quanto è disposto per quella società, però, nella S.n.c. la responsabilità dei soci è solo sussidiaria.
Responsabilità sussidiaria vuol dire che il creditore sociale, prima di potersi rivalere sul patrimonio personale dei soci, deve aver escusso l’intero patrimonio sociale.
L’art. 2304 c.c. dispone infatti che:
“ I creditori sociali (…) non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l’escussione del patrimonio sociale .”
Un accordo che limiti la responsabilità patrimoniale di uno o più soci può essere inserito nell’atto costitutivo ma, stabilisce l’art. 2291 c.c., esso non ha valore nei confronti dei terzi (anche se costoro ne erano a conoscenza).
I creditori, pertanto, dopo aver esaurito il patrimonio sociale potranno rivalersi sui beni personali di tutti i soci, nessuno escluso.
Coloro che sono stati costretti a pagare sebbene avessero concordato nell’atto costitutivo una responsabilità limitata, potranno poi rivalersi sugli altri soci illimitatamente responsabili.
Il codice civile, regolando le società di persone non fa alcuna menzione dell’assemblea.
Tuttavia il fatto che il codice non regoli il momento decisionale non significa che non possano volontariamente farlo i soci. Essi pertanto, nell’atto costitutivo, possono stabilire che sia ugualmente costituta un’assemblea per assumere le decisioni più importanti, oppure che sia data a tutti i soci formale comunicazione delle decisioni che la maggioranza vorrebbe assumere affinché ciascuno possa opporsi nel modo che ritiene più opportuno.
L’amministrazione della società in nome collettivo, stabilisce l’art. 2257 c.c.:
– spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri,
– salvo diversa pattuizione.
Disgiuntamente significa che ciascuno è libero di assumere le iniziative che ritiene più idonee nei limiti posti dalla legge e dall’atto costitutivo.
Salvo diversa pattuizione significa che i soci, nell’atto costitutivo, o in successive modifiche, possono anche stabilire che l’amministrazione sia ristretta a uno solo o ad alcuni di loro.
Nella società in nome collettivo il socio può cedere ad estranei la propria quota, stabilisce l’art. 2252 c.c., solo:
– se vi è l’unanime consenso degli altri soci;
– oppure nei casi previsti dall’atto costitutivo.
Nella S.n.c. il socio può recedere dalla società, stabilisce l’art. 2285 c.c. solo:
– nei casi previsti dal contratto sociale;
– se sussiste una giusta causa;
– se la società è stata contratta a tempo indeterminato.
La società si considera prorogata a tempo indeterminato se, decorso il termine per cui fu contratta, i soci seguitano a compiere operazioni sociali. In tale ipotesi ciascun socio ha diritto di recedere unilateralmente (art. 2285 c.c.).
Il socio può essere escluso solo nei casi consentiti dall’art. 2286 c.c. Per esempio:
- se si rende gravemente inadempiente rispetto agli obblighi che derivano dalla legge o dal contratto sociale;
- se perisce il bene conferito in uso per causa non imputabile agli amministratori;
- se il socio d’opera non è più in grado di svolgere l’opera conferita.
Inoltre è escluso di diritto dalla società, stabilisce l’art. 2288 c.c. il socio che sia stato dichiarato fallito.
Gli eredi del socio defunto, stabilisce l’art. 2284 c.c.:
- hanno diritto alla liquidazione della quota;
- possono entrare in società solo se gli altri soci vi acconsentono;
- oppure se tale possibilità è stata prevista nell’atto costitutivo.
La S.n.c. può sciogliersi, dispone l’art. 2272 c.c., per le seguenti cause:
- perché tutti i soci sono d’accordo nel porre fine alla società;
- perché è venuta a mancare la pluralità dei soci e non è stata ricostituita entro sei mesi;
- perché è stato conseguito l’oggetto sociale oppure perché si è accertato che è impossibile conseguirlo;
- perché è decorso il termine fissato nell’atto costituivo.
- per le altre cause previste nel contratto sociale.
Allo scioglimentosegue la fase della liquidazionedel patrimonio sociale, secondo le norme poste per la società semplice.
Compiuta la liquidazione, dispone l’art. 2311 c.c., i liquidatori debbono redigere il bilancio finale e proporre ai soci il piano di riparto dell’attivo.
Approvato il bilancio finale di liquidazione, dispone l’art. 2312 c.c., i liquidatori chiedono la cancellazione della società dal registro delle imprese.
Le scritture contabili sono consegnate a una persona designata dalla maggioranza dei soci e debbono essere conservate per dieci anni a decorrere dall’avvenuta cancellazione della società.
Stabilisce l’art. 2297 c.c., che:
“ Fino a quando la società non è iscritta nel registro delle imprese, i rapporti tra la società e i terzi […] sono regolati dalle disposizioni relative alla società semplice”
Pertanto:
- i creditori sociali potranno rivalersi direttamente sul patrimonio dei soci senza escutereprima il capitale sociale;
- i soci possono domandare la preventiva escussione del patrimonio sociale solo indicando i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi;
- le limitazioni al potere di rappresentanza non sono opponibili ai terzi se non si prova che questi ne erano a conoscenza;
- il creditore particolare del socio può chiedere la liquidazione della quota sociale per soddisfare il proprio credito.
La società di fatto si ha quando l’attività sociale viene svolta senza che vi sia un atto costitutivo né siano regolati in alcun modo i rapporti interni tra i soci ma, ciò non di meno, essi si comportano in modo da generare nei terzi, con cui vengono in rapporto di affari, l’illegittimo convincimento della presenza di un vincolo sociale (Cass. 2006, n. 1131).
Alle società di fatto si applica la stessa disciplina delle società irregolari.
► Approfondimenti
Può accadere che in una società di persone un socio voglia rimanere occulto, presumibilmente per non dividere con gli altri la responsabilità illimitata. La domanda che viene da porsi è che cosa accade se l’impresa fallisce e i creditori o il giudice scoprono l’esistenza del socio occulto. Questi assumerà una responsabilità illimitata e solidale con gli altri?
La risposta ci viene dall’art. 147 comma 4 della legge fallimentare:
“Se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l'esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi.”
Una seconda ipotesi è quella in cui siano occulti tutti i soci tranne uno. In questo caso i creditori avrebbero la convinzione di trattare con un imprenditore individuale mentre in realtà l’impresa è societaria.
Anche in questo caso, come chiaramente prevede il quinto comma dell’art. 147 l. fall., qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa è riferibile a una società, saranno soggetti al fallimento anche i soci occulti.
Diversa è la posizione dell’imprenditore individuale occulto che operi con un prestanome. In questo caso sarà solo il prestanome (o imprenditore apparente) a fallire. E’ da segnalare, tuttavia, un orientamento giurisprudenziale che tende ad estendere il disposto dell’art. 147 l. fall. anche all’imprenditore individuale occulto.