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 Forum D – Unità D1

La società a responsabilità limitata

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Che cosa accade se l’atto costitutivo è nullo?

Come tutti gli atti giuridici, anche l’atto costitutivo di una S.r.l. può presentare dei vizi che lo rendono nullo. Che fare in questi casi? Che fare, per esempio, se accade di scoprire una causa di nullità quando la società opera già da tempo sul mercato?

Il problema è grave perché la nullità, di regola, ha effetto retroattivo. Ciò significa che l’atto costitutivo dovrebbe ritenersi mai stipulato e la società mai costituita. Ma se così fosse, che ne sarebbe dei rapporti giuridici posti in essere? Chi dovrebbe rispondere per le obbligazioni assunte? Chi potrebbe riscuotere le somme dovute dai clienti? Su chi dovrebbero rivalersi i lavoratori per le retribuzioni non ancora perce­pite?

Questa complessa serie di problemi ha indotto il legislatore a disciplinare in modo del tutto particolare l’ipotesi di nullità dell’atto costitutivo per tutte le società di capitali.

L’art. 2332 c.c. (che regola la S.p.a. ma, per espresso richiamo dell’art. 2463 c.c., si estende anche alla S.r.l.) stabilisce in proposito che:

– La dichiarazione di nullità non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l’iscrizione nel registro delle imprese (ciò significa, in altri termini, che la dichiarazione di nullità non ha effetto retroattivo);

– La sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori. Ciò vuol dire che questa sentenza ha lo stesso effetto di un ordine di scioglimento e come tale impone di liquidare il patrimonio sociale, pagare tutti i debiti, distribuire ciò che residua ai soci e cancellare la società dal registro delle imprese.

Le cause che possono determinare la nullità dell’atto costitutivo sono soltanto quelle (per la verità piuttosto improbabili) indicate nel primo comma dell’art. 2332 c.c.:

– mancata stipulazione nella forma di atto pubblico,

– illiceità dell’oggetto sociale,

– mancanza, nell’atto costitutivo, di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, i conferimenti, l’ammontare del capitale sociale o l’oggetto sociale.

La nullità non può più essere dichiarata, stabilisce il penultimo comma della norma in esame, quando la causa che l’ha prodotta è stata eliminata.

Quali acquisti sono considerati potenzialmente pericolosi?

Immaginiamo che un socio in una S.r.l. abbia operato un conferimento di 50 mila euro e dopo qualche tempo abbia fatto acquistare alla società per 60 mila euro un immobile di sua proprietà che ne vale appena 10 mila. Operando in questo modo egli si sarà riappropriato per intero del proprio conferimento lasciando nel patrimonio della società un immobile di scarsissimo valore.
Sarebbe tollerabile un simile comportamento? Certamente non lo sarebbe, e proprio per prevenire simili raggiri l’art. 2465, comma 2, stabilisce che:

  • il socio o l’amministratore che voglia cedere alla società (entro i primi due anni dalla sua costituzione) beni o crediti per un corrispettivo pari o superiore a un decimo del capitale sociale, deve presentare una relazione giurata simile a quella prevista dall’art. 2465, per il conferimento di beni o di crediti;
  • inoltre, se l’atto costitutivo non dispone diversamente, l’acquisto deve essere autorizzato dagli altri soci.
Che cosa accade quando le decisioni dei soci sono invalide?

Immaginiamo che nella S.r.l. di cui siamo soci sia stata assunta una importante decisione nel corso di un’assemblea costituita in modo irregolare.
Oppure che sia stata approvata una modifica dell’oggetto sociale senza convocare l’assemblea.

Che cosa potremmo fare in questi e altri simili casi?

L’art. 2479 ter stabilisce che sono impugnabili davanti al tribunale le decisioni:

  • che non sono state prese in conformità della legge o dell’atto costitutivo,
  • che sono state assunte con la partecipazione determinante dei soci in conflitto di interessi con la società qualora la decisione possa recare danno alla società stessa,
  • che prevedono attività illecite o impossibili.

 

Il giudice se accerta l’invalidità:

  • può annullare la decisione,
  • oppure può accordare ai soci fino a sei mesi di tempo per adottare una nuova decisione idonea ad eliminare le cause di invalidità.
Che tipo di responsabilità assumono gli amministratori e come i soci possono controllare il loro operato?

Anche se l’atto costitutivo può riservare ai soci molte e importanti decisioni, non v’è dubbio che gran parte delle scelte più direttamente operative sono eseguite dagli amministratori. Sono loro che, avendo la rappresentanza generale, impegnano la società con i clienti, con i fornitori, con le banche e così via.

Agli amministratori dunque fa capo un potere piuttosto rilevante. E accade spesso che dove c’è un potere si prospetti il pericolo di abusi. L’ordinamento prevede allora la possibilità di operare un controllo individuale e un controllo legale.

Il controllo individuale può essere operato direttamente dai soci. Ciascuno di questi, stabilisce l’art. 2476 c.c.: può chiedere agli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali.
Ma la disposizione più importante contenuta nella norma è quella che consente al socio che non abbia una competenza specifica, di far consultare, da professionisti di propria fiducia, i libri socialie i documenti relativi all’amministrazione.

Il controllo legale è previsto dall’art. 2477 c.c. nel quale sostanzialmente si dispone che:

  • l’atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e i poteri, la nomina di un collegio sindacale o di un revisore;
  • la nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiorea 120 mila euro e negli altri casi indicati dalla norma.
Che cosa accade se un amministratore opera in conflitto di interessi con la società?

Immaginiamo che il consiglio di amministrazione  della s.r.l. di cui siamo soci si sia riunito per decidere a quale impresa affidare la realizzazione di una campagna pubblicitaria. E supponiamo che solo dopo la votazione si scopra che l’impresa scelta appartiene ad uno stretto congiunto di un amministratore il quale, quindi, ha votato in palese conflitto d’interessi. Che fare in questi casi?

Il secondo comma dell’art. 2475 terdispone che le decisioni adottate dal consiglio di amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi con la società:

  • possono essere impugnate entro tre mesi dagli altri amministratori, dal revisore contabile o dal collegio sindacale (se quest’organo è presente),
  • ma solo se è provato che la decisione ha procurato un danno alla società,
  • e in ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi.

Che cosa si può fare se invece si scopre che, molto più semplicemente, un amministratore con potere di rappresentanza ha approfittato delle proprie funzioni per concludere affari che favoriscono il suo personale interesse in danno di quello della società?

È ancora l’art. 2475 ter a fornirci la risposta: i contratti conclusi dai rappresentanti della società in conflitto di interessi con la medesima possono essere annullati su domanda della società, a condizione che il conflitto fosse conosciuto o riconoscibile dal terzo.