Forum D – Unità D3
Il possesso
► Riepiloghi
“Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale.
Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa.”
Possessore, come si ricava dal primo comma di questo articolo, può essere qualificato solo chi ha:
- la materiale disponibilità della cosa (corpus, nel diritto romano);
- l’intenzione di possedere (animus possidendi nel diritto romano);
Solitamente la figura del possessore e del proprietario coincidono, ma non mancano ipotesi diverse. Il più evidente esempio di possesso disgiunto dalla proprietà ci viene offerto dalla figura del ladro o del ricettatore. Costoro non acquistano la proprietà dei beni rubati o ricettati, ma sicuramente ne acquistano il possesso perché li utilizzano come se ne fossero i proprietari.
Anche i diritti reali minori possono essere oggetto di possesso. Per esempio, si impossessa di una servitù di passaggio chi traccia un sentiero su un fondo altrui e lo utilizza come se ne avesse diritto.
È possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere l’altrui diritto (art. 1147 c.c.).
Secondo quanto dispone il secondo comma dell’art. 1147 c.c, :
“La buona fede non giova se l’ignoranza dipende da colpa grave.”
È in colpa grave, ha chiarito la Cassazione, colui che non si è accorto della lesione dell’altrui diritto solo perché ha omesso di usare anche quel minimo di comune diligenza che è proprio di ogni persona avveduta (Cass. 1997, n. 4328).
La buona fede, prosegue l’art. 1147 c.c, è sempre presunta e basta che vi sia stata al momento dell’acquisto. Ciò significa:
- che il possessore non deve provare nulla e che spetta a chi agisce in giudizio dimostrare che nel suo comportamento vi è mala fede oppure colpa grave.
- che sarà inoltre inutile dimostrare che dopo l’impossessamento si è saputo che la cosa apparteneva ad altri perché la conoscenza successiva non cambia la qualificazione del possesso.
“Si può possedere direttamente oppure per mezzo di altra persona che ha la detenzione della cosa.”
Ciò significa che non è indispensabile, ai fini del possesso, avere un rapporto fisico diretto e costante con la cosa. Anche cedendone l’uso ad altri il possesso è conservato purché il possessore abbia la concreta possibilità di ripristinare quando vuole, senza azioni violente o clandestine, il contatto materiale con il bene (Cass. 2006, n. 4404).
Ipotesi di possesso indiretto si realizzano quando vengono affidati beni a un vettore affinché le trasporti da un luogo all’altro o vengono lasciate merci o bagagli in un magazzino di deposito.
All’origine della detenzione vi è solitamente un contratto. Può trattarsi di un contratto di lavoro, di locazione, di noleggio, di deposito e così via.
Salvo alcune eccezioni, alla detenzione non si applicano le norme riguardanti il possesso.
► Approfondimenti
L’art. 1150 c.c. dispone, in proposito, che:
- al possessore di buona fede va corrisposta un’indennità pari all’aumento di valore che il bene ha conseguito;
- al possessore di mala fede va corrisposta la minor somma tra l’aumento di valore del bene e l’importo della spesa sostenuta.
Per esempio, se il bene in oggetto fosse un frutteto e vi fossero stati spesi 10 mila euro per innesti che hanno prodotto un aumento di valore di 30 mila euro, il possessore di buona fede avrebbe diritto a 30 mila euro, mentre quello di mala fede solo a 10 mila.
Se l’innesto fosse venuto male e il valore del frutteto non fosse aumentato, il possessore (sia di buona che di mala fede) non avrebbe diritto a nulla.
I miglioramenti all’abitazione
Stabilisce l’art. 1592 che, salvo disposizioni particolari della legge o degli usi, il conduttore (cioè l’inquilino) non ha diritto ad alcuna indennità per i miglioramenti apportati alla casa in cui abita, salvo che siano stati consentiti dal locatore. Il valore dei miglioramenti può solo compensare quello dei deterioramenti che sono stati causati all’immobile.
- frutti naturali, come i prodotti della terra o i parti degli animali;
- oppure di frutti civili, come i canoni di locazione, gli interessi, le rendite e così via.
Se, magari dopo una lunga vertenza giudiziaria, al proprietario viene finalmente restituito un bene di cui il convenuto si era impossessato, i frutti che il bene ha prodotto rimangono al convenuto o devono essere consegnati al proprietario?
Regolano i diritti e gli obblighi del possessore nella restituzione dei frutti, sia naturali che civili, gli artt. 1148-1152 c.c., che possono essere così sintetizzati:
- se il possessore era in buona fede (per esempio si era impossessato di un bene immobile che fondatamente riteneva gli fosse stato trasmesso per via ereditaria) dovrà restituire solo i frutti (per esempio i canoni di locazione) percepiti dal momento in cui è stata proposta domanda giudiziale di restituzione;
- se tra la proposizione della domanda e la riconsegna del bene, il possessore di buona fede non si è curato di percepire i frutti (immaginando che avrebbe dovuto restituirli al proprietario) dovrà pagare una somma pari al valore di quelli che avrebbe potuto percepire con la normale diligenza;
- se il possessore era in mala fede dovrà restituire, invece, tutti i frutti che ha percepito fin dall’inizio del possesso o quelli che avrebbe potuto percepire con la normale diligenza;
- in ogni caso, se il possessore ha sostenuto spese per la raccolta dei frutti che restituisce e per le riparazioni straordinarie del bene, avrà diritto al rimborso.