Forum D – unità D3
I Rapporti Civili
► Riepiloghi
La prima parte della Costituzione, sebbene sia rubricata “Diritti e doveri dei cittadini” contiene 42 articoli che attribuiscono diritti e solo tre articoli che impongono doveri.
Il dovere di difendere la patria
Art. 52 Cost:
“La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.
Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici.
L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.”
È utile precisare che l’obbligo di prestare servizio militare è ormai ristretto ad alcune limitate eventualità. La l. n. 331 del 2000 ha disposto la creazione di un esercito professionale e la conseguente cessazione del servizio obbligatorio di leva dal 2007.
Il dovere di concorrere al finanziamento della spesa pubblica
Art. 53 Cost.:
“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”
La progressività comporta che il prelievo fiscale si effettua applicando aliquote via via minori al diminuire del reddito imponibile delle persone.
Il dovere di essere fedeli alla Repubblica
L’articolo 54 chiude la breve rassegna dei doveri costituzionali con un forte richiamo alla necessità che ciascuno sia fedele alle istituzioni repubblicane.
Art. 54 Cost.:
“Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.”
Il Titolo I della parte prima della Costituzione, rubricato rapporti civili, si apre con una norma volta a tutelare la libertà personale.
Art. 13 Cost. dispone in proposito:
“La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
[…]”
Il primo comma enuncia il principio generale: la libertà personale è inviolabile.
Il secondo comma introduce però subito un indispensabile temperamento: la persona può essere soggetta a detenzione, a ispezione (corporale) o a perquisizione. Ma, precisa la norma:
– solo nei casi e nei modi previsti dalla legge;
– solo per atto dell’autorità giudiziaria;
– purché tale atto sia motivato.
Il terzo comma consente all’autorità di pubblica sicurezza di procedere a fermi o arresti, ma solo nei casi eccezionali di necessità e di urgenza tassativamente indicati dalla legge.
Il quarto comma stabilisce categoricamente che è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
Il quinto comma, in fine, affida alla legge il compito di stabilire i termini massimi della carcerazione preventiva.
Strettamente collegata alla tutela della libertà personale è l’inviolabilità del domicilio e la segretezza della corrispondenza. Così dispone, in proposito, la Costituzione.
Art. 14 Cost.
" Il domicilio è inviolabile.
Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.
[…]"
Art. 15 Cost.:
“La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.”
Considerando attentamente le due norme notiamo che la Costituzione, dopo aver affermato un principio generale (il domicilio e la corrispondenza sono inviolabili) introduce alcune ragionevoli eccezioni.
Risulta infatti dalla lettura che:
- il domicilio può essere sottoposto a perquisizione, la corrispondenza può essere sequestrata e le conversazioni telefoniche (che sono una forma di comunicazione) possono essere registrate, su ordine del giudice, nei casi, nei modi e con le garanzie previste dalla legge;
- senza autorizzazione del giudice le forze di polizia possono violare il domicilio solo se in quel luogo si sta commettendo un reato o in altri casi straordinari di necessità e di urgenza.
Il tema della libertà di circolazione e di soggiorno è affrontato nell’art. 16 che così dispone:
Art. 16 Cost.:
“Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.
Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.”
La norma dispone che la libertà dei cittadini di circolare o soggiornare sul territorio nazionale possa essere limitata solo dalla legge e solo per motivi di sanità e sicurezza pubblica.
La libertà di riunione costituisce una condizione fondamentale per la crescita culturale e politica di una nazione. I convegni, i seminari, le assemblee e persino le manifestazioni di piazza sono occasioni importantissime per la formazione, la circolazione e il confronto delle idee. E ciò spiega perché in tutti gli ordinamenti democratici essa abbia una speciale tutela.
L’art. 17 Cost. così la garantisce:
“I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senza armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.”
La norma stabilisce, pertanto, che la riunione convocata in luogo pubblico può essere vietata soltanto se sussistano comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
L’espressione comprovati motivi è di grande importanza. Essa comporta che non possano essere vietate riunioni sulla base di un generico timore che turbino la sicurezza pubblica, ma solo se sussistono specifici e comprovati motivi che debbono essere indicati nel provvedimento con il quale l’autorità di pubblica sicurezza vieta la riunione.
La libertà di associazione costituisce una condizione indispensabile per favorire la partecipazione dei cittadini alla vita culturale e sociale del proprio Paese e per consentire lo sviluppo di un sano pluralismo politico.
L’art. 18 Cost. stabilisce in proposito:
“I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale.
Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.„
Si tratta di una libertà pressoché assoluta, non vincolata da obblighi di comunicazione né da rilascio di autorizzazioni amministrative. Ciascuno può costituire una società, un circolo, un partito politico, un sindacato, senza obbligo di comunicare alcunché alle autorità, né attendere autorizzazioni di alcun tipo. I soli limiti che la Costituzione pone riguardano le associazioni per delinquere (cioè finalizzate alla realizzazione di obiettivi vietati dalla legge penale), le associazioni segrete e le associazioni paramilitari con finalità politiche.
Dei rapporti tra lo Stato italiano e le istituzioni religiose si occupano gli artt. 7 e 8 della Costituzione.
La norma che stiamo per esaminare, invece, ha per oggetto solo la libertà di credo, garantita a chiunque risieda sul territorio nazionale, sia esso cittadino o straniero.
Art. 19 Cost.:
“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.„
L’unico limite posto dalla norma, dunque, è il divieto di praticare culti contrari al buon costume, inteso, essenzialmente, come offesa alla morale sessuale corrente.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 117 del 1979, ha affermato che anche la libertà di coscienza dei non credenti rientra nella tutela offerta dall’art. 19.
La professione di ateismo, pertanto, deve ricevere, nel nostro Paese, la medesima protezione della professione di fede.
Nei Paesi governati da regimi autoritari vi è sempre la tendenza a limitare o addirittura a sopprimere la libertà di manifestazione del pensiero.
La ragione di un simile atteggiamento è del tutto evidente: è attraverso il confronto delle idee che si sviluppa la comune crescita culturale, e tale crescita, unita a una corretta e documentata informazione, può alimentare movimenti di opposizione non graditi ai detentori del potere.
Mettere, dunque, il «bavaglio alla stampa» è una delle prime preoccupazioni dei sistemi illiberali.
Per contro, nessun sistema democratico può fare a meno di riconoscere ai cittadini la più ampia libertà di espressione.
Coerentemente con il disegno di una Repubblica libera e democratica, la nostra Costituzione all’art. 21 stabilisce:
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
(…..)”.
Stabilisce l’art. 22 Cost.:
“Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome"
La capacità giuridica è l’idoneità ad essere titolari di diritti e di doveri.
Nel nostro ordinamento essa è riconosciuta a tutti gli esseri umani e, come stabilisce l’art. 1 c.c., si acquista al momento della nascita.
Privare una persona della capacità giuridica (cioè di ogni diritto) significa renderla, davanti alla legge, simile a un animale o a una cosa.
Limitare la capacità giuridica di una persona significa privarla della possibilità di essere titolare di una parte dei diritti. E dunque significa porla in una condizione di inferiorità rispetto agli altri cittadini.
L’art. 23 Cost., che così dispone:
“Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.”
Questa norma riassume il cosiddetto principio di legalità, secondo il quale nessun potere autoritativo può essere esercitato da organi della pubblica amministrazione se non si fonda sulla legge.
Non v’è alcun dubbio, in dottrina, che la riserva di legge posta dall’articolo in esame si estenda anche alle leggi regionali per le materie di loro competenza.
Negli artt. 24-28, la Costituzione pone alcune fondamentali regole per l’esercizio della giurisdizione. Viene sancito, tra l’altro:
- il diritto per tutti di agire in giudizio;
- il diritto di avere un difensore in ogni stato e grado del processo;
- il diritto di essere giudicato solo in base a leggi entrate in vigore prima del fatto commesso;
- il diritto a non essere considerati colpevoli prima che sia stata emessa una sentenza definitiva;
- il divieto di disporre condanne contrarie al senso di umanità;
- il divieto della pena di morte;
- il divieto di estradizione per reati politici.
► Approfondimenti
Per quanto riguarda la stampa quotidiana e periodica, il problema della concentrazione delle testate è stato affrontato con la legge n. 416 del 1981 (in seguito più volte modificata) che nelle sue linee essenziali può essere così schematizzata:
- uno stesso editore non può possedere più del 30% dei giornali venduti in Italia;
- debbono essere rese pubbliche sia le operazioni di acquisto di testate sia i bilanci delle imprese editoriali, in modo che sia chiaro chi ne è il proprietario e di quali finanziamenti dispone;
- è istituita un’Autorità garante per l’editoria con il compito di vigilare sul rispetto della legge e l’obbligo di segnalare alla magistratura eventuali violazioni.