Forum D – Unità D5
I Rapporti Economici e Politici
► Riepiloghi
Sotto il titolo Rapporti economici, la Costituzione contiene ben dodici articoli (artt. 35-47) con i quali viene delineato il sistema economico che deve caratterizzare il Paese, e viene stabilito il tipo di tutela da accordare al lavoro in tutte le sue forme e applicazioni.
Il sistema economico delineato nella Costituzione italiana è un sistema misto nel quale riconosciuto il ruolo propulsivo dell’iniziativa privata, ma viene anche consentito allo Stato di essere presente in campo economico sia con iniziative dirette,
sia con interventi legislativi che rendano le iniziative dei privati compatibili con l’interesse generale.
L’interesse generale è tutelato dall’art. 41 Cost. che così dispone:
“L’iniziativa economica privata è libera. […]„
Ma subito dopo aggiunge:
“[…] Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. […]„
La norma termina invitando l’organo legislativo a determinare:
“[…] i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.„
Sul tema della proprietà l’art. 42 Cost. nel primo comma stabilisce:
“La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
[…]„
Anche in questa disposizione è palese la volontà dei costituenti di dare vita ad un sistema ad economia mista nel quale, soprattutto gli strumenti della produzione, cioè le aziende, possano essere sia di proprietà privata che pubblica.
Il secondo comma aggiunge che:
– la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge,
– che ne determina i modi di acquisto, di godimento
– e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
Ciò significa che la legge ordinaria non potrà disconoscere il diritto di proprietà, ma potrà porre limiti che servano ad assicurarne la funzione sociale.
L’art. 36 Cost. stabilisce che:
“ Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.„
La norma costituzionale non determina, né potrebbe farlo, quale deve essere l’ammontare di una retribuzione capace di assicurare un’esistenza libera e dignitosa.
Tuttavia, per concorde orientamento della dottrina e della giurisprudenza, la retribuzione minima al di sotto della quale all’imprenditore non è concesso scendere è quella stabilita dai contratti collettivi di lavoro stipulati, per ciascuna categoria, dalle maggiori rappresentanze sindacali dei lavoratori e degli imprenditori.
L norma termina stabilendo che il lavoratore non può rinunziare ai propri diritti.
L’art. 37 Cost. pone alcune specifiche regole a tutela della donna lavoratrice e dei minori:
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.„
L’art. 38 Cost. prende in considerazione, invece, la condizione delle persone diversamente abili.
“Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale […].„
L’art. 39 Cost. stabilisce nel primo comma:
“L’organizzazione sindacale è libera.„
E l’art. 40 aggiunge:
“Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano.„
I due articoli sopra citati costituiscono, per la nostra legislazione sociale, una svolta veramente storica.
Nel primo periodo dello Stato unitario, infatti, e più tardi, di nuovo, con l’ordinamento fascista, erano severamente sanzionati sia lo sciopero, sia la costituzione di libere organizzazioni sindacali.
Oggi in tutte le moderne democrazie, e non soltanto in Italia, è riconosciuto e tutelato sia il diritto di associazione sindacale che il diritto di sciopero.
Lo sciopero dei lavoratori, sebbene sia un diritto costituzionalmente garantito, provoca spesso disagi considerevoli agli utenti dei servizi pubblici. Per limitare tali disagio la legge n. 146 del 1990 (modificata e integrata dalla l. n. 83 del 2000) stabilisce che:
- deve essere dato preavviso dello sciopero al pubblico con un anticipo di almeno dieci giorni;
- la data dello sciopero deve essere prefissata e non si può cambiare senza un nuovo preavviso, né si può variare la durata dell’astensione dal lavoro;
- durante lo sciopero devono essere comunque garantite le prestazioni minime indispensabili (per esempio il servizio di pronto soccorso negli ospedali).
La medesima legge, nell’art. 1, contiene l’elenco dei servizi giudicati essenziali.
Se i lavoratori non si attengono alle prescrizioni della legge, stabilisce l’art. 4, non possono essere licenziati, e tuttavia sono soggetti a sanzioni disciplinari, anche pecuniarie, proporzionate alla gravità dell’infrazione.
La principale funzione dei partiti, nelle moderne democrazie, consiste:
– nell’individuare le richieste che provengono dalla società civile;
– nel tradurre tali richieste in proposte di legge da sottoporre, attraverso i propri parlamentari, all’approvazione delle Camere.
L’art. 49 della Costituzione italiana dispone in proposito:
“ Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti, per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.„
La Costituzione, dunque, assegna ai partiti una funzione di grande rilievo. Essi hanno il compito di concorrere, con i propri programmi, alla determinazione della politica nazionale, cioè all’individuazione delle scelte più idonee da realizzare nell’interesse del Paese.
Questa funzione, precisa l’art. 49, deve essere svolta con metodo democratico. Ciò vuol dire che nessun partito può imporre con la violenza il proprio programma e la competizione elettorale deve svolgersi nel rispetto delle regole della democrazia.