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LE PROCEDURE CONCORSUALI
► Riepiloghi
Sono procedure concorsuali:
– il concordato preventivo;
– il fallimento;
– l’amministrazione straordinaria e la liquidazione coatta amministrativa (per le grandi imprese).
Sono dette concorsuali perché con esse i creditori possono concorrere, su un piano di parità, al recupero dei propri crediti.
Con il concordato preventivo è la procedura con la quale si cerca di prevenire la richiesta di fallimento e di salvare l’impresa.
Con il fallimento si liquida il patrimonio dell’imprenditore e si pone fine all’impresa.
Le procedure concorsuali sono quelle procedure che consentono ai creditori dell’imprenditore insolvente di concorrere, su un piano di parità, al recupero dei propri crediti.
In realtà non tutti i creditori sono posti sullo stesso piano. Quanto si ricava dalla liquidazione del patrimonio dell’imprenditore verrà infatti utilizzato:
- prima per rimborsare una speciale categoria di crediti che la legge chiama prededucibili;
- poi per soddisfare i creditori assistiti da una causa legittima di prelazione (prelazione significa preferenza);
- e infine, con ciò che rimane, si rimborseranno i creditori chirografari secondo il principio della par condicio creditorum (espressione latina che significa parità di condizioni per i creditori).
Sono soggetti alle procedure concorsuali gli imprenditori che esercitano attività commerciale.
Non sono soggetti a tali procedure, si desume dall’art. 1 della legge fallimentare:
– i piccoli imprenditori, siano essi individuali o società;
– gli imprenditori agricoli;
– gli enti pubblici che esercitino in via esclusiva o prevalente un’attività economica.
L’insolvenza, si ricava dal secondo comma dell’art. 5 l. fall. (Legge fallimentare), è la sopravvenuta impossibilità, per l’imprenditore, di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
Regolarmente significa con mezzi normali di pagamento, come denaro, assegni o cambiali.
L’inadempienza è una categoria più generale rispetto all’insolvenza. In particolare:
- è inadempiente chi non paga i propri debiti;
- è insolvente chi, anche volendo, non può più pagarli regolarmente.
L’istanza di fallimento(cioè la richiesta) può essere avanzata:
– da uno o più creditori;
– dall’imprenditore insolvente;
– dal pubblico ministero quando l’insolvenza risulti dalla fuga o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo, oppure dalla segnalazione di un giudice che l’abbia rilevata nel corso di un giudizio civile.
L’imprenditore che non abbia chiesto al giudice il proprio fallimento e con ciò abbia aggravato il proprio dissesto, può essere imputato del reato di bancarotta semplice.
Gli organi preposti alle complesse operazioni della procedura fallimentare sono:
- il Tribunale fallimentare,
- il giudice delegato,
- il curatore,
- il comitato dei creditori.
Per quanto dispone l’art. 42 l. fall. dalla data della sentenza il fallito perde la disponibilità dei propri beni che passano sotto l’amministrazione del curatore.
La sentenza dichiarativa di fallimento comporta, per l’imprenditore fallito, oltre allo spossessamento dei beni, anche la limitazione di alcuni fondamentali diritti, come il diritto alla segretezza della corrispondenza e alla libertà di circolazione. Tuttavia la riforma del diritto fallimentare ha ridotto notevolmente la portata di queste limitazioni.
Il divieto di intraprendere nuove attività commerciali per dieci anni, è previsto dalla legge solo nei casi in cui l’imprenditore sia stato condannato per reati fallimentari, quali la bancarotta semplice, la bancarotta fraudolenta e il ricorso abusivo al credito.
È responsabile di bancarotta semplice l’imprenditore fallito:
- che abbia aggravato il proprio dissesto non chiedendo per tempo la dichiarazione di fallimento;
- che abbia fatto spese personali eccessive rispetto alla sua condizione economica;
- che abbia consumato una parte notevole del suo patrimonio in operazioni eccessivamente rischiose;
- che abbia compiuto operazioni altamente imprudenti per ritardare il fallimento;
- che non abbia soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo fallimentare;
- che abbia omesso, nei 3 anni precedenti il fallimento, di tenere le scritture contabili obbligatorie o le abbia tenute in modo irregolare, tale da non consentire un’agevole ricostruzione dei suoi affari e individuare le sue eventuali responsabilità.
La bancarotta fraudolenta (art. 216 l. fall.) è il reato commesso:
- • da chi dolosamente distrae, occulta o dissipa, anche in parte, i propri beni, per sottrarli ai creditori;
- da chi, allo stesso fine, sottrae, distrugge o falsifica le proprie scritture contabili;
- da chi favorisce alcuni creditori in danno di altri.
Nessuna azione individuale, esecutiva o cautelare, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento a partire dal giorno della dichiarazione di fallimento (art. 51 l. fall).
I debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti alla data di dichiarazione di fallimento (art. 55, comma 2, l. fall).
I creditori possono compensare con i loro debiti verso il fallito i crediti che vantano verso lo stesso anche se non sono ancora scaduti (art. 56, comma 1, l. fall.).
Sono revocati di diritto se compiuti nei due anni precedenti la dichiarazione di fallimento:
- gli atti di disposizione a titolo gratuito;
- i pagamenti anticipati di debiti non ancora scaduti.
Possono essere revocati dal curatore se l’altra parte non prova che non conosceva lo stato di insolvenza del debitore:
- gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento nei quali vi è una sproporzione di oltre un quarto tra il valore di ciò che viene ceduto e il prezzo concordato;
- i pagamenti di debiti pecuniari scaduti effettuati non con denaro ma con mezzi anomali, se il pagamento è avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento;
- le costituzioni di pegni o ipoteche per debiti preesistenti e non ancora scaduti consentita dall’imprenditore nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento;
- le costituzioni di pegni e di ipoteche per debiti già scaduti consentita dall’imprenditore nei sei mesi precedenti il fallimento.
Possono essere revocati dal curatore se riuscirà a provare che i contraenti conoscevano lo stato di insolvenza dell’imprenditore e ne hanno approfittato e se compiuti nei sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento:
- i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili effettuati con denaro o altri mezzi normali;
- tutti gli atti a titolo oneroso nei quali siano regolari le rispettive prestazioni;
- la costituzione di pegni e ipoteche per debiti che siano stati creati contestualmente.