Forum E – Unità E10
I principali contratti tipici
► Riepiloghi
La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo.
La causa della vendita è lo scambio di un diritto contro una somma di denaro.
La forma del contratto è generalmente libera.
Solo se l’oggetto è costituito da beni immobili (case, terreni, stabilimenti industriali) è richiesta la forma scritta sotto pena di nullità.
Se l’oggetto è costituito da beni mobili registrati (auto, moto, navi e aerei) il contratto è valido anche se è stato concluso verbalmente, ma la forma scritta (atto pubblico o scrittura privata autenticata) è poi indispensabile, dispone l’art. 2657 c.c., per la successiva trascrizione dell’atto nel registro automobilistico, navale o aeronautico.
L’obbligo principale del compratore è pagare il prezzo
Le parti sono libere di fissare nel contratto il luogo e il tempo del pagamento.
Se non concordano nulla (per dimenticanza o per altra ragione) si applicano i commi 2 e 3 dell’art. 1498 c.c. che così stabiliscono:
- se non è concordato diversamente il pagamento deve avvenire al momento e nel luogo della consegna (salvo usi diversi);
- se il pagamento è dilazionato rispetto alla consegna, va eseguito al domicilio del venditore.
L’art. 1475 c.c. dispone che le spese relative al contratto e le spese accessorie sono a carico del compratore se non è stato pattuito diversamente.
Obbligo del venditore, dispone l’art 1476 c.c., è:
- consegnare la cosa al compratore;
- fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto, se l’acquisto non è effetto immediato del contratto;
- garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa.
Vizi, nella terminologia del codice, sono i difetti che rendono la cosa non idonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore (art. 1490 c.c.).
Vizi palesi sono quelli che il compratore conosceva al momento dell’acquisto o che avrebbe potuto facilmente conoscere impiegando la normale diligenza. Per questi, ci avverte l’art. 1491 c.c., non è dovuta dal venditore alcuna garanzia.
Vizi occulti sono quelli che derivano, in generale, dal processo di produzione, confezionamento o conservazione della cosa e di cui il compratore non può facilmente rendersi conto al momento dell’acquisto.
In presenza di un vizio occulto il compratore (art. 1492 c.c.) può domandare al giudice a sua scelta:
– la riduzione del prezzo pagato (in modo da riportare a equità le prestazioni);
– oppure la risoluzione del contratto se il vizio è considerevole.
Il termine evizione è di provenienza tardo latina e significa vittoria.
In libera traduzione possiamo dire che garantire contro l’evizione significa garantire che non vincerà la causa un terzo che pretendesse di accampare sulla cosa venduta diritti preesistenti alla vendita.
L’evizione totale, per effetto di diritti che un terzo abbia fatto valere sulla cosa, obbliga il venditore a risarcire il danno (art. 1483 c.c.).
L’evizione parziale consente al compratore di chiedere, secondo quanto dispone l’art. 1484 c.c., la riduzione del prezzo pagato e il risarcimento del danno, oppure la risoluzione del contratto.
La domanda di risoluzione, però, sarà accolta dal giudice solo se può ritenersi, secondo le circostanze, che l’attore non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte a cui ha dovuto rinunciare per l’evizione.
In alcuni casi il trasferimento del diritto di proprietà (o di altro diritto reale) dal venditore all’acquirente, avviene con un certo ritardo rispetto al momento in cui le parti hanno concluso l’accordo.
Con la vendita a rate con riserva di proprietà, dispone l’art. 1523 c.c.:
– il compratore acquista la proprietà della cosa solo col pagamento dell’ultima rata di prezzo;
– ma assume i rischi per il perimento della cosa fin dal momento della consegna.
Con la vendita di cosa generica il diritto e il rischio per l’eventuale perimento, si trasferiscono dal venditore all’acquirente solo dopo che si è proceduto alla individuazione.
Con la vendita che ha per oggetto una cosa futura, stabilisce l’art. 1472 c.c., l’acquisto della proprietà si verifica solo quando la cosa viene a esistenza. Se ciò non avviene la vendita è nulla, salvo che le parti abbiano voluto concludere un contratto aleatorio .
Con la vendita di cosa altrui stabilisce l’art. 1478 c.c., il compratore diventa proprietario della cosa nel momento in cui il venditore ne acquista la proprietà dall’originario titolare, senza bisogno di porre in essere due diversi contratti di vendita. Se il venditore non riuscirà a procurarsi la proprietà della cosa sarà considerato inadempiente.
La permuta, chiarisce l’art. 1552 c.c., è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro.
A questo contratto si applicano, per quanto compatibili, le norme sulla vendita.
La donazione, stabilisce l’art. 769 c.c., è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.
Come in qualsiasi contratto, anche nella donazione deve esservi un accordo. Se il donatario non accetta, non si forma l’accordo e la donazione è nulla.
Oggetto della donazione possono essere diritti reali o di credito. Si può donare il diritto di proprietà su un bene, la costituzione di un diritto reale minore, la rinuncia a un credito, l’assunzione di una obbligazione (per esempio versare periodicamente una somma di denaro) e così via.
Causa di questo contratto è lo spirito di liberalità, cioè la generosità che anima il donante.
La forma richiesta a pena di nullità è l’atto pubblico.
Per le donazioni di modico valore (dette anche donazioni manuali) non è invece richiesta alcuna forma.
La locazione è, per l’art. 1571 c.c., il contratto con il quale una parte (detta locatore) si obbliga a far godere all’altra (detta conduttore) una cosa mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo (detto canone).
La causa del contratto di locazione è lo scambio di una somma di denaro contro il godimento temporaneo di un bene.
Oggetto di locazione può essere qualsiasi tipo di bene, da un DVD, a un ciclomotore, a un appartamento.
La durata della locazione non può essere superiore a trent’anni. Se stipulata per un periodo più lungo si riduce, per legge, a questo periodo (art. 1573 c.c.).
L’art. 1575 c.c. stabilisce che il locatore deve mantenere la cosa locata in istato da servire all’uso convenuto.
Ciò significa, in buona sostanza, che se vi sono riparazioni da fare il locatore è obbligato a eseguirle tranne quelle di piccola manutenzione, che sono a carico del conduttore.
Troviamo la risposta nell’art. 1590 c.c. che così dispone:
Il conduttore, dispone l’art. 1590 c.c., deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta .
La locazione di immobili urbani ad uso abitativo è attualmente regolata dalla l. n. 431 del 1998 nella quale, tra l’altro, si dispone che:
- i contratti di locazione non possono avere durata inferiore a 4 anni, trascorsi i quali il contratto è prorogato per altri 4. Il locatore può rifiutare la proroga solo se si trova in una delle speciali condizioni previste dall’art. 3 (per esempio intenda destinare l’immobile a uso proprio, del coniuge o di parenti entro il secondo grado);
- in alternativa, l’art. 2, commi 3 e 5, dispone che le parti possono stipulare contratti di locazione, nel rispetto di quanto stabilito in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori. Per il locatore che scelga questa formula l’art. 8 prevede alcune non trascurabili agevolazioni fiscali;
- è nullo, stabilisce l’art. 13, qualsiasi accordo volto a determinare un canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. Il conduttore che sia stato indotto a versare un canone superiore potrà chiedere giudizialmente, al termine della locazione, la restituzione delle somme indebitamente versate;
- i contratti di locazione a uso abitativo devono avere, a pena di nullità, la forma scritta (art. 1, comma 4) e devono essere registrati.
Immobili urbani a uso non abitativo sono quelli destinati allo svolgimento di attività commerciali, industriali, artigianali e professionali. Per tali immobili:
- la determinazione del canone è libera;
- la durata minima del contratto è di sei anni (nove per le attività alberghiere);
- se il contratto viene risolto o non rinnovato alla prima scadenza per causa non dipendente dal conduttore, questi ha diritto a una indennità pari a 18 volte il canone mensile (21 per le attività alberghiere);
- in caso di vendita dell’immobile il conduttore ha diritto di prelazione.
L’affitto è, per l’art. 1615 c.c., la locazione di una cosa produttiva.
L’art. 1615 c.c., fa obbligo all’affittuario di curare la gestione della cosa.
L’art. 1618 c.c. consente al locatore di chiedere la risoluzione del contratto se l’affittuario non destina, al servizio della cosa, i mezzi necessari per una buona gestione.
L’art. 1619 c.c., accorda al locatore un potere di ispezione sulla cosa locata.
Il termine comodato significa prestito.
Il contratto di comodato è un contratto gratuito che non richiede alcuna forma e la cui causa è lo spirito di liberalità
Le norme che lo regolano il comodato sono contenute negli artt. 1803-1812 c.c. e sono riassumibili così come segue.
- Chi riceve la cosa in prestito è tenuto a custodirla e conservarla con la diligenza del buon padre di famiglia. Se la cosa viene danneggiata per mancata custodia o per uso scorretto, il comodante ne può chiedere la immediata restituzione e può pretendere il risarcimento del danno.
- Le spese necessarie all’utilizzazione della cosa avuta in prestito sono a carico del comodatario; questi può pretendere unicamente il rimborso delle spese straordinarie che abbia sostenuto per la conservazione della cosa, ma solo se erano necessarie e urgenti.
- Se per il prestito non è stato stabilito alcun termine, il comodatario è tenuto a restituire la cosa non appena il comodante la richieda.
- Se anche fosse stabilito un termine ma il comodante avesse urgente bisogno della cosa, potrebbe esigerne la immediata restituzione.
La definizione di mutuo è contenuta nell’art. 1813 c.c.:
Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità.
Oggetto di mutuo può essere qualsiasi cosa fungibile.
Le norme che regolano il mutuo possono essere così riassunte:
– per l’art. 1814 c.c., le cose date a mutuo passano in proprietà del mutuatario;
– per l’art. 1815 c.c., salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante.
Ricordiamo a tale proposito che per l’art. 1284 c.c. gli interessi superiori al tasso legale debbono essere determinati in forma scritta. Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e gli interessi non sono dovuti art. 1815, comma 2, c.c..
Il contratto di multiproprietà immobiliare è l’accordo con il quale, dietro pagamento di un prezzo, il venditore costituisce o trasferisce a favore dell’acquirente un diritto reale ovvero un altro diritto avente ad oggetto il godimento su un bene immobile per un periodo determinato o determinabile dell’anno non inferiore a una settimana.
L’acquisto del diritto solitamente è a tempo indeterminato, ma può anche essere concordato a tempo determinato (dieci anni, venti anni e così via) purché tale termine non sia inferiore a tre anni.
Il Codice del consumo (art. 70) stabilisce che il venditore deve consegnare a chi richieda informazioni sull’immobile e nel quale deve essere indicato, tra l’altro:
- quali sono i servizi comuni ai quali l’acquirente avrà accesso (luce, acqua, manutenzione, raccolta dei rifiuti) e le relative condizioni di utilizzazione;
- quali sono le strutture comuni delle quali l’acquirente potrà servirsi (piscina, sauna) e a quali condizioni potrà utilizzarle;
- quali sono le norme applicabili in materia di manutenzione e riparazione dell’immobile, nonché in materia di amministrazione e gestione dello stesso.
La forma del contratto deve essere scritta a pena di nullità.
Il diritto che si acquista è trasmissibile per atto tra vivi (vendita, donazione, permuta) e per successione a causa di morte.
All’acquirente è accordata la possibilità di recedere dal contratto entro dieci giorni dalla sua conclusione, senza doverne indicare le ragioni né essere costretto a pagare alcuna penale.
► Approfondimenti
Nei limiti dell’autonomia contrattuale le parti possono adattare il contenuto del contratto di vendita alle loro particolari esigenze inserendo patti speciali che producono determinati effetti o riservano, a una o a entrambe, determinate facoltà. Vediamo le figure più note.
La vendita con riserva di gradimento, prevista dall’art. 1520 c.c., contiene un patto speciale in virtù del quale il contratto non si considera concluso fin quando il compratore non comunica al venditore il suo gradimento sulla merce avuta in esame.
La vendita a prova, prevista dall’art. 1521 c.c., è una vendita fatta sotto la condizione sospensiva che la cosa abbia le qualità pattuite o sia idonea all’uso a cui è destinata.
La prova si deve eseguire nel termine e secondo le modalità stabilite dal contratto o dagli usi.
La vendita su campione, prevista dall’art. 1522 c.c., è una vendita che il compratore conclude sulla base del campione propostogli. Se la merce dovesse risultare diversa dal campione, egli potrebbe pretendere la risoluzione del contratto.
La vendita su documenti, prevista dall’art. 1527 c.c., è una vendita in cui l’obbligo del venditore di consegnare la cosa si esaurisce con la consegna al compratore dei documenti rappresentativi della merce, come la fede di deposito o il duplicato della lettera di vettura.
Per esempio, se lasciamo della merce in deposito riceveremo, dal titolare del magazzino un documento detto fede di deposito. Egli consegnerà ciò che ha in custodia solo a chi gli esibirà quel documento. Pertanto, chi compera la nostra merce non avrà bisogno, per prenderne possesso, di ritirarla materialmente. Gli basterà avere da noi la fede di deposito, che è l’unico documento che ne consente il ritiro.
La stessa cosa vale per il duplicato della lettera di vettura. Chi consegna della merce a un vettore perché la trasporti da un luogo all’altro, sottoscrive una lettera di vettura in duplice copia: una copia viene data al vettore il quale, arrivato a destinazione, consegnerà la merce solo a chi gli esibirà l’altra copia.
La vendita con patto di riscatto, prevista dall’art. 1500 c.c., è una vendita nella quale il venditore si riserva il diritto di riavere la proprietà della cosa venduta mediante restituzione del prezzo pagato e il rimborso delle spese sostenute dal compratore.
Il termine per il riscatto, aggiunge l’art. 1501 c.c., non può essere maggiore di due anni se la vendita ha per oggetto beni mobili e di cinque anni se ha per oggetto beni immobili.
Se entro questo termine, il venditore non riesce a procurarsi il denaro per riscattare la cosa perde definitivamente la possibilità del riscatto, e ciò rende questo contratto particolarmente insidioso poiché con esso è possibile aggirare il divieto di patto commissorio.
Il patto commissorio è il patto con cui si conviene che il creditore divenga proprietario del bene datogli in garanzia dal debitore se questi non paga il proprio debito. Quando la vendita con patto di riscatto risponde all’intento di eludere questo divieto imperativo, ha più volte chiarito la Cassazione, il contratto è nullo per illiceità della causa.
Supponiamo che un venditore bussi alla nostra porta e ci convinca a sottoscrivere un contratto di acquisto di una intera batteria di pentole da cucina. Più tardi ci rendiamo conto che l’oggetto del contratto non ci occorre affatto e che, per di più, abbiamo sottoscritto una clausola che ci impegna a pagare una salatissima penale in caso di ripensamento. Che cosa possiamo fare? Esiste una norma che ci tuteli contro questo tipo di aggressioni?
La risposta è affermativa e la tutela è oggi offerta dal Codice del consumo (d.lg. n. 206/2005), che regola i rapporti tra professionista (inteso come soggetto che agisce nell’esercizio di un’attività imprenditoriale) e il consumatore o utente di un servizio (inteso come persona fisica che non agisce come imprenditore).
Nei contratti conclusi fuori dei locali commerciali , è stabilito negli artt. 45 ss. il Codice , il consumatore ha diritto di recedere entro dieci giorni lavorativi senza specificarne il motivo e senza dover pagare alcuna penalità. Qualora il professionista non abbia preventivamente informato il cliente di questo suo diritto o non abbia fornito le indicazioni necessarie per esercitarlo, il termine per recedere diventa di 60 giorni.
Il recesso è un diritto irrinunciabile e va esercitato con l’invio di una raccomandata con avviso di ricevimento alla sede del venditore. Esercitato il recesso, il consumatore deve restituire la merce secondo le modalità stabilite nel contratto.
Ai contratti conclusi per posta elettronica, per televisione, per radio, per catalogo e in generale con le tecniche di comunicazione a distanza, l’ordinamento offre analoga tutela. In particolare il Codice di consumo (artt. 50 ss.) dispone che il consumatore ha diritto di recedere senza alcuna penalità e senza dover specificare i motivi del ripensamento, entro dieci giorni lavorativi da quando riceve la merce. In caso di fornitura di servizi il periodo per il ripensamento parte dal giorno della conclusione del contratto.
Il termine di dieci giorni sale a 90 se il consumatore non ha preventivamente ricevuto informazioni complete e chiare sul bene posto in vendita o sul servizio offerto e se non è stato preventivamente informato del suo diritto di recedere.
La donazione, stabilisce l’art. 769 c.c., è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.
La donazione, avverte però l’art. 800 c.c. può essere revocata per ingratitudine (o per sopravvenienza di figli).
La domanda di revocazione per ingratitudine può essere proposta (art. 801c.c.) se il donatario:
- si è reso colpevole d’ingiuria grave verso il donante (la Cassazione ha ritenuto ingiuria i ripetuti tradimenti del coniuge);
- ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio di lui,
- ha rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti (il donatario, stabilisce l’art. 437 c.c., è tenuto con precedenza su ogni altro, a prestare gli alimenti al donante che si trovi in stato di bisogno)
- ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona del donante, o il coniuge, o un discendente, o un ascendente della medesima;
- se ha calunniato una delle sopradette persone denunziandola per uno dei reati punibile con l’ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni, oppure se ha rilasciato falsa testimonianza contro le persone medesime imputandole dei predetti reati.
La domanda di revocazione per causa d’ingratitudine deve essere proposta dal donante o dai suoi eredi, contro il donatario o i suoi eredi, entro l’anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che consente la revocazione (art. 802 c.c.).