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Il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale
► Riepiloghi
Il Presidente della Repubblica, stabilisce l’art. 87 Cost., è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità della nazione.
Viene eletto, secondo quanto dispone l’art. 83 Cost., dal Parlamento riunito in seduta comune.
Alla elezione partecipano tre delegati per ciascuna Regione e uno per la Valle d’Aosta, scelti dai rispettivi Consigli regionali.
Le votazioni avvengono a scrutinio segreto ed è richiesta la maggioranza dei due terzi dell’Assemblea. Ma dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
Può essere eletto Presidente della Repubblica, stabilisce l’art. 84 Cost., ogni cittadino:
– sia esso uomo o donna;
– purché goda dei diritti civili e politici;
– e abbia compiuto 50 anni di età.
Il secondo comma dell’art. 84 Cost. aggiunge che l’ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.
Il Presidente è eletto per sette anni, stabilisce l’art. 85 Cost., e poiché la norma non aggiunge nulla a proposito di una sua eventuale rielezione, se ne deve dedurre che questa è ammissibile.
Alla fine del settennato, se il Presidente non viene rieletto, diventa di diritto senatore a vita.
Gli atti emanati dal Presidente della Repubblica possono essere riuniti in tre gruppi:
– atti sostanzialmente presidenziali;
– atti formalmente presidenziali;
– atti dovuti.
Sostanzialmente presidenziali sono chiamati gli atti nei quali il Presidente, pur nei limiti posti dalla Costituzione, esercita un potere decisionale.
Come si desume dal complesso delle norme costituzionali, egli, con un proprio atto di volontà:
- può sciogliere anticipatamente una o entrambe le Camere (art. 88 Cost.);
- può esercitare il veto sospensivo sulle leggi rinviandole alle Camere con messaggio motivato perché le ridiscutano (art. 74 Cost.);
- può inviare messaggi con i quali richiama l’attenzione del Parlamento su problemi di particolare rilievo non risolti dalla legislazione vigente (art. 87, comma 2, Cost.);
- sceglie la persona alla quale conferire l’incarico di formare un nuovo Governo (art. 92 Cost.);
- può nominare 5 senatori a vita (art. 59 Cost.);
- nomina 5 giudici della Corte Costituzionale (art. 135 Cost.);
- può concedere la grazia o commutare la pena a un condannato (art. 87, comma 11, Cost.).
Formalmente presidenziali sono chiamati gli atti che nella sostanza vengono disposti da altri organi ma formalmente vengono emanati dal Presidente. Vi rientrano:
- la promulgazione delle leggi, quando il Presidente non esercita il potere sostanziale di rinvio (art. 87, comma 5, Cost.);
- l’autorizzazione data al Governo a presentare disegni di legge al Parlamento (art. 87, comma 4, Cost.);
- l’emanazione dei decreti legge, dei decreti legislativi e dei regolamenti governativi (art. 87, comma 5, Cost.);
- la nomina dei ministri designati dal Presidente del consiglio;
- lo scioglimento dei Consigli regionali nei casi previsti dalla Costituzione;
- la nomina dei più alti funzionari dello Stato nei casi stabiliti dalla legge;
- la ratifica dei trattati internazionali, previa, quando richiesta dalla legge, l’autorizzazione delle Camere;
- l’accreditamento dei diplomatici stranieri.
- la dichiarazione dello stato di guerra deliberato dalle Camere.
Atti dovuti sono quelli nei quali non v’è alcun potere decisionale. Il Presidente compie un atto dovuto quando:
- alla fine di ogni legislatura indice l’elezione di nuove Camere e fissare la data della loro prima riunione (art. 87, comma 3, Cost.);
- indice i referendum giudicati ammissibili dalla Corte Costituzionale (art. 87, comma 6).
L’art. 90 Cost. stabilisce:
"Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato d’accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri"
Per alto tradimento deve intendersi un comportamento doloso atto a pregiudicare gli interessi nazionali.
Per attentato alla Costituzione, si ricava dall’art. 283 c.p., deve intendersi un fatto diretto a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di governo con mezzi non consentiti dall’ordinamento.
Il primo comma dell’art. 89 Cost., stabilisce che:
" Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità"
La controfirma è uno strumento che serve a trasferire la responsabilità degli atti del Presidente della Repubblica a un membro del Governo.
La l. n. 400 del 1988, richiede che siano controfirmati dal Presidente del consiglio:
– gli atti di promulgazione delle leggi;
– gli atti deliberati dal Consiglio dei ministri;
– gli atti che hanno forza di legge (decreti legge e decreti legislativi);
– gli altri atti indicati dalla legge.
Al di fuori di queste ipotesi, dispone l’art. 89 Cost., è sufficiente la firma del ministro proponente.
L’art. 134 Cost. stabilisce:
" La Corte Costituzionale giudica: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;
sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni,
sulle accuse promosse contro il Presidente della repubblica , a norma della Costituzione"
La delicatezza delle funzioni che la Corte Costituzionale deve assolvere ha indotto i costituenti a prevedere per essa una composizione eterogenea, in modo che non sia espressione di alcun ordine o potere dello Stato né di specifiche forze politiche.
La nomina dei 15 componenti della Corte Costituzionale è demandata, dall’art. 135 Cost.:
- per un terzo dal Presidente della Repubblica;
- per un terzo dal Parlamento riunito in seduta comune;
- per un terzo dalle supreme magistrature dello Stato (Corte di cassazione, Consiglio di Stato e Corte dei conti).
I giudici durano in carica 9 anni e non sono rieleggibili.
L’art. 134 Cost. stabilisce nel primo comma:
" La Corte Costituzionale giudica: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni (….)”
Il giudizio della Corte può essere richiesto con procedimento diretto o indiretto.
Direttamente possono rivolgersi alla Corte il Governo e le Regioni.
Indirettamente o con procedimento incidentale possono rivolgersi alla Corte i giudici che nel corso del processo hanno il fondato sospetto che una delle norme che stanno applicando sia incostituzionale.
La Corte discute la questione in udienza pubblica e al termine può emettere una sentenza: di rigetto, o di accoglimento.
La sentenza di rigetto conferma la costituzionalità della legge che seguiterà, pertanto, a essere pienamente efficace.
La sentenza di accoglimento fa perdere efficacia alla norma dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione sulla Gazzetta Ufficiale.
L’art. 134 Cost. stabilisce:
" La Corte Costituzionale giudica: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;
sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni,
sulle accuse promosse contro il Presidente della repubblica , a norma della Costituzione"
Come stabilisce la norma, oltre a giudicare sulla costituzionalità delle leggi, alla Corte è affidato il compito di:
- giudicare sui conflitti di attribuzione tra i massimi organi dello Stato;
- giudicare sui conflitti di attribuzione tra lo Stato e le Regioni e tra Regioni;
- giudicare sulle accuse promosse dal Parlamento al Presidente della Repubblica;
- giudicare sull’ammissibilità dei referendum.