Forum E – Unità E7
L’inadempimento delle obbligazioni contrattuali e non contrattuali
► Riepiloghi
Il debitore che non esegue esattamente la prestazione, dispone l’art. 1218 c.c., è tenuto a risarcire il danno causato al creditore.
Il danno di cui il creditore può chiedere il risarcimento, stabilisce l’art. 1223 c.c., può comprendere:
- tanto la perditadiretta subita dal creditore, detta danno emergente;
- quanto il mancato guadagno, detto lucro cessante;
- purché questi siano conseguenza diretta dell’inadempimento.
Nesso di causalità è chiamato il legame che deve unire il mancato adempimento al danno perché quest’ultimo sia considerato conseguenza immediata e diretta del primo.
Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, stabilisce l’art. 1226 c.c., verrà liquidato dal giudice con valutazione equitativa .
Il debitore che non esegue esattamente la prestazione, dispone l’art. 1218 c.c., è tenuto a risarcire il danno causato al creditore.
Tuttavia, aggiunge la norma nella seconda parte, il debitore non è tenuto al risarcimento se prova che l’inadempimento o il ritardo sono stati determinati:
- da oggettiva impossibilità della prestazione;
- derivata da una causa a lui non imputabile.
La oggettiva impossibilità ricorre quando sopraggiunge un evento per cui, ragionevolmente, nessuno sarebbe più in grado di eseguire quella specifica prestazione.
La non imputabilità ricorre quando il debitore non poteva ragionevolmente prevedere né evitare l’evento che ha reso impossibile la prestazione.
In genere vengono considerati non imputabili al debitore solo gli eventi che si producono per caso fortuito o per forza maggiore.
- Il caso fortuito è un fatto incontrollabile.
- La forza maggiore è una forza, naturale o umana, alla quale non si può opporre resistenza.
Si considera forza maggiore anche il cosiddetto fatto del principe. È questa un’espressione arcaica con cui si indica semplicemente un ordine della pubblica autorità che impedisca o limiti quel tipo di prestazione.
La questione è la seguente: se un debitore non esegue la prestazione a cui è obbligato, può limitarsi a risarcire il danno al creditore con una somma di denaro? Il creditore è obbligato ad accettare il risarcimento in denaro al posto della specifica prestazione a cui ha diritto?
Le norme che offrono una risposta sono contenute negli artt. 2930-2933 c.c. e possono essere così riassunte:
il creditore può accontentarsi di un risarcimento per equivalente (cioè in denaro) o può pretendere l’esecuzione della specifica prestazione a cui ha diritto.
In quest’ultimo caso:
- se l’obbligazione consiste nel dare una cosa determinata, il creditore può pretenderne il rilascio forzato;
- se consiste in un fare o in un non fare, potrà ottenere che la cosa sia fatta o disfatta a spese del debitore.
Il debitore che non esegue esattamente la prestazione, dispone l’art. 1218 c.c., è tenuto a risarcire il danno causato al creditore.
In generale, tuttavia, dispone l’art. 1219 c.c., tale obbligo matura solo dopo la costituzione in mora.
La costituzione in mora è un atto scritto con cui il creditore intima al debitore di adempiere la prestazione dovuta. Il medesimo risultato si può ottenere notificando al debitore un atto di citazione in giudizio.
Solo dopo l’avvenuta costituzione il debitore diventa responsabile per le conseguenze dannose che si producono per l’ulteriore ritardo nell’adempimento.
Non è necessaria la costituzione in mora:
- se il debito deriva da fatto illecito;
- se il debitore ha dichiarato per iscritto di non voler eseguire l’obbligazione;
- se è scaduto il termine concordato e la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore.
La mora del creditore si verifica quando questi, senza motivo legittimo, tarda ad accettare la prestazione che il debitore formalmente gli offre.
Le norme che regolano tale ipotesi sono contenute negli artt. 1206-1217 c.c. e possono essere riassunte come segue.
- Il debitore ha l’onere di costituire in mora il creditore: deve cioè intimargli, tramite ufficiale giudiziario o notaio, oppure nei modi previsti dagli usi, di ricevere la prestazione.
- Se il creditore tarda ancora a ricevere la prestazione dovrà rimborsare al debitore i danni subìti e le spese sopportate dal momento della costituzione in mora.
- Se la prestazione diventa impossibile durante la mora del creditore (per esempio la merce si deteriora) sarà il creditore stesso a sopportarne il danno.
La clausola penale è una clausola, apposta al contratto, con la quale si concorda preventivamente l’entità del risarcimento che dovrà pagare la parte che si renda inadempiente o che adempia in ritardo.
In uno stesso contratto è possibile stabilire una penale per il ritardo e una diversa penale per l’inadempimento.
Precisa l’art. 1382 c.c. che, se non è stato concordato diversamente, la clausola ha l’effetto di limitare il risarcimento alla somma indicata.
Questa è dovuta anche se l’inadempimento o il ritardo non hanno causato alcun danno.
La caparra può essere confirmatoria o penitenziale
La caparra confirmatoria consiste in una somma di denaro o in un insieme di altre cose fungibili che una parte consegna all’altra come garanzia per l’adempimento dell’obbligazione assunta.
È regolata dall’art. 1385 c.c. che così dispone:
- in caso di adempimento la caparra dovrà essere restituita a chi l’ha versata oppure andrà a diminuire la prestazione dovuta;
- in caso di inadempimento ci si può accontentare della caparra come risarcimento forfetario oppure ci si può rivolgere al giudice e domandare l’esecuzione forzata del contratto o la liquidazione giudiziale del danno.
La caparra penitenziale ha la funzione di corrispettivo per il diritto di recesso che nel contratto viene accordato a una o a entrambe le parti.
L’art. 1386 c.c. dispone, in proposito, che:
- se recede dal contratto chi ha versato la caparra, l’altra parte tratterrà la somma;
- se recede chi ha ricevuto la caparra, questi dovrà versare all’altra parte il doppio della somma ricevuta.
Se nel contratto non è espressamente prevista la facoltà di recesso, la caparra si intende confirmatoria.
► Approfondimenti
Immaginiamo che un imprenditore debba produrre, per una compagnia aerea, una fornitura di borse da viaggio e supponiamo che abbia concordato un prezzo di vendita che gli consente un profitto di 200.000 euro anziché 100.000 come sarebbe normale.
Accade, però, che il suo fornitore di pellami e accessori ritardi la consegna dei materiali e l’affare sfumi. La domanda è: il fornitore inadempiente dovrà risarcire all’imprenditore 100.000 o 200.000 euro?
La norma in cui trovare risposta è l’art. 1225 c.c. da cui si ricava quanto segue.
Se l’inadempimento è dipeso da colpa, cioè da disorganizzazione o imprevidenza, il debitore risponderà solo del danno prevedibile(nel caso sopra esposto 100000 euro). Perché?
Perché l’ordinamento ritiene che il debitore, quando contrae un’obbligazione, deve poter valutare i rischi a cui si espone in caso di possibile inadempienza;
Se l’inadempimento è dipeso da dolo, cioè da precisa volontà di non adempiere, ogni considerazione in favore del debitore cessa ed egli dovrà risarcire tutti i danni, compresi quelli che non poteva ragionevolmente prevedere che si verificassero (nel caso sopra esposto 200.000 euro).