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LA FUNZIONE GIURISDIZIONALE
► Riepiloghi
La magistratura è costituita dall’insieme dei giudici (o magistrati) ai quali è demandata la funzione giurisdizionale.
L’art. 102 Cost. primo comma dispone:
"La funzione giurisdizionale è esercitata dai magistrati ordinari […]."
La giurisdizione ordinaria si divide in:
– giurisdizione civile;
– giurisdizione penale.
La giurisdizione civile si occupa delle controversie che sorgono in materia di diritto privato.
La giurisdizione penale, invece, è diretta ad accertare se siano stati commessi reati e a perseguire i colpevoli.
L’art. 102 Cost. dispone:
"La funzione giurisdizionale è esercitata dai magistrati ordinari”
E il secondo comma aggiunge:
"Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali […]."
Straordinari sono chiamati gli organi giudiziari (non presenti nel nostro ordinamento) costituiti appositamente per giudicare un fatto già accaduto.
Speciali sono chiamati gli organi giudiziari creati al di fuori della magistratura ordinaria per risolvere specifici tipi di controversie,
Per questi la preclusione costituzionale non è assoluta. È consentito infatti, seppure eccezionalmente, costituire alcune giurisdizioni speciali.
Sono tali:
- la giurisdizione amministrativa, demandata al Consiglio di Stato e ai Tribunali amministrativi regionali (Tar);
- la giurisdizione contabile, demandata alla Corte dei conti;
- la giurisdizione militare, demandata ai tribunali militari.
Il Consiglio superiore della magistratura, o CSM, è l’organo di autogoverno dei giudici.
È composto (l. n. 44/2002) dal Presidente della Repubblica che lo presiede, dal primo presidente e dal procuratore generale della Corte di cassazione; da 16 magistrati ordinari eletti dai loro stessi colleghi; da 8 membri eletti dal Parlamento riunito in seduta comune scelti tra docenti universitari di materie giuridiche e avvocati con almeno 15 anni di esercizio.
Spetta solo al Consiglio superiore della magistratura, stabilisce l’art. 105 Cost., procedere
– alle assunzioni;
– alle assegnazioni e ai trasferimenti;
– alle promozioni e ai provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.
I membri del CSM, stabilisce l’art. 104 Cost., durano in carica 4 anni e non siano immediatamente rieleggibili.
Nell’ordinamento italiano sono previsti tre gradi di giudizio.
Sono giudici di primo grado il Giudice di pace, il Tribunale e la Corte d’assise.
Il Giudice di pace ha competenza sia in materia civile sia in materia penale, ma sempre per questioni o per reati di poco rilievo.
Il Tribunale è composto da giudici appartenenti all’ordine giudiziario e ha competenza:
- in materia civile su tutte le questioni che non rientrano nella competenza del giudice di pace;
- in materia penale su tutti i reati che non rientrano nella competenza del giudice di pace o della Corte d’assise.
La Corte d’assise ha competenza solo in materia penale e giudica i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore, nel massimo, a 24 anni e altre gravi fattispecie indicate nell’art. 5 c.p.p.
È composta da due magistrati e da sei giudici popolari.
- contro la sentenza del Giudice di pace ci si può appellare al Tribunale;
- contro la sentenza del Tribunale ci si può appellare alla Corte d’appello;
- contro la sentenza della Corte d’assise ci si può appellare alla Corte d’assise d’appello.
Contro la sentenza del giudice di secondo grado è ammesso un ulteriore ricorso davanti alla Corte di cassazione.
La Corte di cassazione (detta anche Suprema corte) controlla che la legge sia stata correttamente interpretata e applicata. Per tale ragione si dice che essa esprime un giudizio di legittimità.
Se la Corte non riscontra alcuna irregolarità, conferma la sentenza; in caso contrario la cassa, cioè l’annulla e il processo deve ricominciare davanti a un giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata.
I codici di procedura civile e penale stabiliscono, in via generale, quale tipo di giudice e quale sede giudiziaria è competente a giudicare determinati fatti o determinati rapporti giuridici. Per esempio, chi commette un furto dovrà essere giudicato dal tribunale del luogo in cui ha commesso il reato: quello è il suo giudice naturale.
L’art. 25 Cost., comma 1, stabilisce in proposito:
“Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.”
Ciò significa che nessuna autorità, al di fuori dei casi previsti dall’ordinamento giudiziario, può spostare il processo in altra sede per assegnarlo ad altro giudice magari più clemente o più severo.
L’art. 24 Cost. nei commi 2 e 3 stabilisce:
"La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione."
La disposizione sancisce il diritto, per chiunque si trovi ad essere parte in un processo di far valere le proprie ragioni e di essere assistito da un avvocato.
Per chi non avesse il denaro necessario per pagare la parcella del difensore era previsto dalla legge, prima del 1990, il gratuito patrocinio per i poveri.
La l. n. 217 del 1990 (notevolmente modificata dalla l. n. 134/2001) ha sostituito il gratuito patrocinio con il patrocinio a spese dello Stato. Ciò comporta che l’avvocato incaricato non presterà gratuitamente la propria opera ma percepirà dallo Stato una parcella commisurata al lavoro svolto.
La responsabilità del giudice, per quello che comunemente viene chiamato errore giudiziario, è regolata dalla legge n. 117 del 1988 dalla quale si desume quanto segue.
Il giudice non assume alcuna responsabilità se la conclusione a cui è pervenuto è stata il frutto di una valutazione dei fatti o di una interpretazione dalla norma non condivisa nel grado successivo di giudizio.
Il giudice è invece responsabile, si desume dalla medesima legge:
- se ha agito con dolo, cioè con la deliberata intenzione di danneggiare una delle parti nel processo;
- se ha agito con colpa grave, cioè con totale negligenza nell’esercizio delle sue funzioni;
- se ha compiuto atti di denegata giustizia omettendo di compiere atti dovuti richiesti ufficialmente dalla parte;
- se ha commesso un reato nell’esercizio della sua funzione.
L’art. 111 Cost., comma 6, stabilisce:
"Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati."
Si tratta di una disposizione di grande importanza perché con essa ci si cautela dalla possibilità che il giudice possa assumere provvedimenti arbitrari. Egli deve, in ogni fase del giudizio, precisare per iscritto le ragioni di diritto o di fatto che lo hanno indotto ad assumere quel certo provvedimento e sarà proprio l’analisi della motivazione che consentirà di capire se il provvedimento è più o meno corretto.