Forum F – Unità F2
La giurisdizione penale
► Riepiloghi
La magistratura è costituita dall’insieme dei giudici (o magistrati) ai quali è demandata la funzione giurisdizionale.
La giurisdizione ordinaria si divide in:
– giurisdizione civile;
– giurisdizione penale.
La giurisdizione civile si occupa delle controversie che sorgono in materia di diritto privato.
La giurisdizione penale, invece, è diretta ad accertare se siano stati commessi reati e a perseguire i colpevoli.
Reati sono chiamate le violazioni delle norme penali e sono divise dal legislatore, in funzione della loro gravità, in delitti e contravvenzioni.
I delitti sono reati di maggiore gravità e vengono puniti con l’ergastolo, con la reclusione, o con la multa.
L’ergastolo comporta la restrizione perpetua della libertà personale.
La reclusione comporta la restrizione della libertà personale da 15 giorni a 24 anni ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati.
La multa consiste nel pagamento allo Stato di una somma di denaro compresa tra 50 e 50. 000 euro;
Le contravvenzioni sono illeciti di minore rilevanza previsti nel libro III del codice penale e in leggi speciali. Sono punite con l’arresto o con l’ammenda.
L’arresto comporta la restrizione della libertà personale da cinque giorni a tre anni ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati (art. 25 c.p.).
L’ammenda consiste nel pagamento allo Stato di una somma di denaro compresa tra 20 e 10.000 euro (art. 24 c.p.).
Il reato si considera prescritto, secondo quanto dispone l’art. 157 del codice penale, se non è intervenuta una sentenza definitiva di condanna entro un termine corrispondente al massimo della pena prevista dalla legge per quel tipo di reato.
Il termine comunque non può essere inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione.
La prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo.
Il Pubblico ministero (Pm) è l’organo inquirente che conduce le indagini e sosterrà l’accusa nel processo.
I magistrati che svolgono questa funzione hanno sede in uffici chiamati procure e per questo assumono anche il nome di Procuratori della Repubblica.
Il Pubblico ministero, al fine di evitare che il soggetto inquisito si dilegui prima che venga emessa la sentenza oppure occulti le prove a suo carico, può assumere alcune misure cautelative come:
- il ritiro del passaporto;
- l’imposizione dell’obbligo di presentarsi periodicamente agli uffici di polizia;
- il divieto di dimorare in una determinata località o nell’obbligo di risiedere in un determinato posto;
- gli arresti domiciliari;
- la custodia cautelare in carcere o in un luogo di cura.
L’art. 303 c.p.p. stabilisce i tempi massimi consentiti, nelle diverse ipotesi di reato, per la custodia cautelare e per gli arresti domiciliari.
Il Giudice per le indagini preliminari (GIP) è un magistrato che esercita il controllo sull’attività svolta dal Pm nella fase preliminare al processo, nella quale si cerca di capire se effettivamente vi è stata violazione di una norma penale e chi può essere imputato per tale reato.
Spetta al GIP accogliere o respingere la richiesta del Pm di applicare all’indagato misure restrittive della libertà personale.
Il Pubblico ministero, al fine di evitare che il soggetto inquisito si dilegui prima che inizi il processo, oppure che occulti le prove a suo carico, può assumere alcune misure cautelative.
Le più gravi sono gli arresti domiciliari oppure la custodia cautelare in carcere o in un luogo di cura.
Contro tali provvedimenti si può inoltrare ricorso al Tribunale della libertà che può annullarli se riscontra che vi è stata violazione di legge oppure si convince che non rispondono a fini di giustizia.
La Corte d’assise ha competenza solo in materia penale e giudica i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore, nel massimo, a 24 anni e altre gravi fattispecie indicate nell’art. 5 c.p.p (divieto di ricostituzione del partito fascista, genocidio, delitti contro la personalità dello Stato).
È composta da due magistrati e da sei giudici popolari.
Il processo penale può essere predisposto secondo un criterio prevalentemente inquisitorio o prevalentemente accusatorio.
Il criterio inquisitorio prevede che il Pm conduca in segreto l’inquisizione (cioè l’indagine e la raccolta delle prove) e consente, talvolta, che sia lo stesso magistrato a giudicare l’imputato.
In Italia il processo penale è stato per lungo tempo prevalentemente inquisitorio ma il nuovo codice di procedura penale, emanato con d.p.r. n. 447 del 1988, ha abbandonato il vecchio sistema e ha introdotto, anche nel nostro ordinamento, il sistema accusatorio affinché siano offerte maggiori garanzie all’imputato.
Il processo penale può essere predisposto secondo un criterio prevalentemente inquisitorio o prevalentemente accusatorio.
Il criterio accusatorio, invece, tipico dei paesi anglosassoni, pone sullo stesso piano il Pm e l’avvocato difensore. Davanti al magistrato giudicante entrambi si confrontano su un piano di parità. Ciascuna parte presenta le prove a suo favore e ciascuna può controinterrogare i testimoni dell’altra.
In Italia il processo penale è stato per lungo tempo prevalentemente inquisitorio ma il nuovo codice di procedura penale, emanato con d.p.r. n. 447 del 1988, ha abbandonato il vecchio sistema e ha introdotto, anche nel nostro ordinamento, il sistema accusatorio affinché siano offerte maggiori garanzie all’imputato.
Al fine di ridurre i tempi del processo penale, nel nostro ordinamento sono stati introdotti cinque procedimenti speciali volti a rendere la procedura più semplice e rapida. Tra questi il cosiddetto patteggiamento è quello utilizzato con maggiore frequenza
Il patteggiamento è una procedura che tende ad evitare il dibattimento. Prima che questo si apra il Pm può accordarsi con l’imputato: se questi si dichiarerà colpevole, facendo risparmiare a tutti tempo e denaro, potrà patteggiare una riduzione della pena che può giungere fino a un terzo di quella che rischierebbe se fosse condannato al termine di un regolare dibattimento.
La sentenza emessa in seguito a patteggiamento non è appellabile poiché, avendo l’imputato riconosciuto la propria colpevolezza e concordato la pena, non ha più nulla da reclamare.
Questa procedura, pertanto, non solo evita il dibattimento, ma assicura che non vi sarà il ricorso ad altri gradi di giudizio.
Il giudizio direttissimo può svolgersi quando l’imputato è stato arrestato in flagranza di reato (cioè mentre commetteva il fatto) oppure ha confessato durante l’interrogatorio, oppure ancora le prove raccolte sono di evidenza schiacciante.
In questi casi il Pm può chiedere di evitare l’udienza preliminare e di passare direttamente al dibattimento.
► Approfondimenti
Le competenze del giudice di pace in materia penale sono disciplinate dalla legge 468/99 e dal regolamento di attuazione (D.lgs. 274/2000).
Tali norme dispongono che il giudice di pace è competente a giudicare i seguenti delitti, consumati o tentati:
- percosse (art.581 codice penale);
- lesioni personali perseguibili a querela di parte (art. 582 c.p.);
- lesioni personali colpose perseguibili a querela di parte (art.590 c.p.),
- ingiuria (art. 594 c.p.);
- diffamazione (art. 595 c.p.);
- minaccia (art. 612 c.p.);
- furti punibili a querela dell’offeso (art. 626 c.p.);
- sottrazione di cose comuni (art. 627 c.p.);
- usurpazione (art.631 c.p.), salvi i casi per i quali non è prevista la perseguibilità a querela (art. 639 bis c.p.);
- deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi (art.632 c.p.), salvi i casi per i quali non è prevista la perseguibilità a querela (art. 639 bis c.p.);
- invasione di terreni o edifici (art.633 c.p.), salvi i casi per i quali non e’ prevista la perseguibilità a querela (art. 639 bis c.p.);
- danneggiamento.(art.635 c.p.);
- introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo (art.636 c.p.), salvi i casi per i quali non e’ prevista la perseguibilità a querela (art. 639 bis c.p.);
- ingresso abusivo nel fondo altrui (art.637 c.p.);
- uccisione o danneggiamento di animali altrui (art.638 c.p.);
- deturpamento e imbrattamento di cose altrui (art.639 c.p.);
- appropriazione di cose smarrite, del tesoro e di cose avute per errore o caso fortuito (art.647 c.p.).
Il Giudice di pace è inoltre competente a giudicare le contravvenzioni relative a:
– somministrazione di bevande alcooliche a minori o a infermi di mente (art.689 c.p.);
– determinazione in altri dello stato di ubriachezza (art.690 c.p.);
– somministrazione di bevande alcooliche a persona in stato di manifesta ubriachezza (art.691);
– atti contrari alla pubblica decenza. Turpiloquio (art.726 c.p.);
– inosservanza dell’obbligo dell’istruzione elementare dei minori (art. 731 c.p.).
Sono di competenza del giudice di pace anche delitti e contravvenzioni previste dalle leggi speciali, indicate nel .lgs. 274/2000, art. 4, comma 2.
Con decreto legge 151/2003 è stata trasferita al Tribunale ordinario la competenza per i reati di guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droghe.
Riportiamo il testo dell’art. 47 della legge 26 luglio 1975 n. 354 e successive modifiche contenete “ norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”
Art.47 — affidamento in prova al servizio sociale.
1. Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato può essere affidato al servizio sociale fuori dell’istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare.
2. Il provvedimento é adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalità, condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al comma quinto, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
3. L’affidamento in prova al servizio sociale può essere disposto senza procedere all’osservazione in istituto quando il condannato, dopo la commissione del reato, ha serbato comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma 2
4. Se l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale é proposta dopo che ha avuto inizio l’esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo dell’esecuzione, cui l’istanza deve essere rivolta, può sospendere l’esecuzione della pena e ordinare la liberazione del condannato, quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’ammissione all’affidamento in prova e al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione e non vi sia pericolo di fuga. La sospensione dell’esecuzione della pena opera sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, cui il magistrato di sorveglianza trasmette immediatamente gli atti, e che decide entro quarantacinque giorni. Se l’istanza non è accolta, riprende l’esecuzione della pena, e non può essere accordata altra sospensione, quale che sia l’istanza successivamente proposta.
5. All’atto dello affidamento è redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al lavoro.
6. Con lo stesso provvedimento può essere disposto che durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare sono stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati.
7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l’affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.
8. Nel corso dell’affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza.
9. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita.
10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto.
11. L’affidamento é revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova.
12. L’esito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale.
Riportiamo il testo dell’art. 47 ter della legge 26 luglio 1975 n. 354 e successive modifiche contenete “ norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”
Art.47 ter – detenzione domiciliare.
1. La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell’arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza, quando trattasi di:
a) donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci, con lei convivente;
b) padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole;
c) persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;
d) persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente;
e) persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
1-bis. La detenzione domiciliare può essere applicata per l’espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per l’affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. (…).
1-ter. Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, può disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che può essere prorogato. L’esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare.
1-quater. Se l’istanza di applicazione della detenzione domiciliare é proposta dopo che ha avuto inizio l’esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza cui la domanda deve essere rivolta può disporre l’applicazione provvisoria della misura, quando ricorrono i requisiti di cui ai commi 1 e 1-bis. (…).
2. (comma abrogato da articolo 1 legge n.203/1991)
3. ( comma abrogato da articolo 4 1 comma legge 27 maggio 1998, n. 165 )
4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne fissa le modalità secondo quanto stabilito dall’articolo 284 del codice di procedura penale. Determina e impartisce altresì le disposizioni per gli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la detenzione domiciliare.
5. Il condannato nei confronti del quale è disposta la detenzione domiciliare non è sottoposto al regime penitenziario previsto dalla presente legge e dal relativo regolamento di esecuzione. Nessun onere grava sull’amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l’assistenza medica del condannato che trovasi in detenzione domiciliare.
6. La detenzione domiciliare é revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione delle misure.
7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1-bis.
8. Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati nel comma primo, se ne allontana, é punito ai sensi dell’articolo 385 del codice penale . Si applica la disposizione dell’ultimo comma dello stesso articolo.
9. La denuncia per il delitto di cui al comma ottavo importa la sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca".
9-bis. Se la misura di cui al comma 1-bis è revocata ai sensi dei commi precedenti la pena residua non può essere sostituita con altra misura.
Riportiamo il testo degli artt. 48 – 51 della legge 26 luglio 1975 n. 354 e successive modifiche contenete “ norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”
Art.48 Regime di semilibertà
Il regime di semilibertà consiste nella concessione al condannato e all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale.
I condannati e gli internati ammessi al regime di semilibertà sono assegnati in appositi istituti o apposite sezioni autonome di istituti ordinari e indossano abiti civili.
Art.49 (abrogato )
Art.50 – ammissione alla semilibertà
1. Possono essere espiate in regime di semilibertà la pena dell’arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale.
2. Fuori dei casi previsti dal comma primo, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà soltanto dopo l’espiazione di almeno metà della pena (…)
3. Per il computo della durata delle pene non si tiene conto della pena pecuniaria inflitta congiuntamente a quella detentiva.
4. L’ammissione al regime di semilibertà é disposta in relazione ai progressi compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società.
5. Il condannato all’ergastolo può essere ammesso al regime di semilibertà dopo avere espiato almeno venti anni di pena.
6. Nei casi previsti dal comma 1, se il condannato ha dimostrato la propria volontà di reinserimento nella vita sociale, la semilibertà può essere altresì disposta successivamente all’inizio dell’esecuzione della pena. (…)
7. Se l’ammissione alla semilibertà riguarda una detenuta madre di un figlio di età inferiore a tre anni, essa ha diritto di usufruire della casa per la semilibertà di cui all’ultimo comma dell’articolo 92 del decreto del presidente della repubblica 29 aprile 1976, n. 431.
Art.51- Sospensione e revoca del regime di semilibertà
Il provvedimento di semilibertà può essere in ogni tempo revocato quando il soggetto non si appalesi idoneo al trattamento.
Il condannato, ammesso al regime di semilibertà, che rimane assente dall’istituto senza giustificato motivo, per non più di dodici ore, é punito in via disciplinare e può essere proposto per la revoca della concessione.
Se l’assenza si protrae per un tempo maggiore, il condannato é punibile a norma del primo comma dell’ articolo 385 del codice penale ed é applicabile la disposizione dell’ultimo capoverso dello stesso articolo.
La denuncia per il delitto di cui al precedente comma importa la sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca.
All’internato ammesso al regime di semilibertà che rimane assente dall’istituto senza giustificato motivo, per oltre tre ore, si applicano le disposizioni dell’ultimo comma dell’ articolo 53 (1).
Art.53 comma 6: –’internato che rientra in istituto dopo tre ore dallo scadere della licenza, senza giustificato motivo, é punito in via disciplinare e, se in regime di semilibertà, può subire la revoca della concessione.
Riportiamo il testo dell’art. 54 della legge 26 luglio 1975 n. 354 e successive modifiche contenete “ norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”
Art.54 – liberazione anticipata.
1. Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione é concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata. A tal fine é valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare.
2. La concessione del beneficio é comunicata all’ufficio del pubblico ministero presso la corte d’appello o il tribunale che ha emesso il provvedimento di esecuzione o al pretore se tale provvedimento é stato da lui emesso.
3. La condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell’esecuzione successivamente alla concessione del beneficio ne comporta la revoca.
4. Agli effetti del computo della misura di pena che occorre avere espiato per essere ammessi ai benefici dei permessi premio, della semilibertà e della liberazione condizionale, la parte di pena detratta ai sensi del comma primo si considera come scontata. La presente disposizione si applica anche ai condannati all’ergastolo.
La sospensione condizionale della pena, prevista e regolata dagli artt. 163 – 168 del codice penale, è una causa estintiva del reato.
La sospensione della pena è efficace a condizione che, entro 5 anni (per delitti) o 2 anni (per le contravvenzioni) il colpevole non commetta un nuovo reato della stessa indole; se ciò avviene, egli sconterà insieme la vecchia e la nuova pena.
Ai fini della concessione della sospensione condizionale della pena sono richiesti alcuni requisiti:
- che il reo non sia già stato condannato a pena detentiva per un delitto
- che non sia delinquente abituale, professionale o per tendenza;
- che alla pena non è stata aggiunta una misura di sicurezza, indice di pericolosità sociale del reo;
- che la condanna inflitta per il reato commesso non sia superiore a due anni di arresto o reclusione.
Il perdono giudiziale per i minori degli anni 18 è previsto dall’art. 169 del codice penale e può essere riassunto come segue.
Se, per il reato commesso dal minore degli anni diciotto la legge stabilisce una pena restrittiva della libertà personale non superiore a due anni, oppure una pena pecuniaria non superiore a 5 euro (anche se congiunta alla pena dentiva), il giudice può astenersi dal pronunciare il rinvio al giudizio, quando, presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati.
Qualora si proceda al giudizio, il giudice, può, nella sentenza, per gli stessi motivi, astenersi dal pronunciare condanna.
Il perdono giudiziale non può essere concesso più di una volta.