Forum F – Unità F3
La Giurisdizione Civile
► Riepiloghi
Per costringere le parti in lite a tentare una conciliazione prima di rivolgersi al giudice, è stato introdotto nell’ordinamento, con il d.lg. n. 28 del 2010, l’istituto della mediazione civile e commerciale obbligatoria.
L’incontro di mediazione, così come previsto dalla nuova normativa, si articola come segue.
- La parte che rivendica la lesione di un diritto soggettivo si rivolge a un centro autorizzato di mediazione.
- Le parti in lite si incontrano davanti al mediatore che cerca di indurle a trovare una soluzione che sia accettabile per entrambe.
- Se le parti raggiungono un accordo, il mediatore redige un processo verbale che avrà valore di titolo esecutivo.
- Se le parti non raggiungono l’accordo, quella che vi ha interesse può ricorrere al magistrato e iniziare un regolare processo. In questo caso tuttavia, se il giudice, a conclusione del processo, non le accordasse più di quanto le era stato proposto nel tentativo di conciliazione, essa potrà essere condannata a pagare tutte le spese processuali.
Al Giudice di pace, dispone l’art. 7 del c.p.c., ci si deve rivolgere per le cause relative:
- a beni mobili purché il loro valore non superi i 5.000 euro;
- al risarcimento dei danni provocati dalla circolazione di veicoli e di natanti purché il valore della controversia non superi i 20.000 euro;
- alla misura e all’uso dei servizi condominiali;
- all’apposizione di segni di confine e all’osservanza delle distanze di alberi e siepi dal confine;
- alle immissioni nelle abitazioni di fumo, calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità.
Il problema della competenza territoriale, nel processo civile, non è di poco rilievo. Un conto è seguire un processo che si celebra nella propria città; altro è seguire un processo che si celebra a qualche centinaio di kilometri di distanza. In quest’ultimo caso, infatti, bisognerà disporsi a sostenere costi considerevoli (spese di viaggio, di albergo) nonché una perdita di tempo altrettanto considerevole. Che fare dunque?
La risposta ci viene dagli artt. 18-30 del c.p.c. che disciplinano la competenza territoriale e che possiamo così riassumere:
- in linea generale ci si deve rivolgere al giudice del luogo in cui risiede la persona citata in giudizio; pertanto, se vogliamo agire contro una persona che risiede in altra città, saremo noi a doverci scomodare;
- tuttavia, se l’oggetto della controversia è un bene immobile (terreni e fabbricati) è competente il giudice del luogo in cui l’immobile si trova.
Nel processo che si apre davanti al giudice sono parti l’attore e il convenuto.
Attore è colui che agisce presentando al giudice l’istanza, cioè la richiesta diretta a far valere il proprio diritto soggettivo.
Nel processo che si apre davanti al giudice sono parti l’attore e il convenuto.
Convenuto è colui contro il quale l’azione è proposta.
Questi può:
- opporre eccezioni, cioè contestare la pretesa dell’attore;
- e può anche presentare una domanda riconvenzionale con la quale sostiene di essere lui ad aver subito un danno per il comportamento dell’attore e ne domanda il risarcimento.
Condizione per l’avvio del processo civile è la notificazione al convenuto dell’atto di citazione.
La notificazione è il modo con cui si rende ufficialmente noto al convenuto che è stato citato in giudizio. Ad essa provvede l’ufficiale giudiziario.
L’atto di citazione è un documento con il quale l’attore invita il convenuto a presentarsi in giudizio per difendersi davanti al giudice.
In merito al contenuto dell’atto l’art. 163 c.p.c. stabilisce quanto segue.
Art. 163 c.p.c. :
“La domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa.
Il presidente del tribunale stabilisce al principio dell’anno giudiziario, con decreto approvato dal primo presidente della corte di appello, i giorni della settimana e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti.
L’atto di citazione deve contenere:
1) l’indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta;
2) il nome, il cognome, la residenza e il codice fiscale dell’attore, (1) il nome, il cognome, il codice fiscale, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono. (2) Se attore o convenuto è una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un comitato la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l’indicazione dell’organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio;
3) la determinazione della cosa oggetto della domanda;
4) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni;
5) l’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione;
6) il nome e il cognome del procuratore e l’indicazione della procura, qualora questa sia stata già rilasciata;
7) l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione; l’invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166, ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e a comparire, nell’udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell’art. 168-bis, con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167. (3)
L’atto di citazione, sottoscritto a norma dell’art. 125, è consegnato dalla parte o dal procuratore all’ufficiale giudiziario, il quale lo notifica a norma degli artt. 137 ss.”
Condizione per l’avvio del processo civile è la notificazione al convenuto dell’atto di citazione.
La notificazione è una condizione indispensabile, ma non ancora sufficiente, per iniziare il processo. Affinché le parti possano comparire davanti al giudice, infatti, è necessario che si costituiscano in giudizio.
La costituzione in giudizio si effettua consegnando in cancelleria un fascicolo nel quale l’attore inserirà tutti gli elementi sui quali si fonda la pretesa e il convenuto tutti gli elementi sui quali si fonda la difesa.
Regolano la costituzione in giudizio gli artt. 165 – 167 c. p.c.
Art. 165.
(Costituzione dell’attore)
L’attore, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, ovvero entro cinque giorni nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell’articolo 163-bis, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando in cancelleria la nota d’iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contenente l’originale della citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale. (1)
Se la citazione è notificata a più persone, l’originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall’ultima notificazione.
Art. 166.
(Costituzione del convenuto)
Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell’articolo 163-bis, ovvero almeno venti giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’articolo 168-bis, quinto comma, (2) depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di cui all’articolo 167 con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione.
Art. 167.
(Comparsa di risposta)
Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, indicare le proprie generalità e il codice fiscale, i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni. (2)
A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. (3) Se è omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione.
Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell’articolo 269.
Condizione per l’avvio del processo civile è la notificazione al convenuto dell’atto di citazione e la successiva costituzione in giudizio delle parti.
Se nessuna delle parti si costituisce (per esempio perché si sono incontrate e hanno raggiunto un accordo) il processo si estingue.
Se si costituisce una sola parte, l’altra verrà dichiarata contumace e il processo potrà proseguire in sua assenza.
Il giudice emetterà una sentenza favorevole alla parte presente in giudizio solo se questa presenterà prove sufficienti per dimostrare la fondatezza delle proprie ragioni.
Nel processo civile la sentenza emessa dal giudice di primo grado non è definitiva poiché le parti hanno la possibilità di ricorrere a un giudice di secondo grado.
Ciò non di meno, l’art. 252 c.p.c. stabilisce che essa è provvisoriamente esecutiva. Ciò vuol dire che, salvo le eccezioni consentite dall’art. 283 c.p.c., la parte soccombente può essere costretta a eseguire subito quanto è stato disposto dal giudice.
Essa avrà diritto alla ripetizione, cioè alla restituzione di quanto pagato se il giudizio di secondo grado ribaltasse l’esito della sentenza.
Art. 282.
(Esecuzione provvisoria)
La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti.
Art. 283.
(Provvedimenti sull’esecuzione provvisoria in appello)
Il giudice dell’appello, su istanza di parte, proposta con l’impugnazione principale o con quella incidentale, quando sussistono gravi e fondati motivi, anche in relazione alla possibilita’ di insolvenza di una delle parti, sospende in tutto o in parte l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza impugnata, con o senza cauzione.
Se l’istanza prevista dal comma che precede è inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l’ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000. L’ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio.
Se la parte soccombente in un processo di cognizione non si attiene a quanto disposto nella sentenza, la parte vincitrice può avviare nei suoi confronti un procedimento di esecuzione forzata.
L’esecuzione forzata può assumere la duplice veste di:
– esecuzione in forma specifica (regolata dagli artt. 2930-2933 c.c.);
– espropriazione forzata (regolata dagli artt. 2910-2929 c.c.).
L’esecuzione forzata in forma specifica tende a far ottenere al creditore lo specifico risultato a cui ha diritto.
A essa si può ricorrere quando la parte soccombente sia stata condannata a:
- rilasciare un certo bene alla parte vincitrice;
- fare una certa cosa (per esempio consolidare una costruzione pericolante);
- non fare una certa cosa (per esempio non elevare una costruzione sulla linea di confine).
Se la parte soccombente in un processo di cognizione non si attiene a quanto disposto nella sentenza, la parte vincitrice può avviare nei suoi confronti un procedimento di esecuzione forzata.
L’esecuzione forzata può assumere la duplice veste di:
– esecuzione in forma specifica (regolata dagli artt. 2930-2933 c.c.);
– espropriazione forzata (regolata dagli artt. 2910-2929 c.c.).
L’espropriazione forzata è diretta a far conseguire al creditore la somma di denaro a cui ha diritto vendendo forzatamente alcuni beni del debitore.
Il procedimento si avvia esibendo la sentenza all’ufficiale giudiziario e chiedendo che, sulla base di tale sentenza, si proceda al pignoramento di alcuni beni del debitore.
Il pignoramento (come si ricava dall’art. 492 c.p.c.) è un atto con il quale l’ufficiale giudiziario, su richiesta del creditore, intima al debitore di non disfarsi dei beni che nell’atto sono stati elencati, con l’avvertenza che, se il debito non verrà pagato, si procederà alla vendita forzata o all’assegnazione dei beni pignorati al creditore.
Scaduto il termine indicato dall’atto di pignoramento, il creditore dovrà rivolgersi al giudice competente il quale darà incarico all’ufficiale giudiziario di procedere alla vendita forzata dei beni del debitore.
Il pignoramento (come si ricava dall’art. 492 c.p.c.) è un atto con il quale l’ufficiale giudiziario, su richiesta del creditore, intima al debitore di non disfarsi dei beni che nell’atto sono stati elencati, con l’avvertenza che, se il debito non verrà pagato, si procederà alla vendita forzata o all’assegnazione dei beni pignorati al creditore.
Scaduto il termine indicato dall’atto di pignoramento, il creditore dovrà rivolgersi al giudice competente il quale darà incarico all’ufficiale giudiziario di procedere alla vendita forzata dei beni del debitore.
Con il ricavato verrà pagato il creditore istante, unitamente ad altri creditori che successivamente si siano inseriti nella procedura. L’eventuale somma residua verrà restituita al debitore.
Il procedimento per ingiunzione (regolato dagli artt. 633 ss. c.p.c.) consente al creditore insoddisfatto di chiedere al giudice di ingiungere (cioè comandare) al debitore di pagare il proprio debito.
È un procedimento speciale che trova notevole applicazione nella pratica giudiziaria, perché consente di abbreviare i tempi lunghi della procedura ordinaria.
L’attore può utilizzarlo solo se:
- è creditore di una somma liquida di denaro o di una determinata quantità di cose fungibili o ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata;
- dispone di una prova scritta.
Se sussistono entrambe le condizioni sopra indicate il giudice, valutata l’attendibilità della prova, può ingiungere, cioè ordinare, al debitore di adempiere la propria obbligazione entro 40 giorni, con l’avvertenza che se entro il suddetto termine non provvederà al pagamento, né presenterà opposizione, si procederà ad esecuzione forzata nei suoi confronti (art. 641 c.p.c.).
► Approfondimenti
Sono prove documentali il documento informatico, la scrittura privata, la scrittura privata autenticata, l’atto pubblico.
Il documento informatico
- se il documento contiene una firma digitale assume lo stesso valore probatorio della scrittura privata;
- se il documento contiene una semplice firma elettronica (user name o password) ha rilevanza giuridica ma la sua efficacia è rimessa al prudente apprezzamento del giudice;
- se è privo anche di firma elettronica, costituisce prova solo se colui contro il quale è prodotto non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose rappresentate.
La scrittura privata
è un atto redatto o soltanto sottoscritto da una o più persone.
La scrittura privata autenticata
è un documento nel quale un notaio o un altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato attesta che la sottoscrizione è stata operata in sua presenza da persona della quale ha accertato l’identità.
L’atto pubblico
è il documento redatto da un notaio o altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato il quale attesta, nelle forme previste dalla legge, che le dichiarazioni riportate nell’atto sono state fatte davanti a lui, in quella data, da persone di cui ha accertato l’identità.
Entrambi i documenti fanno piena prova fino a querela di falso.
La testimonianza è una dichiarazione resa al giudice sotto il vincolo del giuramento, con la quale una persona riferisce ciò che conosce in relazione a fatti inerenti la causa.
Rientra, insieme alla confessione e al giuramento, tra le prove non documentali.
La confessione è la dichiarazione resa da una persona sulla verità di fatti a sé sfavorevoli e favorevoli alla controparte..
Il giuramento è una dichiarazione resa in giudizio da una parte sotto il vincolo solenne di dire la verità su determinati fatti riguardanti la causa.
Possono essere semplici o legali.
La presunzione semplice è operata dal giudice nel corso di un giudizio sulla base del prudente apprezzamento dei fatti.
La presunzione legale si ha nei casi in cui è la stessa legge ad attribuire a un determinato fatto noto il valore di prova rispetto a un altro fatto ignoto.
La presunzione legale è:
- relativa, se ammette la prova contraria;
- assoluta, se non ammette la prova contraria.