Forum G – Unità G3
Gli atti della PA e la giustizia amministrativa
► Riepiloghi
Atti amministrativi sono gli atti giuridici posti in essere dalla Pa nell’esercizio di una potestà amministrativa.
Benché siano molto numerosi e molto diversi tra loro per oggetto e finalità, tutti possono essere fatti rientrare in due grandi categorie:
- i provvedimenti amministrativi, con i quali la Pa interviene d’autorità nella sfera giuridica di determinati soggetti privati;
- gli atti diversi dai provvedimenti, con i quali la Pa non impone la propria volontà ma offre un servizio. Sono tali per esempio le certificazioni (residenza, matrimonio, cittadinanza); le registrazioni (annotazioni di nascita, morte, trascrizioni di matrimonio); i pareri emessi dagli organi consultivi.
Affinché l’atto amministrativo sia valido devono sussistere alcuni requisiti o elementi essenziali. In particolare occorre:
- che l’atto sia stato emesso dal soggetto competente;
- che l’atto abbia un oggetto possibile, lecito e determinato;
- che dal contenuto dell’atto risulti in modo chiaro la volontà dell’organo che lo ha emanato e che, ove richiesto dalla legge, tale volontà sia opportunamente motivata;
- che l’atto abbia la forma prevista dalla legge. Solitamente per i provvedimenti più importanti è impiegata la forma del decreto (decreto ministeriale, decreto prefettizio), mentre per i meno importanti è consentita la forma libera.
In mancanza di uno di questi requisiti l’atto deve ritenersi nullo.
I provvedimenti amministrativi sono quegli atti con i quali la pubblica amministrazione esprime imperativamente la propria volontà in relazione a uno specifico oggetto.
Tali atti possono determinare una estensioneo una compressionenella sfera giuridica dei privati.
Estensivi sono i provvedimenti che attribuiscono a soggetti privati uno o più diritti.
Restrittivi sono i provvedimenti che restringono o eliminano diritti soggettivi privati.
Tutti i provvedimenti amministrativi, a qualsiasi categoria appartengano tra quelle sopra menzionate, presentano invariabilmente alcuni caratteri comuni. Essi, infatti, sono tutti atti imperativi, esecutivi, concreti, revocabili.
È nullo l’atto che manchi di uno degli elementi o requisiti essenziali previsti dalla legge per la sua validità.
In particolare l’atto è nullo:
- se non è stato emesso dal soggetto competente;
- se non ha un oggetto possibile, lecito e determinato;
- se dal contenuto dell’atto non risulta in modo chiaro la volontà dell’organo che lo ha emanato;
- se l’atto non ha la forma prevista dalla legge.
L’atto nullo si considera come mai emanato e non produce nessuno degli effetti che gli sarebbero propri.
È annullabile l’atto amministrativo che presenti uno dei seguenti vizi di legittimità: incompetenza relativa, eccesso di potere, violazione di legge.
L’incompetenza relativa si ha quando l’atto è stato emanato da un organo sprovvisto dello specifico potere ma comunque appartenente allo stesso ramo della Pa competente per materia.
L’eccesso di potere ricorre quando la Pa fa un uso non corretto del proprio potere discrezionale.
La violazione di legge è una categoria residuale nella quale rientrano i casi (diversi dall’incompetenza e dall’eccesso di potere) in cui l’atto amministrativo non è conforme alle prescrizioni inderogabili contenute nelle norme giuridiche. Per esempio è annullabile per violazione di legge la delibera approvata senza il numero legale o con una maggioranza inferiore a quella richiesta, oppure l’atto che presenti vizi di forma e così via.
L’atto annullabile esiste giuridicamente e produce regolarmente i propri effetti fin quando non ne venga chiesto e ottenuto l’annullamento.
Al fine di favorire lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali senza dovere preliminarmente attendere permessi o concessioni dalla Pa, la l. 122 del 2010 ha disposto che l’attività possa essere iniziata subito dopo aver inoltrato una " segnalazione certificata di inizio di attività" (SCIA)
L’aggettivo certificata significa che la segnalazione dovrà essere corredata con la documentazione prevista dalla legge.
L’amministrazione alla quale la segnalazione è stata inoltrata, qualora accerti una insufficienza dei requisiti o dei presupposti richiesti dalla legge per quel tipo di attività, ha sessanta giorni di tempo per emettere un provvedimento motivato contenente il divieto di proseguire nell’attività e la rimozione di eventuali effetti dannosi.
Con la l. 127 del 1997 è stata condotta una consistente opera di disboscamento, decretando l’eliminazione di quasi tutte le certificazioni che abitualmente venivano richieste.
Ecco in sintesi le innovazioni su questo tema introdotte dalla legge.
- È scomparsa l’autentica della firma per le domande di partecipazione ai concorsi pubblici e agli esami.
- È scomparsa anche l’autentica della fotografia necessaria per il rilascio di documenti personali, come la carta d’identità, il passaporto o la patente di guida. Se il richiedente si presenta personalmente allo sportello, la sua foto viene autenticata direttamente dal pubblico ufficiale che rilascia il documento.
- I certificati da allegare alle domande rivolte alla Pa sono sostituiti con l’autocertificazione. Questa è una dichiarazione sottoscritta dal cittadino (senza necessità di autenticare la firma) con la quale si comunicano alla Pa le informazioni da questa richieste.
Le amministrazioni sono tenute a effettuare controlli, anche a campione, sulla veridicità delle autocertificazioni. Se risultano false il cittadino è soggetto alle sanzioni penali disposte dalla legge per il reato di falso in atto pubblico (l. n. 4 gennaio 1968, n. 15, art. 26) e perde i benefici del provvedimento per il quale ha dichiarato cosa non vera.
Le certificazioni possono ancora essere richieste da soggetti privati, come banche, assicurazioni, datori di lavoro.
Il problema del ricorso amministrativo si pone quando il cittadino ritenga di essere stato ingiustamente leso da un provvedimento della pubblica amministrazione
Al cittadino l’ordinamento offre la possibilità di percorrere due diverse vie: ricorrere al giudice ordinario o amministrativo, oppure ricorrere agli organi interni alla stessa pubblica amministrazione presentando un ricorso amministrativo.
I ricorsi amministrativi previsti dall’ordinamento sono di tre tipi: ricorso in opposizione; ricorso gerarchico; ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Il ricorso in opposizione viene rivolto allo stesso ufficio che ha emanato l’atto.
Il ricorso gerarchico è indirizzato all’organo superiore rispetto a quello che ha emanato l’atto ed è volto a ottenerne l’annullamento o la modifica.
Il ricorso straordinario al Capo dello Stato costituisce una sorta di ultimissimo appello concesso nei confronti di atti divenuti ormai definitivi perché il ricorso gerarchico ha avuto esito negativo o perché sono scaduti i termini per presentarlo.
Se il ricorso viene respinto, l’atto diventa definitivo e non è più ammessa alcuna forma di impugnazione.
Contro gli atti della pubblica amministrazione il cittadino può rivolgersi al giudice ordinario solo se si ritiene che sia stato leso un proprio diritto soggettivo.
Il diritto soggettivo può essere leso dalla Pa:
- per effetto di inadempienza contrattuale
- per effetto di un fatto illecito civile;
- per effetto di un atto amministrativo illegittimo.
Se la violazione del diritto soggettivo è conseguente ad atti di diritto privato compiuti dalla Pa o da fatti illeciti, il giudice si comporterà come se la Pa fosse un qualsiasi altro soggetto: valuterà i fatti e le prove ed emetterà la sentenza.
Se, invece, la violazione del diritto soggettivo è conseguente a un atto amministrativo, il giudice potrà disapplicare l’atto illegittimo ma non potrà annullarlo perché se lo facesse invaderebbe la sfera di competenza del potere amministrativo.
L’atto potrà essere successivamente annullato solo da un organo della Pa.
Contro un atto emesso dalla pubblica amministrazione il cittadino può rivolgersi al giudice amministrativo se ritiene che con tale sia stato leso un proprio interesse legittimo.
L’interesse legittimo è l’interesse di ogni cittadino a che la Pa, nell’emanare un atto che lo riguarda, si attenga a quanto stabilito dalla legge.
Sono giudici amministrativi il Tar (Tribunale amministrativo regionale) e il Consiglio di Stato.
Il Tar è un giudice di primo grado ed è competente a giudicare sui provvedimenti amministrativi che hanno efficacia nell’ambito regionale.
Solo il Tar del Lazio è competente a pronunciarsi sugli atti che estendono la loro efficacia su tutto il territorio nazionale.
Contro la sentenza del Tar la parte che non sia rimasta soddisfatta può presentare ricorso al Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato è giudice di secondo grado o di appello e le sue sentenze sono definitive.
La class action è l’azione con la quale un gruppo di consumatori o utenti danneggiati dal medesimo fatto (e pertanto individuati come appartenenti a una medesima classe) può attivare un unico procedimento giudiziario.
Il d.lg. n. 303/2009 consente di intraprendere questa azione anche nei confronti della pubblica amministrazione.
L’art. 1 del decreto dispone, in proposito, che una pluralità di utenti e consumatori, titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei, possono agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se derivi loro una lesione concreta ed attuale dei propri interessi:
- dalla violazione di termini;
- dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori (non aventi contenuto normativo);
- dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici.
Il ricorso va presentato al giudice amministrativo.
Non può essere proposta l’azione contro:
- le autorità amministrative indipendenti;
- gli organi giurisdizionali;
- le assemblee legislative;
- gli altri organi costituzionali nonché della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
► Approfondimenti
Il decreto legge n. 5/2012 rubricato “DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONE E DI SVILUPPO” (convertito con legge n. 35/2012) è composto di 63 articoli, contenenti altrettanti provvedimenti per la semplificazione amministrativa. Tra le tante disposizioni ne riportiamo alcune di più ampio interesse.
L’art. 5 consente di inviare all’ufficiale d’anagrafe per fax o per via telematica le dichiarazioni che abbiano per oggetto:
- il trasferimento di residenza da un Comune all’altro oppure dall’Italia all’estero o dall’estero in Italia;
- la costituzione di una nuova famiglia o di una nuova convivenza, o ai mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza;
- i cambiamenti di abitazione
L’art. 6 dispone che siano effettuate esclusivamente in modalità telematica:
- le comunicazioni e le trasmissioni tra Comuni di atti e di documenti di stato civile, anagrafe e elettorali;
- le comunicazioni tra Comuni e questure;
- le comunicazioni inviate ai Comuni dai notai ai fini delle annotazioni delle convenzioni matrimoniali a margine dell’atto di matrimonio ai sensi dell’articolo 162 del codice civile;
- le trasmissioni e l’accesso alle liste di leva militare.
Gli artt. 6-bis e ter dettano misure per consentire il pagamento dell’imposta di bollo per via telematica, anche attraverso l’utilizzo di carte di credito, di debito o prepagate, per tutti i casi in cui questa è dovuta.
L’art. 7 stabilisce che i documenti di identità e altri documenti di riconoscimento sono rilasciati o rinnovati con validità fino alla data corrispondente al giorno e mese di nascita del titolare, immediatamente successiva alla scadenza che sarebbe altrimenti prevista per il documento medesimo.
L’art. 8 dispone, tra l’altro, che le domande e i relativi allegati per la partecipazione a selezioni e concorsi per l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni centrali banditi a decorrere dal 30 giugno 2012 sono inviate esclusivamente per via telematica. Sono nulle le clausole dei bandi in contrasto con la presente disposizione.
L’art. 48 stabilisce che le procedure di iscrizione alle università siano effettuate esclusivamente per via telematica.
A decorrere dall’anno accademico 2013-2014, la verbalizzazione e la registrazione degli esiti degli esami, di profitto e di laurea, sostenuti dagli studenti universitari sono eseguite esclusivamente con modalità informatiche.