, , ,

 Forum H – Unità H1

I rapporti familiari

► Riepiloghi

 

► Approfondimenti

In quali casi è possibile adottare una persona maggiorenne
L’adozione di persone maggiori di età può rispondere a esigenze diverse. Per esempio può essere impiegata da chi non abbia eredi per averne uno o più. Ma può servire anche a sanare situazioni familiari più complesse.

Condizioni per adottare un adulto, stabilisce il codice civile (artt. 291 ss.), sono che l’adottante:

  • abbia almeno 35 anni di età e almeno 18 anni più dell’adottato;
  • non abbia discendenti legittimi, legittimati o figli naturali riconosciuti, salvo che, ha precisato la Corte Costituzionale, i soggetti sopra indicati non siano maggiorenni e consenzienti (Corte Cost. n. 557/1988).

 

In tempi recenti, tuttavia, la Cassazione ha aperto un ulteriore varco. Pronunciandosi su un caso di un uomo che voleva adottare il figlio maggiorenne avuto dalla moglie prima del matrimonio, la Corte ha ritenuto ammissibile il procedimento anche se nella famiglia erano presenti figli minori di età (Cass. 2006, n. 2426).

Come si opera il disconoscimento di paternità
L’art. 231 stabilisce:
Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio.
Contro questa presunzione è ammessa la prova contraria, ma entro limiti piuttosto ristretti.
L’azione di disconoscimento della paternità, stabilisce infatti l’art. 235 c.c. è consentita solo nei seguenti casi:

  • se i coniugi non hanno coabitato per un periodo compreso tra i sei e i dieci mesi prima della nascita; 
  • se il marito, nello stesso periodo, era affetto da impotenza, anche soltanto di generare;
  • se la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito sia la gravidanza, sia la nascita del figlio.
     

Tali comportamenti però, si desume dalla norma, non sono sufficienti, da soli, ad escludere la paternità del marito poiché rimane comunque molto alta la probabilità che sia pur sempre lui il padre del bambino. Egli, pertanto, dovrà fornire al giudice altri elementi che, nel caso concreto, siano idonei a escludere il suo ruolo nel concepimento.
Rilevante è, in questo caso, la prova del sangue che, sebbene non idonea a dimostrare la positività della paternità, può essere sufficiente ad escluderla.
L’azione di disconoscimento può essere promossa tanto dal presunto padre, quanto dalla madre o dal figlio che rifiuti il presunto padre.
La sola dichiarazione della madre non è sufficiente ad escludere la paternità, sia perché neppure lei, talvolta, può sapere con precisione chi è il padre, sia perché la dichiarazione della donna potrebbe essere ispirata a fini diversi dall’accertamento della verità.
I tempi per la proposizione dell’azione giudiziale sono piuttosto brevi perché è interesse generale restringere al massimo le situazioni d’incertezza. L’istanza di disconoscimento della paternità dispone l’art. 244 c.c , può essere proposta:

  • dalla madre, entro sei mesi dalla nascita del figlio;
  • dal padre, entro un anno dalla nascita o dalla notizia della nascita; 
  • dal figlio entro un anno dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene a conoscenza di fatti che rendono ammissibile il disconoscimento.
     

Opposta all’azione di disconoscimento è l’azione di reclamo di legittimità. Questa, come prevede l’art. 249 c.c., può essere proposta contro entrambi i genitori da chi voglia dimostrare di essere loro figlio legittimo.