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 Il 70% dei comuni italiani a rischio di frane e alluvioni

Le disastrose frane che hanno colpito Messina (in Sicilia) e Ischia (in Campania), nell’ottobre e novembre 2009, e l’alluvione verificatasi in dicembre nella bassa valle del Serchio (in Toscana) confermano che la maggior parte del territorio italiano è a rischio.

Secondo lo studio Ecosistema rischio 2009, realizzato da Legambiente e Protezione civile, oggi sono minacciati in vario grado da frane e alluvioni 5581 comuni, equivalenti al 70% del totale.

Tra questi, 30 su cento sono soggetti al rischio di frane, 23 su cento a quello di alluvioni,  47 su cento al rischio sia di frane che di alluvioni.

Rischio idrogeologico in Italia

Le regioni maggiormente minacciate sono: Calabria, Umbria e Valle d’Aosta, i cui comuni sono tutti a rischio; Marche, Toscana e Lazio, dove è a rischio la quasi totalità dei comuni. 

Le regioni con le più basse percentuali di comuni a rischio sono Sardegna, Puglia, Veneto e Trentino-Alto Adige. Tuttavia, anche in queste regioni le frane e le alluvioni hanno provocato negli ultimi anni vittime e danni. 

Le frane e le alluvioni sono fenomeni naturali, parte integrante della trasformazione del territorio. Ma si deve e si può evitare che esse provochino effetti disastrosi sul territorio, limitando i danni e i pericoli per gli abitanti.

Anche negli ultimi casi la causa scatenante è stata una pioggia molto intensa, concentrata in un breve periodo di tempo: si stima che, nell’area di Messina, ne siano caduti in pochissime ore 20-30 cm per metro quadro, la stessa quantità che in media cade a Roma in circa sei mesi.

Questo fenomeno meteorologico estremo, che si alterna a periodi di forte siccità, sta divenendo più frequente a causa del cambiamento climatico. Ci si deve dunque preparare ad affrontarlo avendo più cura del territorio.

La causa principale dei suoi effetti disastrosi è il dissesto idrogeologico, ossia lo squilibrio che le attività umane provocano nel rapporto tra le acque e le condizioni del terreno.

In circa 80 comuni su cento sono state costruite abitazioni, spesso interi quartieri, in zone a rischio di frane, nelle golene (le strisce di terreno comprese tra l’alveo e l’argine del fiume) e in altre aree dove i corsi d’acqua si espandono naturalmente durante le piene. In queste zone a rischio sono stati costruiti anche impianti industriali.

Ciò conferma che l’urbanizzazione di molti territori è stata realizzata senza tenere conto del rischio idrogeologico. Conferma anche che è molto difficile invertire tale tendenza. Solo pochi  comuni stanno provvedendo a spostare abitazioni e industrie dalle zone esposte a maggiore pericolo. 
 

Spesso le opere di consolidamento dei versanti franosi  e di messa in sicurezza dei corsi d’acqua accrescono la fragilità del territorio, poiché non vengono attuate nei modi appropriati, e servono da giustificazione per continuare a edificare nelle zone a rischio. 

Nettamente migliore risulta l’organizzazione del sistema locale di protezione civile, attraverso cui vengono soccorse le popolazioni colpite da frane e alluvioni. Fondamentale resta però l’opera di prevenzione, ossia la cura del territorio perché tali eventi non provochino conseguenze disastrose per le popolazioni.

⇒ Vedi anche, nel volume 1 di Geograficamente, l’approfondimento del paragrafo 8, nell’unità D, a pag. 172, dove si trova la cartina dei comuni a rischio idrogeologico molto elevato, redatta in base a una precedente indagine, e si descrivono le cause del fenomeno.

(Foto: Francesco Saya/epa/Corbis)

ESERCIZI

1) Quanti sono, in percentuale, i comuni soggetti al rischio di frane e alluvioni?
a – Il 47%
b – Il 30%
c – Il 70%

Osserva attentamente la cartina e rispondi alle seguenti domande.

2) In quale di queste regioni è maggiore il numero dei comuni a rischio?
a – Piemonte
b – Calabria
c – Lombardia

3) In quale di queste regioni è maggiore la percentuale dei comuni a rischio?
a – Piemonte
b – Calabria
c – Lombardia

Leggi le soluzioni

 

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