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 Punti di svolta

A pochi anni di età il giovane Leonardo, figlio di ser Pietro da Vinci, dimostrava già una notevole vivacità intellettuale ma i suoi interessi erano alquanto mutevoli, motivo per cui, come nota Giorgio Vasari «egli si mise a imparare molte cose; e, cominciate, poi l’abbandonava. Ecco, nell’abbaco, egli in pochi mesi ch’e’ v’attese, fece tanto acquisto, che movendo di continuo dubbi e difficoltà al maestro che gl’insegnava, bene spesso lo confondeva. Dette alquanto d’opera alla musica, ma tosto si risolvé a imparare a sonare la lira, come quello che dalla natura aveva spirito elevatissimo e pieno di leggiadria [ … ]. Nondimeno, bench’egli a sì varie cose attendesse, non lasciò mai il disegnare ed il fare di rilievo, come cose che gli andavano a fantasia più d’alcun’altra». Insomma, il giovane Leonardo mostrava interesse per vari aspetti della lingua e dell’arte ma fu soltanto intorno ai diciassette anni, quando il padre, notando l’eccellenza dei suoi disegni, chiese al Verrocchio di prenderlo nella sua bottega, che il ragazzo diede prova del suo valore nella pittura, nel modellare la creta e persino nell’ingegneria, ideando un canale di contenimento dell’Arno da Pisa a Firenze che descrisse poi, insieme ad altre macchine precorritrici, quando era ormai quasi cinquantenne, nel famoso Codice Atlantico.

Le virtù creative dimostrate da Leonardo sono emerse pertanto gradualmente, dopo una fase di incubazione e la «svolta» impressa dalla frequentazione della bottega del Verrocchio.

Howard Gardner, che a lungo si è dedicato allo studio delle dinamiche creative, sostiene che gli adulti che manifestano elevati livelli di creatività non sono necessariamente stati bambini precoci. Fatta eccezione per Pablo Picasso, nessuno dei diversi casi presi in esame dallo psicologo era un bambino prodigio. Il dato interessante, però, è che nel momento in cui questi soggetti si applicavano a un particolare dominio, la loro creatività emergeva rapidamente portandosi a livelli molto elevati. In numerosi casi, Gardner ha notato la presenza di un punto di svolta, che lui definisce «esperienza cristallizzante», in grado di imprimere una nuova direzione al cammino di un giovane. Molto spesso la svolta è legata a un’esperienza «rivelatrice», come l’imbattersi in un libro di poesie, in un testo matematico, in un’opera d’arte o in una persona in grado di incarnare quegli ideali che nella mente di un giovane sono ancora confusi in un’indistinta nebulosa. È il caso di Siddharta, l’Illuminato o il Budda, il mistico protagonista dell’opera omonima di Hermann Hesse, che impersona la condizione di colui che cerca un punto di svolta, sia pure all’interno della propria mente.

Così tutti amavano Siddharta. A tutti egli dava gioia, tutti ne traevano piacere.
Ma egli, Siddharta, a se stesso non procurava piacere, non era di gioia a se stesso. [ … ] E un giorno passarono i Samana attraverso la città di Siddharta: asceti girovaghi, tre uomini secchi e spenti, né vecchi né giovani, con spalle impolverate e sanguinose, arsi dal sole, circondati di solitudine, estranei e ostili al mondo, forestieri nel regno degli uomini come macilenti sciacalli. Spirava da loro un’aurea di cheta passione, di devozione fino all’annientamento, di spietata rinuncia alla personalità.
A sera, dopo l’ora dell’osservazione, Siddharta comunicò a Govinda: «Domani mattina per tempo, amico mio, Siddharta andrà dai Samana. Diventerà un Samana anche lui».
A queste parole Govinda impallidì, e nel volto immobile dell’amico lesse la decisione, inarrestabile come la saetta, scagliata dall’arco. Subito, al primo sguardo, Govinda si rese conto: ora comincia, ora trova Siddharta la sua via, ora comincia il suo destino a germogliare, e con il suo il mio.

Questo fu il punto di svolta del giovane Siddharta, l’incontro coi Samana, gli asceti che gli indicavano il percorso verso una continua ricerca del tutto. Ma la svolta non comporta necessariamente ricadute immediate: non nello stesso Siddharta, che passa di esperienza in esperienza e non considera definitiva nessuna acquisizione, non nella maggior parte delle persone che hanno iniziato un cammino creativo. Anzi, Gardner e altri studiosi sottolineano come di norma venga rispettata la cosiddetta regola dei 10 anni (10-year ruIe): l’arco di tempo che in ogni dominio sembra essere necessario per passare dallo stadio di novizio a quello di maestro.

Tratto da: A. Oliverio Come nasce un’idea, Rizzoli, 2006