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Legenda

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  Il diritto al tempo del Coronavirus

Introduzione

I giorni che stiamo vivendo li ricorderemo per sempre come quelli in cui un virus dall’altra parte del mondo si è allungato fino a noi e ci ha trascinato d’improvviso dentro i giorni che si contano nella storia. E come noi li ricorderanno quelli che verranno e questi giorni non li hanno vissuti. Non è un’introduzione retorica. È un’apertura necessaria ad introdurre un elemento che non è giuridico ma che è l’unica lente possibile per leggere le vicende giuridiche che ci stanno accadendo intorno e che stanno cambiando in modo molto profondo le nostre vite. Un paio di cose devono essere chiare. Non è il virus a tenere le persone in casa, il virus è il presupposto. Il motivo per cui in questi giorni siamo in casa è perché così ordinano atti dell’autorità, ed il modo in cui lo fanno è ciò di cui si occupa il diritto. E di nuovo però, essere consapevoli della drammaticità storica di questa vicenda è l’unico modo per leggerla cercando di capirci qualcosa.

Un breve glossario per comprendere il seguito

Decreto-legge
È un atto normativo del Governo avente forza di legge. È, per gli effetti prodotti, equiparato in tutto alla legge. Il rango gerarchico del decreto-legge è uguale a quello della legge ordinaria del Parlamento.
Per questa ragione, e per il fatto che il potere legislativo è attribuito al Parlamento, il Governo è abilitato ad adottare decreti-legge solo in presenza del requisito stabilito dall’art. 76 Cost., secondo cui il Governo può adottare decreti-legge solo al ricorrere di casi straordinari di necessità e urgenza.
Inoltre, il decreto-legge produce effetti per un periodo limitato di 60 giorni, entro il quale il Parlamento deve convertirlo in legge (adottando una legge, detta legge di conversione). Se il decreto-legge non viene convertito in legge entro 60 giorni i suoi effetti decadono ex tunc, sin dall’inizio, ovvero è come se decreto-legge non fosse mai stato adottato.

Ordinanza
Il termine non ha un significato giuridico univoco: ne ha assunti diversi nel corso della storia e ne assume diversi nei vari ordinamenti. Nel nostro ordinamento con il termine ordinanza si indica un tipo di provvedimento, che può essere adottato da autorità diverse, a cui tale potere è attribuito dalla legge. La sua caratteristica principale è quella di essere legata al ricorrere di situazioni di emergenza che non possono essere fronteggiate con gli ordinari mezzi giuridici.

Attraverso le ordinanze è possibile derogare anche alla legge, devono però essere sempre rispettati i principi generali dell’ordinamento.
L’ordinanza peraltro deve avere un’efficacia limitata nel tempo, per il periodo necessario alla gestione della situazione di emergenza a cui si rivolge. Nel nostro ordinamento il potere d’ordinanza è attribuito a:
–    il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, secondo la legge n. 225 del 1992
–    Il prefetto, ai sensi dell’art. 2 del R.D. n. 773/1931
–    Il Ministro della Salute, ai sensi dell’art. 32 co. 1 della legge n. 833/1978
–    Il Presidente della Giunta regionale, ai sensi dell’art. 32 co. 3 della legge n. 833/1978
–    Il sindaco, ai sensi del d. lgs. n. 267/2000.

Stato di emergenza
Viene dichiarato al ricorrere di eventi di straordinaria emergenza ed è il presupposto per l’attivazione dei poteri di ordinanza del capo del Dipartimento della Protezione Civile.

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm)
È un atto privo di un modello normativo. Non trova, nel diritto vigente, una disciplina organica, né alcun riferimento tipologico.
Per comprendere questo articolo, è sufficiente ricordare che il Dpcm è la denominazione degli atti con cui si manifesta la volontà del Presidente del Consiglio.
Si tratta di una denominazione che viene adottata per una pluralità variegata di atti, molto diversi per contenuto. Con Dpcm vengono, ad esempio, fatte le nomine di competenza del Presidente del Consiglio, viene regolata la struttura amministrativa della Presidenza del Consiglio, viene emanato il regolamento del Consiglio dei ministri. Ma con Dpcm vengono anche adottati i regolamenti presidenziali. Si tratta di atti che compongono, insieme ai decreti governativi e ai decreti ministeriali le fonti secondarie del nostro ordinamento, pur non essendo previsti espressamente dall’art. 17 della legge 400 del 1988.

Riserva di legge
Nell’ordinamento italiano, prevede che la disciplina di una determinata materia sia regolata soltanto dalla legge primaria e non da fonti di tipo secondario.
È possibile distinguere, in base all’intensità della riserva, due tipologie. La riserva assoluta: riserva alla legge l’intera disciplina della materia. La riserva e relativa: riserva alla legge solo la disciplina “di principio” della materia. Esiste poi una particolare tipologia di riserva di legge, che non appartiene a questa classificazione e che è definita rinforzata. Il rinforzo, che è ciò che qualifica questa categoria, può essere per procedimento (oltre a stabilire che solo la legge può disciplinare una materia, la Costituzione stabilisce il procedimento secondo cui farlo) o per contenuto (oltre a stabilire che solo la legge può disciplinare una materia, la Costituzione stabilisce un contenuto minimo a cui la legge deve adeguarsi – es. art. 16 Cost.) Per il modo in cui è stata interpretata si ammette che, quando la Costituzione prevede una riserva di legge, oltre alla legge ordinaria del Parlamento possano intervenire anche gli atti aventi forza di legge (decreti-legge e decreti legislativi). Ciò che rimane escluso dalla riserva di legge sono pertanto le fonti secondarie, le quali possono intervenire solo per fornire stretta esecuzione alle leggi, se la riserva di legge è assoluta, mentre hanno un margine di intervento maggiore (potendo dettare la disciplina di dettaglio) se la riserva è relativa.


Che cosa è successo fin qui? Ricapitoliamo

Nel mese di dicembre del 2019 nella città di Wuhan, in Cina, si verificano alcuni casi di polmonite la cui causa viene rintracciata in un virus sconosciuto che, di qui in avanti, inizierà la sua diffusione in sequenza quasi esponenziale. Il virus viene identificato dalle autorità sanitarie cinesi all’inizio del mese di gennaio. Si tratta di un virus appartenente alla stessa famiglia di cui fa parte anche la Sars, a cui viene dato il nome, oggi noto a chiunque di COVID-19 (o coronavirus). Il 30 gennaio di quest’anno arriva la notizia dei primi casi “importati” (si tratta di due turisti cinesi) in Italia. In poco tempo l’Italia prende la decisione di interrompere il traffico aereo diretto con la Cina. Il giorno successivo, il 31 gennaio, il Governo dichiara lo stato di emergenza e in questo modo attiva il potere del capo della protezione civile di adottare ordinanze in deroga alla legge. Ciò che non si sapeva, e che purtroppo presto sarebbe stato noto, è che in quegli stessi giorni nel nord Italia si stavano sviluppando altri focolai indipendenti. Il 21 febbraio si registrano i primi contagi in Italia legati al COVID-19. Il contagio diventa immediatamente emergenza, ed in pochi giorni si registrano centinaia di casi positivi in Lombardia e in Veneto (in quelli che in quei giorni venivano indicati come i comuni “focolai” della provincia di Lodi e di Padova). Da qui in avanti l’Italia si trova d’improvviso in prima linea ad affrontare l’emergenza. Per queste ragioni, e perché in quei giorni l’Italia rappresentava l’unico focolaio occidentale di contagio, il nostro Paese è diventato modello di riferimento e soprattutto, per l’enorme drammaticità della diffusione, oggetto di solidarietà internazionale.

1. Cronologia dei provvedimenti

Cosa è successo nel mese di febbraio?
Il 21 febbraio, appena il contagio raggiunge l’Italia, vengono adottate due ordinanze del Ministro della salute. La prima, d’intesa con il Presidente della Lombardia prevede il divieto di entrata e di uscita dai “focolai” e dispone, in quei territori, la sospensione di molte attività che comportano aggregazioni di persone (manifestazioni sportive, religiose e tutte le attività educative). La seconda impone alle autorità sanitarie di applicare su tutto il territorio nazionale la misura della quarantena a quanti avessero avuto contatti con persone risultate positive.

Quest’intervento immediato del Ministero della salute ha permesso al Governo di disporre dei giorni necessari per intervenire in modo organico. Il 23 febbraio 2020 viene infatti adottato il decreto-legge n. 6 del 2020 con cui le autorità competenti sono abilitate ad adottare misure di contenimento di diversa intensità a seconda che si applichino alle aree in cui si erano già registrati casi di contagio (art. 1) e in quelle non ancora colpite (art. 2). Il decreto-legge ha poi stabilito che le misure indicate vengano adottare con dpcm, su proposta del Ministro della salute (art. 3). Di qui in avanti si è sviluppa un rapido susseguirsi di dpcm di attuazione. Il giorno stesso viene adottato il primo, con il quale sono state confermate le limitazioni già adottate dal Ministro della salute. Il 25 febbraio ne viene adottato un altro, con il quale è stabilito lo svolgimento a porte chiuse degli eventi sportivi e la sospensione dei viaggi di istruzione fino al successivo 15 marzo, mentre su tutto il territorio nazionale viene autorizzato il ricorso al cosiddetto smart working.

Cosa è successo nel mese di marzo?

Il primo marzo il Presidente del Consiglio adotta il terzo Dpcm, con cui conferma e proroga le misure già adottate e ne introduce di nuove, distinguendole sulla base delle aree geografiche d’intervento. In particolare, ha stabilito una serie di misure più restrittive applicabili nei comuni della “zona rossa”, un’ulteriore serie di misure, intermedie, per la zona c.d. gialla (in cui in realtà gli interventi si differenziano in diverse regioni e provincie) e alcuni interventi, meno invasivi, per tutto il territorio nazionale (per quelle che potrebbero dirsi zone verdi). Le misure più incisive sono quelle che confermano il «divieto di allontanamento di tutti le persone” dagli undici comuni “focolai, tutti compresi nel territorio lombardo e veneto. Il 2 marzo è stato emanato il decreto-legge n. 9, con cui sono state disposte misure di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese.
Il 4 marzo è adottato il quarto dpcm di attuazione, con il quale vengono stabilite misure restrittive per tutto il territorio nazionale (come la sospensione di tutte le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici, teatrali e sportivi che comportano affollamento di persone, i servizi educativi e i viaggi d’istruzione).
L’8 marzo tocca invece ad un ulteriore decreto-legge, il n. 11. Soprattutto però, tra l’otto e il nove marzo, si realizza il passo decisivo per consegnare tutta questa vicenda ai libri di storia. Di qui in poi si susseguono misure senza precedenti nella storia repubblicana.
L’8 marzo viene adottato un Dpcm con cui viene vietato ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori della Regione Lombardia e di quattordici province del nord, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. Viene stabilito inoltre il divieto assoluto di lasciare la propria abitazione per le persone risultate positive al contagio. Il giorno successivo viene adottato il sesto dpcm con cui le misure disposte a livello locale soltanto il giorno precedente sono estese su tutto il territorio nazionale.

Di qui in avanti si avranno altri interventi restrittivi e misure a sostegno del sistema produttivo. Il 9 marzo viene adottato il decreto-legge n. 14, mentre ulteriori restrizioni vengono previste dal settimo DPCM di attuazione, adottato l’11 marzo 2020, che sospende fino al 25 marzo, le attività commerciali al dettaglio e le attività di ristorazione. La settimana successiva viene emanato un altro decreto-legge, il n. 18 del 2020.

Il 22 marzo il Ministro della salute vieta, con propria ordinanza, a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi in un comune diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.
Infine, il 19 marzo viene adottato il decreto-legge n. 19 del 2020, conosciuto come cura Italia, che interviene a sostegno del sistema produttivo e del reddito dei cittadini, prevedendo che le micro, piccole e medie imprese possano sospendere il pagamento delle rate di mutui, leasing e prestiti.

2. Focus: il “lockdown” dal punto di vista costituzionale

All’interno di questo insieme di provvedimenti, può essere interessante isolare quelli che hanno portato, gradualmente, alla situazione di “lockdown” in cui ci troviamo, in cui si combina l’ordina di non uscire dalle proprie abitazioni alla chiusura di tutte le attività economiche non essenziali. Si tratta, in particolare:

  • Del Dpcm 8 marzo 2020, che ha imposto – per un’area territoriale limitata ma molto estesa – limitazioni all’esercizio di attività economiche e soprattutto ha proibito di muoversi al di fuori della propria abitazione se non per alcune inderogabili ragioni, indicate nel decreto e attestate mediante autocertificazione.
  • Del Dpcm 9 marzo 2020, che ha esteso il divieto di lasciare la propria abitazione di cui al decreto del giorno precedente, a tutto il territorio nazionale.
  • Del Dpcm 11 marzo 2020, che ha imposto la chiusura di tutte le attività di vendita al dettaglio e l’apertura al pubblico di quelle di ristorazione.
  • Dell’ordinanza 22 marzo 2020, che ha in ogni caso proibito gli spostamenti tra comuni.
  • Del Dpcm 23 marzo 2020 che ha disposto la chiusura di tutte le attività non essenziali.

Si tratta di un complesso di misure che incide in modo molto profondo su diverse libertà costituzionali: la libertà di circolazione, la libertà di riunione, la libertà religiosa e libertà di iniziativa economica privata. In particolare, è la libertà di circolazione che subisce le limitazioni percepite in modo più forte da tutti i cittadini.
La libertà di circolazione e soggiorno è garantita espressamente dalla nostra Costituzione. L’art. 16, che la riconosce, stabilisce che essa possa essere limitata soltanto “con legge”, “in via generale” e “per motivi di sanità o di sicurezza”. Contiene dunque una riserva di legge qualificabile con rinforzata “per contenuto”.

Ora, l’atto con cui in sequenza sono state disposte le misure restrittive è il dpcm. Si tratta, come abbiamo visto, di un atto con cui viene esercitato il potere (peraltro atipico) regolamentare del presidente del consiglio. Questo è un punto molto importante, probabilmente quello più problematico della vicenda e su cui si incentra la parte più importante del dibattito che ha riguardato l’adozione di queste misure. Quello che si può dire è che, se si ritiene che la riserva di legge prevista dall’art. 16 Cost. sia una riserva di legge relativa, quelle che è avvenuto è, almeno dal punto di vista formale, avvenuto secondo le regole costituzionali. Questo perché ai dpcm. in questione è stata fornita copertura da una fonte avente forza di legge, e in particolare dal decreto-legge n. 6 del 2020, che all’art. 3, come abbiamo visto, ha previsto che l’adozione di “ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica” avvenga mediante uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri”.

 

Fonti per approfondire:

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Ronchetti, Diritto e legislazione turistica 4ed, vol. 2, pp. 94 ss.
  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 4ed, vol. 3, pp. 82, 154 ss.
  • Monti-Faenza, Res publica 4ed, pp. 37, 127-128, 242 ss. 

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