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  Il referendum conferma la riduzione del numero dei Parlamentari. E ora che succede?

La riforma è approvata

La vittoria dei Sì al referendum costituzionale del 20 e 21 settembre 2020 ha confermato la riforma costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari, con una partecipazione al voto di circa il 53% e quasi il 70% di voti favorevoli.
Più in particolare, il voto popolare ha confermato la legge di revisione costituzionale (GU Serie Generale n.240 del 12-10-2019), composta di quattro articoli:

  • L’articolo 1 modifica l’art. 56 Cost, prevedendo la riduzione del numero dei deputati da 630 a 400, di cui 8 (al posto dei 12 attuali) eletti nella circoscrizione estero.
  • L’articolo 2 modifica l’art. 57 Cost., prevedendo la riduzione del numero dei senatori da 315 a 200, di cui 4 eletti all’estero (invece degli attuali 6) e la riduzione del numero minimo di senatori eletti in ciascuna regione da sette a tre.
  • L’articolo 3 fissa a cinque il numero massimo dei senatori a vita in carica nominati dal Presidente della Repubblica. Nella sostanza cambia poco, perché già da tempo si era instaurata la lettura secondo cui 5 è il numero massimo dei senatori a vita nominati dal Presidente della Repubblica, e non invece che ogni presidente ne può nominare 5. La riforma però chiarisce l’equivoco di un testo che era suscettibile di interpretazioni diverse.
  • L’articolo 4 stabilisce che la riforma si applichi a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle camere successiva alla data di entrata in vigore della legge costituzionale, e comunque non prima che siano decorsi 60 giorni dall’entrata in vigore della legge.

Ricordiamo che la legge di revisione costituzionale è stata sottoposta a referendum popolare secondo quanto previsto dall’art. 138 della Costituzione. Ne avevamo parlato nel numero precedente.

Il referendum ha dunque completato il procedimento di approvazione della riforma costituzionale. Nessun ulteriore passaggio è previsto. L’art. 4. della legge di revisione costituzionale stabilisce però che la legge di revisione costituzionale verrà applicata solo dopo il primo scioglimento delle Camere. È poi stabilito che, in ogni caso, la riforma non potrà entrare in vigore prima del termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione.

Dalla prossima legislatura la Camera dei Deputati sarà composta da 400 membri e il Senato della Repubblica da 200 membri (più i Senatori a vita). Questa legislatura invece proseguirà (fino al termine) con il numero di Parlamentari previsto dalla Costituzione fino a questa riforma (630 deputati e 315 senatori, più i senatori a vita).

… ma c’è ancora qualcosa che si deve fare.

Approvato il referendum costituzionale, si dovrà curare il “seguito” della riforma. Si dovrà, prima di tutto, rideterminare il numero e l’estensione dei collegi elettorali della legge elettorale vigente (il Rosatellum) in conformità al numero ridotto dei seggi parlamentari da ripartire.
I collegi elettorali (per l’elezione dei membri del Parlamento) sono le parti in cui il territorio dello Stato viene ripartito al fine di eleggere i componenti delle Camere.
A ciascun collegio elettorale fa riferimento un numero determinato di seggi da attribuire e un certo numero di elettori (i residenti nel territorio – la circoscrizione – che coincide con il collegio). Si capisce allora perché e come la riduzione del numero dei parlamentari si ripercuote sulla “numerosità” e sulla “perimetrazione” degli attuali collegi elettorali.
E infatti in parallelo all’approvazione del testo della riforma costituzionale era stata approvata la legge 27 maggio 2019, n. 51, che ha conferito al Governo la delega ad adottare un decreto legislativo per la determinazione dei collegi elettorali, nel caso in cui, entro ventiquattro mesi dalla sua data di entrata in vigore, fosse stata promulgata la legge costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari. Dopo l’approvazione del referendum la legge è stata promulgata e quindi ora il decreto legislativo dovrà essere emanato entro sessanta giorni.

… e qualcosa che si potrebbe fare.

La riduzione del numero dei parlamentari produce un ulteriore effetto. In questo caso si tratta però di una correzione “non necessaria”, che non è costituzionalmente imposta. Si potrebbe perciò anche decidere di non farla.
La riduzione del numero dei parlamentari produrrà l’effetto di aumentare il peso dei delegati regionali nell’elezione del Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica è infatti eletto dal Parlamento in seduta comune (prima della riforma erano 945 – dalla prossima saranno 600 – parlamentari elettivi più i senatori a vita), integrato da tre delegati per ogni Regione (eccetto la Valle d’Aosta che ne ha 1). Per un totale di 58 delegati.
La riforma ha ridotto il numero dei parlamentari e quindi anche il numero dei componenti del Parlamento in seduta comune, che saranno 600 (e non più 945) più i senatori a vita, ma non ha modificato il numero dei delegati regionali, che rimangono 58 e che, pertanto, assumono un peso percentuale maggiore.

 

Link per approfondire:

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 4ed., vol. 3, pp. 122 – 123
  • Monti-Faenza, Res publica 4ed., p. 221
  • Ronchetti, Diritto e legislazione turistica 4ed., vol. 2, p.63

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