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Legenda

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  Approvata la legge sul gender salary gap

Il 26 ottobre il Senato ha approvato all’unanimità in Commissione lavoro (con procedimento in sede deliberante) la proposta di legge sulla parità salariale.
La proposta era già stata approvata all’unanimità dall’assemblea della Camera dei Deputati solo quindici giorni prima, il 13 ottobre.
Vediamo di rispondere a queste quattro domande:

  1. Come è stata approvata la nuova legge?
  2. Quali novità introduce?
  3. È vero che questa legge, anche se davvero importante, rischia di nascere già vecchia?
  4. Perché questa legge è una legge necessaria?

 

1. Vediamo da vicino il significato “costituzionale” di ciò che è avvenuto

Che cosa vuole dire che la legge è stata approvata?

Significa che entrambe le Camere hanno approvato il medesimo testo. Non significa però, che la legge sia già efficace. Il procedimento formativo non è infatti ancora completo: la legge dovrà ora essere promulgata dal Presidente della Repubblica e poi pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, ed entrerà in vigore decorso il termine di vacatio legis di 15 giorni (poiché la legge non ha derogato al termine ordinario).

Che cosa vuol dire che la legge è stata approvata in Commissione lavoro attraverso il procedimento in sede deliberante?

Significa che il testo è stato approvato direttamente con un voto in Commissione, senza passare dall’Assemblea.
Questa possibilità è coperta dall’art. 72 della Costituzione. L’art. 72 prevede che i regolamenti parlamentari possono stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge siano deferiti (cioè sottoposti al giudizio) delle Commissioni.

Cosa vuol dire che la legge è stata approvata all’unanimità?

Significa che tutti i voti espressi (cioè i voti di coloro che hanno votato, tolti quindi gli astenuti e gli assenti) sono stati di segno favorevole.

 

2. Il contenuto della legge approvata

La legge introduce alcune modifiche al Codice delle pari opportunità (Decreto legislativo 11 aprile 2006, n.198) mirate a ridurre le discriminazioni e promuovere la parità salariale tra uomo e donna.

Queste sono le più importanti:

  1. L’art. 46 del Codice delle pari opportunità, al comma 1, prevedeva che le imprese con più di 100 dipendenti, ogni due anni, dovessero redigere un rapporto sulla situazione del personale, specialmente riguardo l’occupazione e la retribuzione di uomini e donne. Ora la legge sulla parità salariale abbassa la soglia dell’obbligo da 100 a 50 dipendenti. La conseguenza è, ovviamente, quella di ampliare enormemente il perimetro delle imprese (e quindi dei lavoratori) interessati.
  2. La legge amplia la nozione di discriminazione diretta e indiretta di cui parlava già l’art. 25 del Codice delle pari opportunità. In particolare, include fra le discriminazioni anche tutti gli atti di “natura organizzativa o oraria” che, direttamente o indirettamente, sfavoriscono le donne ponendole in “posizione di svantaggio” rispetto agli uomini.Nel mirino della nuova disposizione ci sono tutti quegli atti che apparentemente sembrano neutri, ma in realtà producono discriminazioni per le donne.
    Ecco un esempio. Immaginiamo che il datore di lavoro imponga a tutti i lavoratori, senza distinzione, di iniziare l’attività a un orario che precede quello di apertura del nido o della scuola. Apparentemente quest’obbligo è perfettamente neutro: riguarda tutti i lavoratori, uomini e donne, indistintamente. Se però, di fatto, ad accompagnare i figli a scuola sono più le madri che i padri, ecco che l’obbligo finisce per mettere in difficoltà più le donne che gli uomini.
  3. La legge istituisce la certificazione della parità di genere, uno strumento con cui le aziende possono rendere noto, e quindi trarne eventuali vantaggi comparativi sul mercato, il fatto di aver assolto ad una serie di impegni per ridurre il divario di genere.
  4. La legge applica alle aziende pubbliche la normativa della legge Golfo-Mosca sulle “quote rosa” negli organi collegiali di amministrazione delle società quotate in Borsa.

 

3. Una legge importante (ma anche già vecchia?)

La legge approvata il 26 ottobre è un intervento molto importante che cerca di porre rimedio ad una situazione di discriminazione grave che rischia di diventare strutturale.

C’è però un altro fatto interessante da tenere in considerazione: la legge che ancora deve entrare in vigore rischia di diventare immediatamente vecchia. Nel marzo di quest’anno, infatti, la Commissione Europea ha elaborato una proposta sul tema con un contenuto ancora più stringente di quelli previsti dalla legge italiana.

La direttiva proposta riconosce a tutti i lavoratori il diritto di richiedere ai propri datori di lavoro informazioni sui livelli salariali, ripartite per genere. Sulle imprese poi graverebbe l’obbligo di informare i candidati sul livello retributivo interno in riferimento alla posizione per cui si presentano e il divieto di chiedere informazioni sulle loro precedenti retribuzioni.

Per le aziende con più di 250 dipendenti, invece, la proposta di direttiva vorrebbe stabilire un obbligo pubblicare periodicamente le informazioni sul divario retributivo e di predisporre interventi correttivi quando il divario sia pari o superiore al 5% e non sia giustificabile in base a fattori oggettivi.

 

4. Una legge necessaria?

Qui ci interrompiamo per passare a te la penna: questa parte finale del nostro articolo scrivila tu! Ecco come.

Attività

Per capire l’importanza di un intervento normativo è necessario capire il contesto in cui si applica e che vuole correggere.
Qual è quindi la situazione retributiva tra uomo e donna in Italia, oggi?
Dai un’occhiata ai più importanti rapporti pubblicati (ad esempio il Gender Gap Report 2021 di JobPricing e quello Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica) e concludi l’articolo con un elaborato di circa 15 righe.

 

Fonti per approfondire: 

Riferimenti nei testi Zanichelli: 

  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 4ed., vol. 3, pp. 100-102
  • Monti-Faenza, Res publica 4ed., p. 112-113
  • Ronchetti, Diritto e legislazione turistica 4ed., vol. 2, pp. 21-24

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