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  È iniziato il percorso verso una legge elettorale europea

Come si vota oggi: il sistema predisposto dall’Atto elettorale del 1976

Il Parlamento Europeo è composto da 705 membri (ridotti dopo l’uscita del Regno Unito dall’UE, da 751 a 705) distribuiti in un numero fisso ad ognuno degli Stati membri (che va dai sei per Malta, Lussemburgo e Cipro ai 96 per la Germania). Il numero assegnato a ciascuno Stato risponde a un criterio di “proporzionalità regressiva”, in base al quale gli Stati con popolazione più numerosa hanno sì più seggi dei paesi meno popolosi, ma ai primi ne è attribuito un minore di quello che risulterebbe da una pura proiezione di proporzionalità.

I membri riservati ad ogni Stato corrispondono ad altrettanti seggi, che vengono distribuiti alle forze politiche nazionali in base ai risultati di elezioni che si tengono in ognuno degli Stati e che sono regolate da leggi elettorali nazionali. Ogni cinque anni (le ultime elezioni si sono tenute nel maggio del 2019) pertanto, si svolgono in ogni Stato membro le elezioni europee.

L’Atto elettorale del 1976 stabilisce, infatti, solo principi generali comuni, che forniscono un minimo di uniformità tra le diverse elezioni, rimettendo però la disciplina alla normativa di ciascuno Stato membro.

Le disposizioni comuni stabiliscono, in particolare, il principio di rappresentanza proporzionale, norme relative alle soglie minime (quelle che noi conosciamo come soglie di sbarramento) e alcune incompatibilità comuni per il mandato di deputato al Parlamento europeo. Al di là di queste regole generali, le elezioni europee si svolgono in base a regole diverse per ciascuno Stato. In Italia il meccanismo di distribuzione dei 78 seggi che gli sono attribuiti è regolata dalla legge 18/1978, che prevede un sistema di tipo proporzionale che opera attraverso la divisione del territorio nazionale in cinque grandi circoscrizioni (Italia nord-occidentale, Italia nord-orientale, Italia centrale, Italia meridionale, Italia insulare).

 

Il senso della proposta

Il senso della proposta è, in poche parole, di provare a trasformare le elezioni del Parlamento Europeo – che oggi consistono nella somma di 27 elezioni nazionali – in un’unica elezione europea.
La volontà è, in questo modo, di creare uno spazio politico dell’Unione, che si colleghi alla funzione di rappresentanza europea del Parlamento Europeo.

 

Le proposte avanzate

La riforma avanza, a questo proposito, diverse proposte.

La più importante è che ai 705 membri attuali ne vengano aggiunti 28, eletti all’interno di un’unica circoscrizione formata dall’intero territorio dell’Unione. Si tratta di un “pacchetto” di parlamentari con una legittimazione davvero europea, perché legittimati da un voto transnazionale, che va oltre e prescinde dai confini nazionali (un cittadino italiano, cioè potrebbe votare, nella circoscrizione europea, per un candidato greco, o spagnolo, o francese).
Gli elettori europei sarebbero chiamati, in questo modo, ad esprimere due voti: uno per eleggere un deputato della propria circoscrizione nazionale e uno per eleggere un deputato della circoscrizione europea comune. Per intenderci, un elettore italiano potrebbe votare per un candidato portoghese inserito nella circoscrizione europea.
Per rendere più uniformi i meccanismi elettorali, la proposta invita, inoltre, gli Stati membri a valutare l’introduzione di strumenti complementari di sostegno alla partecipazione democratica, come il voto per corrispondenza, il voto anticipato, il voto per delega e il voto elettronico.

Un ulteriore elemento introdotto al fine di rendere più “europea” l’elezione del Parlamento è l’istituzionalizzazione di un “election day” europeo, fissato per il 9 maggio, anniversario della Dichiarazione di Schuman.

Le proposte avanzate, però, non riguardano esclusivamente il Parlamento Europeo.
Il documento approvato il 3 maggio si occupa anche di avanzare un’iniziativa per giungere all’elezione diretta del Presidente del Consiglio europeo e l’introduzione della pratica nota come Spitzenkandidat, per l’elezione del presidente della Commissione Europea.

Il presidente della Commissione Europea è attualmente eletto dal Parlamento europeo per un mandato di 5 anni, sulla base di una proposta dal Consiglio europeo, formulata a seguito e in base ai risultati delle elezioni del Parlamento Europeo (la scelta del candidato deve tenere conto dei risultati delle elezioni europee). Il candidato presidente proposto dal Consiglio europeo, se ottiene la maggioranza in Parlamento, viene seletto Presidente della Commissione europea.
Spitzenkandidat è un termine tedesco utilizzato nel linguaggio politologico per indicare il “candidato principale” a una carica, proposto come tale da uno o più partiti politici prima delle elezioni. In ambito europeo i partiti politici sono stati incoraggiati già dal 2014 ad esprimere prima delle elezioni, chi vogliono che sia proposto (dal Consiglio Europeo) per la carica di presidente della Commissione europea.

Il progetto di riforma vorrebbe formalizzare questa pratica, prevedendo che il Presidente del Consiglio europeo debba, prima di proporre il candidato alla Presidenza della Commissione, consultare i leader delle forze politiche europee, che individueranno il proprio candidato nel capolista della circoscrizione trans-nazionale “europea”. In questo modo, seppur indirettamente, gli elettori europei potranno votare per il loro candidato alla carica di presidente della Commissione. Perché ciò sia possibile, ovviamente, i partiti politici europei dovranno designare il proprio candidato alla carica di presidente della Commissione prima delle elezioni e proporlo come capolista nella lista della circoscrizione elettorale europea.

 

E ora?

Ora la palla è nel campo del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea, che dovrà a sua volta approvare la proposta del Parlamento Europeo.

 

Attività

Come abbiamo appena visto, la prossima fase spetta al Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea, chiamato ad approvare la proposta del Parlamento Europeo.
Ma come prosegue esattamente il procedimento?

Prova a spiegarlo tu, senza superare le 5 righe.
La risposta è nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), all’art. 223.

 

Riferimenti nei testi Zanichelli

  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 4ed., vol. 3, pp. 45, 420-421
  • Monti-Faenza, Res publica 4ed., pp. 339-340
  • Ronchetti, Diritto e legislazione turistica 4ed., vol. 2, pp. 384-385

 

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