Come
identificare la colonia che contiene il gene che vogliamo clonare,
tra tutte le colonie che rappresentano la libreria?
Fino a pochi
anni fa, identificare e isolare un gene a partire da una libreria
genomica o di cDNA
non era un esperimento semplice.
Con l’aumento
esponenziale del numero di informazioni disponibili sulla sequenza
nucleotidica di interi genomi
di molti organismi, compreso l’uomo, è diventato sempre
più facile identificare un gene
interessante, ricavando dapprima tutte le informazioni necessarie
dalle banche di sequenze nucleotidiche, per poi passare al clonaggio
vero e proprio.
Ecco come
si procede, in generale, per identificare uno specifico clone
all’interno di una libreria.
Conoscendo
anche soltanto una piccola parte della sequenza del gene che si
vuole isolare è possibile sintetizzare (per esempio tramite
PCR) un frammento di DNA corrispondente,
da utilizzare come sonda per
una reazione di ibridazione.
La libreria
genomica o di cDNA viene seminata su piastre di coltura
e le colonie, una volta cresciute, vengono in parte trasferite
su filtri di nitrocellulosa o nylon. Il trasferimento si ottiene
semplicamente appoggiando il filtro sulla superficie della piastra.
Dopo un trattamento
con una soluzione alcalina, che distrugge la parete
cellulare e separa la doppia elica del DNA nei due
singoli filamenti, i filtri vengono incubati con la sonda corrispondente
al gene di interesse, resa radioattiva tramite l’incorporazione
di un nucleotide marcato con
fosforo (32P). Dopo alcuni lavaggi risultano marcate
soltanto le aree del filtro corrispondenti alle colonie che contengono
il gene in grado di appaiarsi alla sonda.
La
visualizzazione avviene esponendo il filtro a una lastra autoradiografica
dove le aree marcate appariranno sotto forma di macchie nere su
sfondo chiaro. Da queste sarà possibile risalire alle colonie
corrispondenti, e quindi al plasmide
che contiene l’inserto che ci interessa.
Se
nella banca delle sequenze non è disponibile alcuna informazione
relativa al gene che si vuole clonare, è possibile ricavarla
dalla proteina. In molti casi
infatti l’interesse per uno specifico gene deriva dal fatto che
la proteina corrispondente è stata identificata con metodi
biochimici, e purificata in quantità sufficiente a determinare
la sequenza di alcuni aminoacidi.
Da questa informazione è possibile dedurre la sequenza
nucleotidica utilizzando il codice genetico
(la sequenza conterrà ambiguità dovute alla degenerazione
del codice genetico).
In
alternativa a questa tecnica è possibile utilizzare come
sonda un anticorpo che riconosca
il prodotto del gene che vogliamo clonare. In pratica si procede
come descritto sopra, con la differenza che i filtri vengono incubati
dapprima con l’anticorpo che lega la proteina, poi con un anticorpo
secondario diretto contro il primo, che viene infine rivelato
con un metodo concettualmente analogo a quello utilizzato per
il Western blot.
Una
volta che un gene, di cui si conosce la localizzazione cromosomica,
è stato isolato dalla libreria, i cloni che contengono
i geni adiacenti possono essere identificati con una tecnica nota
come chromosome walking (passeggiata dei cromosomi).
Si
utilizza una sonda corrispondente a un’estremità del clone
isolato precedentemente. In questo modo si possono identificare
i cloni che hanno una sequenza in comune (va ricordato che il
taglio da parte delle nucleasi
di restrizione è casuale, per cui vi sono sempre sovrapposizioni
delle "code" dei frammenti di restrizione). In questo
modo si incomincia una catena di corrispondenze che permette di
ricostruire l’intera sequenza dei geni.
Usando
metodi basati sul chromosome walking, uniti alle informazioni
ottenute tramite il sequenziamento
dei genomi, è stato possibile ordinare gruppi di cloni
in modo da ottenere mappe fisiche dettagliate di intere regioni
del genoma.
Per
la definizione delle mappe
fisiche sono state utilizzate librerie genomiche costruite
a partire da vettori di clonaggio, come i cosmìdi
o i cromosomi artificiali di lievito (YACs), in grado di
contenere frammenti di DNA molto grandi, rispettivamente fino
a 50.000 paia di basi e fino a 2 milioni di paia di basi.
Proteine
ricombinanti
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