Mario Geymonat, Lorenzo Fort
Dialogare con il passato
Corso di lingua latina
Zanichelli editore -  Bologna

3.    MUTAMENTI DEL LATINO DALL’EPOCA CLASSICA ALLA FINE DELL’ANTICHITÀ

La storia tarda del latino è anche la preistoria delle lingue romanze, e questa coincide essenzialmente con i mutamenti e le innovazioni che si presentano nel latino volgare. Nelle pagine che seguono daremo un quadro sommario ma sistematico di questa trasformazione che produsse, verso la fine dell’impero, una fase linguistica ancora latina nella sua struttura, ma già sufficientemente modificata per costituire la base comune delle future lingue romanze.

3a.   La pronuncia

Le vocali
(Abbiamo dovuto usare delle immagini per inserire in questa pagina i simboli di vocale lunga e breve, non previsti dal linguaggio HTML. Ci scusiamo per le imperfezioni grafiche che ne derivano: nel libro ovviamente esse non vi sono)
Non senza legami con fenomeni dialettali già presenti in testi molto precoci, addirittura arcaici, il sistema fonetico del latino subì un profonda modificazione dal II secolo d.C. in poi, soprattutto nel vocalismo. È noto che in epoca classica, il latino – anche quello popolare o "volgare" – aveva un sistema di cinque timbri vocalici semplici; per ciascuno dei timbri vi era una vocale lunga e una corrispondente breve. Lo schema si rappresenta usualmente nella forma di un triangolo, con le palatali a sinistra e le velari a destra, mentre il grado di elevazione corrisponde grossolanamente al grado di elevazione reale della lingua verso il palato o il velo del palato:

    

    

 

    

    

    

È importante osservare che, nel sistema delle vocali semplici, l'opposizione fra le brevi e le lunghe corrispondenti era un’opposizione funzionale, linguistica (nella terminologia dei linguisti, fonologica) e non meramente fonetica; l’opposizione quantitativa serviva a distinguere parole differenti fra loro (sempre nella terminologia linguistica, vocali brevi e lunghe non erano solo suoni diversi, ma anche fonemi autonomi). In alcuni casi la sola differenza breve / lunga di una vocale era sufficiente a distinguere due parole o varianti morfologiche:

mlus "malvagio"
mlus "palo, albero di nave"
ros nominativo singolare
ros ablativo singolare
sro 1a persona singolare del presente indicativo di sero, "seminare"
sro "tardi"
vnit 3a persona sg. presente ind. di venire
vnit 3a persona sg. perfetto ind.
vvs, "tu vivi"
vvs dat.-abl. plurale di vivus, "vivo"
ppulus, "popolo"
ppulus, "pioppo"

Lo stesso avviene in altre migliaia di forme. La durata, la cosiddetta quantità delle vocali, era indipendente dalla struttura della sillaba o dalla sede dell’accento, e solo così poteva adempiere il suo ruolo distintivo. Per esempio, la vocale della prima sillaba di r, "parlo, prego", rimane sempre lunga, sia quando è accentata come nella forma citata, sia quando, in altre forme del verbo o nei derivati, perde l’accento (rmus, rtor, etc.).

Questo delicato sistema delle quantità con funzione distintiva era, in epoca classica, un tratto inerente a tutte le varietà del latino, compreso, naturalmente, il linguaggio popolare, "volgare". Cicerone, fra gli altri, ce ne dà una testimonianza chiara

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