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 Modulo B – L’Africa secondo Hegel: i pregiudizi antropologici di un filosofo

 

Così Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831) descriveva l’Africa e gli africani, nel 1830-31, nelle sue lezioni sulla filosofia della storia (di cui riportiamo alcuni brani).

«Nell’Africa vera e propria (l’Africa subsahariana) è la sensibilità il punto a cui l’uomo resta fermo: l’assoluta incapacità di evolversi. Egli manifesta fisicamente una grande forza muscolare, che lo rende atto a sostenere il lavoro, e bonarietà d’animo, ma accanto ad essa anche una ferocissima insensibilità. […]
L’Africa, per tutto il tempo a cui possiamo storicamente risalire, è rimasta chiusa al resto del mondo. È il paese dell’oro, che resta concentrato in sé: il paese infantile, avviluppato nel nero colore della notte al di là del giorno della storia consapevole di sé. […]
Gli Europei non hanno quindi acquistato che poca conoscenza dell’interno dell’Africa; per contro, qualche volta ne sono usciti fuori popoli che si sono dimostrati così barbari e selvaggi, da escludere ogni possibilità di annodar relazioni con essi. […]
In questa parte principale dell’Africa non può aver luogo storia vera e propria. Sono accidentalità, sorprese, che si susseguono. Non vi é un fine, uno stato, a cui si possa mirare: non vi é una soggettività, ma solo una serie di soggetti che si distruggono. […]
Caratteristico dei negri è infatti proprio che la loro coscienza non è giunta alla contemplazione di una qualsiasi salda oggettività − come ad esempio Dio, legge − a cui possa aderire la volontà dell’uomo e in cui egli possa giungere all’intuizione della propria essenza. […]
Il negro rappresenta l’uomo nella sua totale barbarie e sfrenatezza: per comprenderlo, dobbiamo abbandonare tutte le nostre intuizioni europee. Nel suo carattere non si può trovar nulla che abbia il tono dell’umano. Appunto per ciò non ci possiamo immedesimare davvero, col sentimento, nella sua natura, come non possiamo immedesimarci in quella di un cane. […]
Simile assoluta svalutazione dell’uomo spiega come la schiavitù costituisca in Africa il rapporto basilare del diritto. L’unico rapporto essenziale che i negri hanno avuto, ed hanno, con gli Europei è quello della schiavitù. I negri non vedono in essa nulla che sia sconveniente. In questo senso la schiavitù ha contribuito a risvegliare un maggior senso di umanità presso i negri. […]
La schiavitù è ingiustizia in sé e per sé, perché l’essenza dell’uomo é la libertà: ma per giungere a questa egli deve prima acquistare la maturità necessaria. […] Da tutti questi tratti risulta che ciò che caratterizza l’indole dei negri è la sfrenatezza. Questa loro condizione non è suscettibile di alcun sviluppo o educazione.»

M. Dinucci, Geostoria dell’Africa, Zanichelli, Bologna 2000