La traduzione in vitro

È possibile ottenere in vitro anche la traduzione di un RNA messaggero, che porta alla sintesi della proteina corrispondente.

Il materiale di partenza consiste in cellule particolari estratte dall'organismo vivente: i reticolociti di coniglio, precursori cellulari dei globuli rossi, che hanno già perso il nucleo ma hanno ancora i ribosomi.

Il problema da risolvere, in questo caso, è che l'estratto contiene grandi quantità di RNA cellulare, che sintetizza soprattutto emoglobina: per ottenere la traduzione di un RNA estraneo deve dunque essere prima inattivato l'mRNA cellulare.

A questo scopo si utilizzano particolari enzimi, chiamati genericamente nucleasi, estratti di solito dal batterio Staphylococcus aureus, che degradano le molecole di RNA rendendole inattive.

Queste nucleasi hanno il vantaggio che, se utilizzate in opportune condizioni (concentrazione salina, pH ecc.) non distruggono il tRNA e l'rRNA, ma solo l'mRNA, che in effetti è il più labile dei tre.

L'rRNA è infatti meno aggredibile, perché è legato a proteine, e il tRNA è una molecola molto compatta e ricca di strutture secondarie, che la rendono resistente all'attacco da parte delle nucleasi.

Questa volta si tratta di aggiungere all'estratto (oltre all'RNA che si vuole tradurre) gli aminoacidi, di cui almeno uno marcato radioattivamente; di solito si utilizza metionina marcata con zolfo 35S.

Con questa precauzione si può verificare il procedere della reazione: prelevando campioni del liquido contenente le proteine in formazione e misurandone la radioattività, si può capire in che percentuale gli aminoacidi sono stati già incorporati.

La duplicazione del DNA in vitro